Mujeres de la guerrilla

1 Aprile 2009

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Lucia Cardone

E’ il 1998 quando Consuelo Elba Alvarez – regista e fondatrice della tv cubana, giovanissima guerrigliera nella Sierra Maestra – decide di realizzare un documentario dedicato alle donne, numerose e misconosciute, che parteciparono alla rivoluzione cubana. Riuscirà a realizzare Mujeres de la guerrillasoltanto nel 2005, dopo un appassionato lavoro di ricerca e dopo aver intervistato oltre 60 donne. Il percorso di Consuelo, felicemente in bilico fra storia, cinema e teatro, muove da un’idea assai desueta alle nostre latitudini, ossia dal convincimento che “un’altra tv è possibile”, una televisione didattica, che sappia mettere al centro la formazione del pubblico: un’idea in certo modo rosselliniana, che affonda radici intricate e profonde nell’isola caraibica. Il documentario, co-prodotto August Nimtz (professore afro-americano dell’Università del Minnesota), è in realtà parte di un progetto più ampio e più ambizioso, un progetto che intende combinare ricerca storica e linguaggio audiovisivo e completarsi nella pubblicazione di un volume che testimoni compiutamente la rivoluzione cubana “dalla parte di lei”. Una storia tutta da scoprire e da raccontare: “Mi sono resa conto” dice Consuelo Elba Alvarez “che nessuno conosceva il contributo delle donne alla lotta nella Sierra Maestra e ho pensato che fosse importante raccontare questa storia”. L’autrice parte dalla sua personale esperienza, dagli anni dell’adolescenza trascorsi a L’Avana, nella lotta clandestina con gli studenti e con la Gioventù Socialista. “Dopo esser stata arrestata per due volte” – ricorda Consuelo – “fui costretta a salire alla Sierra: la guerriglia era certo meno pericolosa della lotta clandestina in città.” E nella Sierra Maestra Consuelo entrò in contatto per la prima volta con le Mujeres de la gurrilla che, molti anni più tardi, andrà di nuovo ad incontrare, riprendendo e tessendo il filo della memoria. Da qui nasce Mujeres de la guerrilla, proiettato lo scorso 13 marzo a Sassari grazie al circolo cittadino dell’Associazione Italia-Cuba, un film che intreccia storie di vita e di passioni politiche, percorsi esistenziali di donne assai diverse fra loro, per provenienza, formazione, estrazione sociale. Sono impiegate, casalinghe, insegnanti; tutte, per sentieri diversi, si trovarono fra il 1957 e il 1959 nella Sierra Maestra, accanto ai “barbudos”, agli uomini della guerriglia. Le donne, su circa 1000 combattenti, erano oltre 300: staffette, infermiere, maestre, ma anche guerrigliere in armi, come Clelia Sànchez, braccio destro di Fidel e figura carismatica della rivoluzione. La Storia, quella con la maiuscola scritta precipuamente dagli uomini, non conserva tracce di queste donne, che paiono restare in disparte, nascoste dalle grandi gesta degli eroi barbuti, dimenticate, come spesso accade, dai racconti ufficiali. Mujeres de la guerrilla ci offre una prospettiva diversa, mette in campo le esperienze e le parole delle donne, e porta, più in generale, ad interrogarsi sulla Storia e su chi la scrive, a ripensare, ad esempio, alle nostre combattenti, alle partigiane italiane e al loro ruolo, che resta ancora in parte in ombra. E qui vorrei ricordare Staffette (2006), il documentario che Paola Sangiovanni ha dedicato ad alcune ribelli piemontesi, un film che inanella frammenti di memoria, voci e vite di donne che hanno lottato nelle nebbie della Langa e che pure sembrano così vicine alla solarità delle mujeres della Sierra Maestra. Quello della memoria continua ad essere un territorio infido e accidentato per le donne e per la loro storia, e forse il cinema, o meglio quel che il cinema è diventato con la diffusione del digitale e del suo alfabeto, può contribuire a dissodarlo, gettando sguardi parziali e nomadi su un passato così vicino e così facile da dimenticare. Il lavoro di Consuelo Elba Alvarez rappresenta un passo deciso in questa direzione e, mostrando un cammino sinuoso e difficile, dà corpo e voce ad uno sguardo necessario.

1 Commento a “Mujeres de la guerrilla”

  1. Lorenzo Carletti scrive:

    E bravo manifesto sardo!

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