Non vogliamo tecnocrati: votiamo NO

16 Novembre 2016
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Marco Ligas

Dopo aver comunicato la sua decisione a sostegno del SI, il governatore Pigliaru indica i due aspetti della riforma della Costituzione da lui ritenuti più importanti. Li individua nella revisione del Titolo V sui rapporti tra Stato e Regioni e nel bicameralismo che considera addirittura perfetto (nientemeno!).

Manifesta le sue valutazioni con risolutezza, sembra ispirato da un decisionismo in lui davvero insospettato. Aggiunge persino che la vittoria del SI al referendum offrirà un’opportunità importante per la modernizzazione del Paese e per il miglioramento dei rapporti con le Regioni, spesso condizionati da disposizioni farraginose e talvolta contradditorie.

Anche il presidente del Consiglio Regionale e la Giunta condividono il suo ottimismo. Nessuno di loro però ritiene che il nuovo testo costituzionale metta in discussione o per lo meno non dia per certe le prerogative della Sardegna relativamente alla specialità dello Statuto.

Eppure il progetto di revisione contiene una sospensiva che dispone che la riforma non si applica immediatamente alle autonomie speciali, ma solo dopo la rettifica dei rispettivi statuti. Questo è l’unico dato normativo sicuro. Questa clausola incide dunque sui tempi dell’applicazione della riforma anche se non sulla sua attuazione che, nella migliore delle ipotesi, potrà essere differita.

Qual è dunque la conseguenza immediata di questa sospensiva? Che l’incompatibilità tra senatore e consigliere regionale, ecco un esempio significativo, permarrà anche nel caso che la riforma costituzionale venga confermata dal voto referendario. Naturalmente sino a quando una nuova specifica legge costituzionale non adeguerà lo Statuto speciale alla riforma. Perché questo avvenga ci vorrà dunque del tempo e soprattutto un’intesa, ma le procedure non sono immediatamente percepibili perché la riforma costituzionale non dice assolutamente nulla di preciso su questi processi e sugli organi competenti a definire l’intesa.

E che dire della “clausola di supremazia speciale” presente nell’articolo 117 della Costituzione, e come va intesa nei confronti delle Regioni speciali?

È dunque evidente come queste difficoltà interpretative non giustificano affatto l’ottimismo mostrato dal nostro governatore sugli effetti benefici della riforma. Piuttosto mettono in evidenza la sua superficialità e la subalternità nei confronti dell’attuale Presidente del Consiglio e di tutto lo staff del Partito Democratico che nelle ultime elezioni regionali lo ha indicato come futuro governatore senza alcuna designazione popolare, comprese le primarie. Neppure il desiderio del potere può legittimare la dipendenza mostrata da Pigliaru in queste circostanze; piuttosto il suo comportamento indica come anche le persone che potrebbero svolgere ruoli più adeguati alle proprie attitudini si lascino coinvolgere in meccanismi di potere che poco hanno a che fare con gli interessi dei cittadini.

Va comunque sottolineato che le scelte del nostro governatore sulla riforma costituzionale sono coerenti con la sua adesione alle politiche liberiste. Questa coerenza la registriamo in diverse circostanze: quando esaminiamo l’operato della Giunta regionale sulle questioni legate alla tutela del territorio e dell’ambiente in generale, oppure quando si autorizzano le grandi imprese o i rappresentanti di Paesi stranieri perché svolgano attività che non solo non producono lavoro ma mettono in pericolo la salute dei cittadini sardi. Esempi con queste caratteristiche ne abbiamo diversi, noi non manchiamo di denunciarli.

Purtroppo non riusciamo a contrastarli adeguatamente perché la forza del neoliberalismo è diventata notevole grazie anche alla progressiva crisi della sinistra. Questa realtà mi riporta ai giudizi espressi più volte da Luciano Gallino il quale non mancava di sottolineare come l’essenza del neoliberalismo sia caratterizzata “dalla liberalizzazione dei movimenti di capitale, dalla superiorità del libero mercato e dalla categorica riduzione del ruolo dello Stato a costruttore e guardiano delle condizioni che permettono la massima diffusione dell’uno e dell’altro”. Tra le altre cose non bisogna sottovalutare che nel corso di questi decenni c’è stato un grande lavoro dei sostenitori delle dottrine economiche neoliberali. Non a caso sono stati occupati da questi rappresentanti, è sempre Gallino che lo ricorda, spazi essenziali sia nelle università sia nei governi.

Insomma se riflettessimo sul concetto di egemonia elaborato a suo tempo da Gramsci dovremmo ammettere con rammarico che questo concetto è stato copiato e fatto proprio dalle classi sociali oggi vincenti le quali, invece, avrebbero dovuto soccombere davanti ai bisogni, ai diritti e alla lotta delle fasce sociali più deboli.

Nel nostro piccolo, in questa nostra isola, stiamo vivendo una situazione difficile. Ma la realtà non corrisponde ad un fenomeno che ristagna, può cambiare e noi possiamo essere tra coloro che incidono sul cambiamento. Anche su scelte che possono apparire modeste possiamo dare un sostegno notevole nel tentativo di invertire una tendenza che attualmente non ci è favorevole. Possiamo contribuire a difendere la democrazia nel nostro Paese votando NO al referendum del 4 dicembre e mettendo in difficoltà i burocrati e i tecnocrati che vogliono padroneggiare nel Paese e nella Regione.

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