Notti padane. La terra trema

1 Giugno 2012

Valeria Piasentà

«Ci scusiamo per il disagio, ma la Padania si sta staccando. La prossima volta faremo più piano» ha sostenuto con agghiacciante cinismo Stefano Venturi, segretario leghista di Rovato (Bs). Sommerso dalle proteste e dagli insulti per questa uscita, si è dimesso dalla segreteria ma non dalla carica di consigliere comunale.
Il terremoto come metafora: la pianura intorno al Po, il fiume sacro della Lega, ci sta tremando sotto i piedi. Crolla il passato con i progetti dell’architetto di Corte Bartolino da Novara: il castello Estense di Ferrara e quello di Finale Emilia. Crolla il presente dei capannoni sopra i corpi dei lavoratori. E crolla il mondo sotto i piedi dei politici ‘padani’, del Pdl e della Lega Nord.
Non credo che Venturi intendesse questo che l’autocritica non appartiene alla mentalità leghista, eppure in queste ultime amministrative il centrodestra
non solo perde ovunque ma sembra dissolversi. Altri hanno vinto ma per abbandono dell’avversario, e in un panorama inquieto ad alto tasso d’astensione. Niente di cui rallegrarsi, in attesa della vera novità politica che ci aspettiamo a breve da una sinistra coesa intorno al patto proposto dalla FIOM, con Alba e MicroMega (Il Fatto, 29 maggio).
Oggi le analisi dell’Istituto Cattaneo di Bologna ci raccontano una Lega in grande difficoltà che ha perso più della metà dell’elettorato rispetto alle ultime consultazioni. Perde soprattutto in Emilia e in Piemonte con un -70%, e conferma la tendenza in atto da alcuni anni: la Lega raccoglie consensi nei paesi pedemontani soprattutto di Veneto e Lombardia sotto i 15.000 abitanti, dove il calo medio è del 30%, mentre il calo è del 60% nei centri più popolosi e nelle città. Quindi la politica leghista è paesana, di quartiere e del porta-a-porta, e non convince i ceti più scolarizzati nelle realtà complesse.
Dopo le elezioni i sondaggi rilevano un ulteriore calo di consensi, stimando il voto leghista fra il 6 e il 4%. Secondo Roberto Maroni, che rivendica la vittoria del suo amico Tosi a Verona, il partito ha pagato un prezzo per le vicende «che hanno avuto grande risalto sui giornali, nonostante questo la Lega è sopravvissuta» e ora «inizia una nuova fase dopo l’attraversamento del deserto».
Il commento ufficiale nasconde una realtà inquietante: il partito è sempre più diviso e gli scandali di Bossi e dei suoi famigli hanno prodotto uno scollamento dei rappresentanti dalla base. E’ accaduto anche nel paese di Calderoli, a Mozzo nei colli bergamaschi, dove i 7.500 abitanti dopo dieci anni di ininterrotta amministrazione leghista hanno preferito una lista civica di centrosinistra; l’ex ministro ha commentato «quando i leghisti, o i presunti tali, dividono il movimento questo è il risultato inevitabile. Questa volta è andata così, ma la prossima volta non ci saranno in giro liste di leghe farlocche e torneremo a vincere». Insomma, sono certi della ripresa e nel frattempo epurano e commissariano all’interno stringendo i ranghi verso l’esterno, intanto cominciano a saltare certi appuntamenti ad alto valore simbolico come l’aggregante raduno di Pontida, o quantomeno a slittare ad agosto dopo i congressi veneto e lombardo, perché dai territori si è alzato un urlo all’annuncio della soppressione della festa.
Così dalla sezione di Magenta (Mi), che ha provocato la risposta di Maroni «Pontida non sarà mai cancellata, perché Pontida è il simbolo della nostra lotta contro l’oppressione centralista romana. Il raduno sul pratone si farà anche quest’anno, naturalmente, dopo la stagione dei congressi di giugno.
I nostri nemici si rassegnino: anche se i loro giornali sputano veleno su di noi tutti i giorni, NOI NON MOLLEREMO MAI».
Torna il refrain di Bossi del complotto architettato contro di lui e per estensione contro quel che considera il suo prolungamento fisico, la Lega. I vertici
leghisti resistono ma ora hanno paura. E attaccano. Allontanano violentemente i giornalisti dalle loro riunioni, aprono un canale di discussione per creare liste di proscrizione. Ce ne informa l’Espresso del 30 aprile quando Radio Padania ha invitato i militanti alla delazione scrivendo a [email protected], e «dal territorio sono già arrivate decine di segnalazioni che, insieme alle centinaia che contiamo di raccogliere, verranno tutte immediatamente trasmesse ad un nostro pool di avvocati per intraprendere azioni di risarcimento civile e per lasciare in mutande chiunque infanghi la Lega», i nomi raccolti sono di politici
avversari e di giornalisti.
I leghisti sentono la loro ‘padania’ tremare e sfuggirgli da sotto i piedi, e si innervosiscono sempre più. Come Roberto Cota, soprannominato ‘il democristiano sognante’, che a fine aprile si è presentato in ritardo sedendosi in prima fila nei posti riservati agli organizzatori, a un convegno sulla scuola pubblica e l’integrazione finanziaria alla scuola paritaria organizzato dalla Conferenza Episcopale Piemontese, al Teatro Nuovo di Torino. Fra gli illustri oratori, compresi due ministri piemontesi Profumo e Fornero, invitato a prendere la parola Cota è andato fuori tema attaccando violentemente il ministro Fornero e il governo
Monti. Sonoramente fischiato dalla platea, ha lasciato il consesso prima della chiusura dei lavori. Praticamente una fuga. Cota, oltre a dover affrontare problemi interni al movimento con un suo riposizionamento verso il gruppo dei maroniani, viene discusso nel suo ruolo di presidente della Regione Piemonte. Sono in molti a chiederne periodicamente le dimissioni, ora il vicepresidente regionale Placido (Pd) che, dopo aver monitorato le presenze di Cota in consiglio pari al 15% del totale delle sedute, il 26 maggio dichiara: «La Corte d’Appello conferma in secondo grado la condanna di Michele Giovine per le firme false relative alle candidature della sua lista, l’opposizione si è rivolta alla Corte dei Conti e al Ministero competente ritenendo falso il bilancio appena approvato in una situazione finanziaria della nostra Regione drammatica, il Comune di Rivarolo Canavese (guidato da un autorevole esponente del Pdl), viene sciolto per mafia. E tutto questo mentre Lega e Pdl incassano risultati elettorali terribili e le divisioni all’interno della maggioranza di centro destra in Consiglio regionale si aggravano giorno dopo giorno. Cosa deve ancora succedere affinché Cota si dimetta e vada a casa? E’ giunto davvero il momento di andare a nuove
elezioni». Sono le stesse argomentazioni dei giovani di Benvenuti in Italia che chiedono l’annullamento delle elezioni regionali, perché la politica deve sapersi autoregolamentare prima e a prescindere dai pronunciamenti della magistratura. E il 21 giugno organizzano una manifestazione davanti a Palazzo Lascaris, cui aderiscono l’opposizione in Consiglio, Libertà e Giustizia, i Giovani democratici, le liste civiche. Riusciranno a farsi ascoltare? o si sentiranno rispondere come oggi a Milano, che ancorché inquisito Formigoni non si dimetterà da Presidente della Lombardia?

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