Nuvole grigie

16 Febbraio 2013
Marcello Madau
Non è facile spostare le focali di attenzione sulle quali questa drammatica campagna elettorale cerca di costringere lo sguardo. Elezioni che seguono dimissioni, crolli finanziari, capolinea giudiziari, e che si incrociano con altre dimissioni a completarne il contesto.
Campagne elettorale plumbea, spesso assai grigia, frutto e spia di una crisi molto profonda del sistema liberista e degli apparati storici democratici che lo hanno accompagnato in questi decenni. Segni di democrazia che  tale sistema, nelle convulsioni di una complicatissima malattia terminale, sta cercando di espellere, come un fisico indebolito che non sopporta oltre organismi alieni oppure non reagisce più alle cure….
Gli argomenti che prevalgono nel confronto elettorale non è che non esistano; ma quelli che mancano, e l’assenza ora mi sembra più grave ed errata, sono  i temi dei beni culturali e del paesaggio, entro i contenitori dei beni comuni e del territorio che li esprime.
Assenza più pesante nel fronte progressista, nonostante qualche timido cenno di attenzione. Una mancanza di centralità segno di un ritardo grave delle attuali rappresentanze politiche, che non sono evidentemente in grado di raccogliere e indicare, se non in episodi assolutamente minori, l’alternativa di sistema presupposta nel tema dei beni comuni.
In realtà tutto è molto logico: la questione, già nota, di tale assenza nelle elaborazioni delle attuali liste elettorali è stata perfettamente sanzionata dallo stesso antidemocratico porcellum. Nell’ambito della sinistra – o, se volete del più ecumenico “centro-sinistra”  – le due possibilità di contro bilanciamento del porcellum, ovvero le primarie di coalizione da un lato e le consultazioni assembleari di ‘Cambiare si può’ (movimento all’origine della successiva ‘Rivoluzione Civile’) dall’altra,  non hanno dato esito meraviglioso. Nel loro formalismo, qualcosa le primarie hanno controbilanciato, mentre le assemblee di Cambiare si può sono state nella sostanza annullate dalle scelte delle segreterie nazionali della lista e dei partiti.
Non sorprende perciò la debolezza del tema strategico dei beni comuni e di un sistema a forte priorità paesaggistica e culturale in assenza di una reale ed efficace rappresentanza nelle stesse. Fatto ancora più grave in Sardegna, grande laboratorio per lo studio e la proposta della suddetta alternativa di sistema.
Il dibattito di questi mesi è stato ben più vivo di quello ‘ufficiale’,  grigio e  travolto dagli schemi tradizionali e dalle sue banalità, fatti certamente accentuati  dalla severità dei tempi elettorali, che hanno reso amato da tutti il porcellum.
Le vecchie forme di rappresentanza sembrano molto lontane, e forse poco conciliabili, con le nuove politiche democratiche necessarie ai beni comuni territoriali, che presuppongono forme di governo molto avanzato da parte delle comunità. Ecco una ragione significativa (anche se non l’unica) del perché le comunità pretendono altre forme di rappresentanza, basate sul diretto rapporto con il nuovo, straordinario mezzo di produzione (per qualche riflessione sul territorio/beni comuni come mezzo di produzione, vedi  link Le maschere verdi).
Per quanto riguarda la sinistra, mi pare un’altra occasione persa. Non sono in pochi a pensare che  sia bene ricominciare da capo.
Pur rispettando le motivazioni di compagne e compagni e, a quanto pare, di vasti strati di cittadinanza, continuo a pensare che sia comunque utile votare, perché in ogni caso non è senza effetti e senza differenze  l’emanazione di leggi e regole da parte di un governo di destra o da parte di un governo di centro-sinistra.
E’ un primo livello di voto comunque utile.
Si tratta, freddamente, di votare senza complessi, né aspettative di rappresentanza, ma per scongiurare un quadro legiferante marcatamente di destra.
E’ in questa logica che va maturata la non facile scelta di un voto a sinistra, in un panorama poco entusiasmane. Le forze appaiono divise e con difficoltà di inquadramento delle prospettive.  SEL, schiacciata dalla morsa Bersani-Monti e dalla contraddizione della firma delle compatibilità europee del ‘centro-sinistra’, sottolinea l’esigenza logica di un governo più spostato a sinistra,ma sembra aver smarrito la sua ‘forza propulsiva’;  ‘Rivoluzione Civile’,  possibile opposizione della società civile organizzata non la organizza in modo convincente, e appare svuotata della relazione reale fra un buon programma e la netta prevalenza dei partiti che la compongono e dominano, interessati principalmente alla propria sopravvivenza.
In questa situazione, e con questo sistema, va infine aggiunta la non piccola complicazione che il ragionamento sul ‘voto utile’ può essere respinto, ma non può essere definito senza fondamento, soprattutto alla Camera dei Deputati.
La deprecabile assenza dell’indicazione programmatica delle risorse e delle forze produttive del nuovo, rivoluzionario ‘mezzo di produzione’, in grado di avere ragione dell’ostinato legame a modi produttivi senza futuro e dannosi per l’ambiente, è la cartina di tornasole della distanza dalla società reale.
Una responsabilità ancora maggiore graverà perciò su chi lavora nella società civile (il termine è stato curiosamente negato, nel recente dibattito, da molti componenti della lista Ingroia, che lo ha proposto: è necessario discutere su questo tema, anche partendo dalle differenze e dalle relazioni fra civis e polis. Premetto  che sono convinto che la politica faccia parte della società civile; ma che sia contro di essa se non è in grado di includerla e definirla come soggettività, ripetendo obsoleti e nefasti schemi di ‘autonomia della politica).
Vi è l’urgenza di rispondere alla divaricazione della forbice fra le tematiche di lotta/ cambiamento e le attuali forme di governo e rappresentanza. Credo allora sia importante proseguire nel tentativo di costruzione democratica sperimentato nelle recenti assemblee.
Il fatto riguarda particolarmente chi opera nei beni comuni e i beni culturali e paesaggistici, perché il loro ‘ruolo’ acquisti, nella coscienza e nella prassi della politica, la centralità alla quale è storicamente avviato.

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