Paradossi della sinistra

16 Dicembre 2014
sinistra e paradossi
Graziano Pintori

Le condizioni certamente inique degli italiani per gli effetti della crisi, per i diktat del capitalismo e per le pretese della Germania con la voce della Merkel, sono aggravate dalla totale assenza dallo scenario politico nazionale di una vera forza di opposizione e di sinistra. Il vuoto politico che si avverte è nei fatti: l’inesistenza di un’energia in grado di ostacolare, se non di fermare, lo strapotere berlusconiano e renziano e dei poteri economici e finanziari di cui, il leader della destra e del centrosinistra, concordemente, si fanno portatori. Essi hanno gioco ancor più facile perchè la sinistra, o i suoi frammenti, continua a essere litigiosa e autoreferenziale, un modo per giustificare la fuga dalle responsabilità della storia presente, una scelta per sopravvivere nell’alveo del centrosinistra ormai datato, democristianizzato e ancorato agli scranni del Parlamento e dei Consigli Regionali, sardo compreso. Un segnale chiaro e incontrovertibile di quanto il centrosinistra sia chiuso alle novità è quando fa spallucce alla nuova generazione della sinistra, sostenuta da un ampio respiro europeo come la Syriza di Alexis Tsipras, di Podemos di Pablo Iglesias, come pure Sim Fein che tende a essere il primo partito in Irlanda, mentre in Portogallo la sinistra tende a raccogliere consensi sempre più vicini al 20%. Non si può fare spallucce al popolo europeo indignato e sottomesso che si ribella allo strapotere delle banche! Tanto meno alle forze organizzate in opposizione all’austerità e allo “strangolamento” sociale che deriva dal debito pubblico, il quale nulla concede ai diritti fondamentali. La sinistra del centrosinistra non può restare indifferente, o guardare dall’alto in basso, l’alternativa europeista, quel movimento in grado di programmare milioni di posti di lavoro in risposta alle politiche economiche imperniate sull’austerità dei consumi, sulla negazione delle conquiste civili e sociali, sul lavoro nero e sulla disoccupazione dilagante. Tanto può accadere in Italia anche perchè l’azione dei parlamentari e consiglieri regionali del centrosinistra, si limitano alle interrogazioni e interpellanze, oppure agli ordini del giorno da discutere nelle sicure e confortevoli aule in cui si “esercita e rappresenta la democrazia”. Atti politici, quelli poc’anzi ricordati, di una banalità infinita, una sorta di ammortizzatori tesi a facilitare l’azione del governo cui sono indirizzati, piuttosto che contrastarne gli effetti negativi in essa contenuti. Un esempio pratico: i media presentano come il massimo dell’impegno politico di un parlamentare, anche della sinistra, la lettura di un’interrogazione nella Camera dei Deputati. L’esposizione avviene dinanzi ad altri parlamentari ben disposti fra gli scranni per non perdere l’occasione di comparire in TV: il mercoledì alle ore 15.00 durante la trasmissione “question time”. Tutto qui. Fine dell’azione del deputato interrogante, appagato dalla “missione politica”portata a termine per conto dei suoi elettori. A questo deprimente scenario se ne aggiunge un altro, quello di una certa sinistra che mira a risolvere la propria crisi d’identità tentando di allontanare Landini dal suo habitat naturale, che è il sindacato. La pretesa è che il leader della Fiom CGIL si dedicasse alla politica mettendosi a capo di un nuovo soggetto politico con la stessa passione e convinzione con cui difende, da una visuale prettamente di sinistra, i diritti del lavoro e dei lavoratori. L’indisponibilità del sindacalista ad assumere questo ruolo è stata manifestata in tutte le salse e in tutte le circostanze, eppure l’insistenza nei confronti del leader sindacale non demorde perché si crede ancora nel leaderismo, o nell’uomo della provvidenza, quale unico modo per far risorgere la sinistra in Italia. La spossante insistenza denota l’incapacità, o l’indisponibilità, a voler cogliere ciò che in Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda hanno già realizzato superando gli schemi della cultura e della tradizione dei partiti storici della sinistra. Inoltre, in Italia, oltre ai limiti sopra evidenziati, c’è il paradosso di dover fare i conti con SEL e Rif. Comunista, i due partiti che danno continuità alla tradizione filo governativa, ovverossia a quel centrosinistra che oggi trova in Matteo Renzi la massima espressione. Andare oltre SEL e Rif. Comunista non significa scegliere il vuoto, semmai faciliterebbe il popolo delle compagne e dei compagni, che non si sentono rappresentati dai vecchi schemi che ancora sopravvivono, a fare scelte sul campo dell’impegno civile e tornare protagonisti e artefici di un nuovo soggetto politico aperto, democratico, partecipato. Un popolo che ha bisogno di modernità, cioè di abbandonare (non ripudiare) certi stili storici e/o classici per cogliere nel presente nuove prospettive e un modo peculiare di progettare il futuro. Curzio Maltese scrive su L’Huffinngton Post: “Non c’è tempo. Occorre da parte di tutti un atto di coraggio e di generosità. Sciogliere tutte le sigle ancora in piedi, da Sel a Rif. Comunista, alla stessa L’Altra Europa per dar vita da subito a un movimento unico a sinistra del PD. Bisogna essere coraggiosi fino in fondo cambiando le facce, i leader, la generazione alla guida, gli strumenti e gli stili di comunicazione, come hanno fatto i greci e gli spagnoli. Se non sarà possibile con tutti, almeno con chi ci crede da subito, dentro le sigle della sinistra radicale come dentro il PD. Ho detto subito, ma sarebbe stato ancora meglio farlo ieri”.

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