Biagi sì Ferrara no

16 Aprile 2011

Francesco Mattana

La questione è nota: Giuliano Ferrara conduce dopo il Tg1 delle 20 uno spazio tutto suo. Uno spazio che per tanti anni è stato occupato dal decano dei giornalisti italiani, Enzo Biagi. La questione ha suscitato un enorme vespaio, e in tanti hanno espresso il loro disappunto per questa scelta di rete. Tanti altri invece si sono domandati, assumendo pure una postura da grandi liberali: ‘perché Biagi poteva, e Ferrara invece no?’
Ora, cerchiamo di scrivere questo articolo rispondendo sia agli pseudo-liberali, e sia a chi dice un no netto a Ferrara con motivazioni confuse e contraddittorie. Tanto per cominciare, Ferrara coi suoi programmi ha lasciato un segno molto positivo nella storia della televisione italiana. Nella Raitre di Guglielmi, sul finire degli anni ottanta, ha raggiunto il meritato successo con un giornalismo aggressivo e particolarmente efficace. Successo poi continuato, altrettanto meritatamente, nelle reti di Berlusconi. Fino alla valevolissima esperienza a La7 con ‘Otto e mezzo’. Lui stesso riassume la sua carriera appoggiandosi al noto aforisma di Arbasino: ‘giovane promessa in Rai, solito stronzo a Canale 5, e poi venerato maestro a La7’.
E allora, con un palmares simile di tutto rispetto, non avrebbe forse quest’uomo il diritto di occupare una fascia importante del palinsesto di Raiuno? Certo che lo ha. Infatti l’errore non è nella scelta del conduttore, ma nell’impostazione che lui dà al programma.
Biagi faceva Il Fatto, e Il fatto era un appuntamento in cui, sebbene tutti conoscessero l’orientamento politico del conduttore, questo orientamento non era però smaccatamente esibito.
Lo ‘stile Biagi’, e il pubblico che lo ha amato lo ricorda benissimo, era lo stile di un signore che diffidava della propaganda, e diffidava dei toni urlati. Conoscendo il potere del mezzo televisivo, lo usava con la prudenza e la lucidità di un uomo saggio, che ne ha viste tante. L’esperienza in prima persona del Fascismo gli aveva fatto comprendere che bisogna sempre diffidare dei falsi profeti. Se il maestro di Predappio non era un unto dal Signore, il ragionamento valeva anche per il rampante imprenditore brianzolo. Questo era lo stile Biagi. E va detto, perché bisogna dirlo ai tanti con la memoria corta, che lo stile Biagi godeva della stima e dell’affetto incondizionato della maggior parte degli italiani. 
E Ferrara? Ferrara, è nella sua natura, aggredisce lo spettatore con uno stile molto diretto e a volte pure al limite della mala creanza.
Come diceva Beniamino Placido, Ferrara è ‘un falso grasso’, intendendo con questo che in genere i grassi hanno un carattere pacioso e accomodante, mentre lui di pacioso e accomodante ha ben poco. Questa sua aggressività lo porta a sposare, con una virulenza che dovrebbe preoccupare i suoi familiari- se ci tengono alla sua salute-,  le tesi di Berlusconi. Pur essendo un uomo colto e di buone letture, il linguaggio che usa talvolta non stonerebbe in una bettola di periferia. Per farsi capire da tutti, si giustifica lui. E già, ma allora Biagi non si faceva capire? Certo che sì. E non solo: Biagi dava agli spettatori professionalità, ma anche moderazione nei toni. In un’epoca urlata- in cui il termometro dell’audience si impenna solo se si alzano i toni degli astanti- Biagi di audience ne faceva, e tanto, predicando la ‘religione’ delle buone maniere.
Gasparri, con la sprezzantezza tipica di un ex-picchiatore, diceva che Biagi gli faceva ‘l’effetto del confetto Falqui’. Vorrà dire che ai meriti di Biagi, che sono già tanti, va aggiunto anche che ha risolto i problemi di stipsi di Gasparri…
Tornando alla base, insomma, sbaglia chi dice che in Rai non possano trovare alloggio pensatori di centro-destra. Il pensiero va riformulato meglio in questo modo: ben accolti intellettuali di tutti gli schieramenti, ma a patto che volino alto però. Assodato che Ferrara è un uomo colto, intelligente, e che buca lo schermo come pochi altri, che gli costerebbe dare un’impostazione un po’ più nobile al suo programma? E’ necessario che faccia da altoparlante alle dichiarazioni, spesso terra terra, di Berlusconi?Dica la sua Ferrara-anzi, speriamo che dica sempre la sua un cervello così ben corazzato- ma lo faccia in maniera più spiazzante, più originale. Scandalizzare lo spettatore, d’accordo, ma scandalizzarlo però con cinque minuti di intelligenza sfavillante. Intelligenza che è una merce rarissima di questi tempi; e che Ferrara, per sua fortuna, possiede. Dimostralo Giuliano, ti conosciamo abbastanza per sapere che ce la puoi fare.

1 Commento a “Biagi sì Ferrara no”

  1. Maria Giulia Amadasi scrive:

    Ferrara, da falso grasso e uomo furbo e abile, si adegua ai toni dei tempi (oltre forse a seguire una sua natura sempre meno sotto controllo): si vede così come è cambiata la società. Basta del resto guardare i vari Ballarò per constatare come la destra la vince con l’aggressività e, anche, con la volgarità e le false affermazioni, che molti spettatori accolgono senza batter ciglio. Forse Ferrara ha capito, o creduto di capire, che per sovrastare l’avversario ci vuole questo tono. Ma così si incita a uno scontro, di cui si vedono già i prodromi

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