Petrolchimico ancora in bilico

16 Aprile 2009

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Roberta Pietrasanta

Fiorenzo Sartor ha acquistato la filiera del Vcm di Porto Torres – Marghera. Una trattativa durata mesi, anni se si considera che prima di Ineos era l’inglese Evc ad aver fallito il proprio piano industriale. Una boccata d’aria salata spira sul petrolchimico di Porto Torres e su tutto il sistema dell’industria chimica in Sardegna. Per quanto manchi all’appello ancora l’acquisizione della filiera del cloro e derivati di Assemini, l’accordo fra Ineos e Sartor rappresenta un passo in avanti, se non altro in confronto alle centinaia di passetti da gambero che s’erano compiuti finora. Ma nel polo turritano continuano a gravare incombenze che, dalle mancate bonifiche all’occupazione, non sembrano di facile risoluzione.

NORME CONTRATTUALI DISATTESE. Negli impianti si registra una forte carenza di personale. I dipendenti sono costretti a turni massacranti che, come ha appena finito di denunciare la Cgil, raggiungono le 12 – 16 ore di turno consecutivo contro le 8 previste dal contratto di lavoro. Sembra che l’azienda petrolchimica, oggi Polimeri Europa, ieri Syndial, un tempo Enichem, abbia continuato a condurre secondo le proprie esigenze la massa di operai impiegati, da una richiesta ad un’altra talora opposta. Quindi se adesso la necessità è quella di mantenere vive alcune produzioni e pretendere dal personale il mancato godimento delle ferie, in un altro momento alle ferie gli operai erano costretti forzatamente.

LA CHIUSURA DEGLI IMPIANTI. Gli impianti di fenolo e cumene resteranno chiusi fino al 2010, questo è l’annuncio che risale a pochi mesi fa, maturato dalla società petrolchimica. Di fatto il personale viene spostato in altri impianti dove peraltro la carenza dell’organico non viene comunque compensata. La sensazione è secondo i sindacati, ma anche nelle parole degli stessi dipendenti, che il trasloco da un settore ad un altro del personale competente, minacci un percorso di non ritorno. Professionalità disperse, maturità acquisita e poi abbandonata. Questa è la paura che si unisce ad una certezza delle parti sociali: il petrolchimico ha bisogno di fenolo e cumene per mantenere saldo l’intero sistema produttivo. Al cracking, per esempio, potrebbe pregiudicarsi la continuità della marcia per via del sottoutilizzo. Ma il cracking è anche il cuore dello stabilimento. E se rallenta il cuore, il resto si appassisce inesorabilmente.

MANCATE BONIFICHE. Che l’industria petrolchimica abbia determinato di recente una grave forma d’inquinamento nel sottosuolo e in mare è vicenda che sarà discussa in tribunale. Il prossimo 17 luglio un giudice per l’udienza preliminare deciderà se accogliere la richiesta di rinvio a giudizio che la procura della Repubblica, nell’inchiesta del pm Michele Incani, ha avanzato nei confronti di 4 dirigenti delle tre più grandi industrie presenti a Porto Torres: Syndial, Ineos, Sasol. L’accusa è di disastro ambientale, dolo per avvelenamento di sostanze alimentari e violazioni delle norme sugli scarichi industriali. Una pentola pronta ad esplodere o a consumarsi per sempre. Intanto che l’area industriale turritana (vedi Minciaredda) sia zona da bonificare lo sa il ministero dell’ambiente che l’ha inclusa nei siti di bonifica di interesse nazionale. E se dal 2007 si prevedevano quasi 7 milioni di euro per la bonifica, ad oggi dal ministero non è arrivato nemmeno un centesimo per il ripristino ambientale. Di fatto manca un sistema di controlli adeguati, mentre sono state le indagini della Procura (che però non hanno previsto campionamenti nell’aria) a far emergere il rischio che la salute ambientale di questo fazzoletto di nordovest Sardegna rovinosamente corre.

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