Povia e la pubblicità

17 Febbraio 2009

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Massimo Mele

“Anche se due uomini si vogliono bene è meglio che vivano la loro intimità in privato e non si facciano vedere dai bambini mentre si baciano”. Conclude così l’intervista a Povia di Sorrisi e Canzoni. L’intento era quello di stemperare le polemiche, il risultato totalmente opposto. Con un testo un po’ ridicolo e una forma che non passerebbe l’esame di maturità, Povia e il suo “Luca era gay” aprono le solite polemiche pubblicitarie in vista della nuova edizione del festival di Sanremo. Una forma ormai consolidata per un festival in continuo calo di ascolti ma soprattutto di presa sul pubblico, considerate le vendite di dischi sanremesi degli ultimi anni. Bonolis, alla sua seconda guida del festival, conosce bene le tv e la pubblicità ed usa con grande maestria pochi argomenti ben confezionati guadagnando subito le prime pagine dei giornali. La canzone di Povia è sicuramente omofoba, un concentrato di tutti gli stereotipi più imbecilli sull’omosessualità: un carattere fragile, una madre ossessiva, un padre alcolizzato che abbandona la famiglia. Luca trova quindi un uomo grande di cui si innamora, anzi, con cui inizia un rapporto “incestuoso” poiché nel suo immaginario l’uomo grande sostituisce il padre che non ha più. Sempre Povia a Panorama: “Gay non si nasce. Lo si diventa in base a chi frequenti. Anche io ho avuto una fase gay: è durata sette mesi, poi l’ho superata. E ho anche convertito due miei amici che credevano di essere gay e invece adesso sono sposati”. L’omosessualità si prende per contagio e per uscirne bisogna venir “convertiti”, ovvero “indotti a cambiare ideologia o fede”. Non quindi una libera scelta ma una costrizione da parte di un amico, anche lui passato per i piaceri del sesso gay e approdato al matrimonio. Già alla sua prima uscita Povia aveva destato qualche perplessità con la sua “i bambini fanno ooh”, che, letta bene, sembra un vero e proprio inno alla pedofilia. Meno clamore aveva destato lo scorso anno Anna Tatangelo con “il mio amico”, concentrato di banalità e luoghi comuni anche fastidiosi. Non si parlava infatti di omosessualità ma di un travestito che “lasciava il trucco sul cuscino” e “voleva essere come lei”. Scambiare gli struggimenti d’amore di chi “spera in quell’amore che non ha” nell’angoscia causata dalla non accettazione della propria sessualità è ingenuo ma anche un po’ omofobo. Si potrebbe dire che la canzone italiana scopre l’omosessualità. Ma la canzone è anche specchio di un popolo, quello stesso che stupra le minorenni, che fa le ronde e massacra immigrati e barboni, che aggredisce, violenta e uccide gay e lesbiche , quello che vota Berlusconi e la Lega dei “cattivi”. Ma Luca era gay ha anche un’altra connotazione: supportare la battaglia del Vaticano e delle organizzazioni fondamentalista cattoliche per la “conversione” degli omosessuali, che loro però chiamano “guarigione”.  Conversione presuppone infatti un intervento esterno per indurre qualcuno ad un cambiamento, la guarigione è invece un percorso individuale, anche se guidato. Conversione, guarigione, cambiamento … Tutte parole che ci riportano ad una situazione di errore, di malattia, di confusione. Un gay o una lesbica con serie difficoltà nell’auto accettazione, causata da fattori personali, familiari o ambientali, può essere facilmente ricondotta nel recinto della Norma e dell’oppressiva etica cattolica, ma la sua vita sarà solo un fallimento, una vita non vissuta, un’esistenza infelice che molto probabilmente finirà prima del dovuto. Non condivido le proteste dell’Arcigay che sembra quasi sia stato pagato per amplificare la polemica/pubblicità su una kermesse che sarebbe meglio non esistesse più. Uno spettacolo vecchio che ci presenta la musica più atroce prodotta in Italia. Chi si ricorda i vincitori degli ultimi tre anni? Nel 2008 vinsero Lola Ponce e Giò di Tonno: ma chi sono? Qualcuno li ha più sentiti? E quante decine di dischi hanno venduto? Bonolis prende più di un milione di euro e vuole rendere il festival in qualche modo attraente, ma perché noi dovremmo guardarlo? Dal 17 al 21 Febbraio saremo in pieno carnevale: andiamo a divertirci e lasciamo miliardari, omofobi e cantanti falliti con il loro giochino: più rispetto per noi stessi!

Grazie, Massimo. E, visto che dobbiamo anche divertirci, magari tenendo vivo il cervello, vi proponiamo la versione satirica di Elio e le Storie Tese. (m.m.)

3 Commenti a “Povia e la pubblicità”

  1. leonardo boscani scrive:

    caro Massimo stiamo vivendo in un paese che fa kakar… fra un pò ci legheranno e butteranno acqua santa sui nostri corpi esorcizzandoci a noi frosci, atei, uccisori di fanciulle in coma…. dolci principesse in attesa di un bacio dal più puro dei principi, noi untori comunisti, amici di zingari e pezzenti polacchi. invidiosi della ricchezza altrui … ho paura Massimo… soprattutto del nostro aver paura.
    .. e meno male che ci sono elio e le storie tese

  2. Paolo Giuliani scrive:

    Finalmente ho letto l’articolo come si deve…l’altra sera non ero in grado…quest’anno Sanremo è seguito da decine di milioni di persone e non credo sia il caso di fare finta che non conti niente. Povia stasera ha cantato una versione unplugged di “Luca era gay”. Intorno a lui disegni di matita in bianco e nero raffiguranti croci, visi femminili e mani delicate. Dulcis in fundo una coppia di neo sposi che pomicia con tanto di lingua al centro del palco, seguiti da un cartello tenuto dal cantante e riportante la scritta: “SERENITA’ MEGLIO CHE FELICITA'”. Il pubblico batte le mani a ritmo lento ma sostenuto e vi assicuro che ho avuto paura. Una Croce con Cristo sullo sfondo conclude questa performance lugubre e pacchiana.
    La censura è decisamente uno strumento orribile ma in questo caso Povia non sta raccontando una storiella. Sta cavalcando un periodo storico in cui si sente sostenuto. Un ruffiano pericoloso e ignorante che cita Freud diventerà il patrono di tutte quelle violenze e quelle pressioni che le persone omosessuali, in particolar modo gli adolescenti, subiscono nelle famiglie. Non so. Mi verrebbe voglia di fuggire all’istante ma credo che aspetterò. Adesso cerco di creare un link nella mia pagina….se ci riesco. BACI

  3. Massimo Mele scrive:

    Ho scritto il pezzo prima che iniziasse il Festival e sinceramente non potevo prevedere che avrebbero permesso si usasse il palco per comunicazioni politiche ulteriori alla canzone (che è già un manifesto politico). Inoltre sul Festival ci sarebbe molto altro da dire, prima fra tutte la vittoria di Marco Carta fra i big alla presenza di Maria De Filippi casualmente invitata a Sanremo per la finale. Concordo con Leonardo e devo dire che anche io ho un pò di paura. Paura che questo delirio collettivo che viviamo, questo imbarbarimento delle relazioni sociali, questa “cattiveria” generalizzata talmente da diventare riferimento dell’ agire politico (vedi Maroni), questa incapacità di leggere i fatti per quello che sono, al di là di come ci vengono proposti da una propaganda martellante e unilaterale, finiscano per risucchiarci in un vortice dal quale sarà molto difficile uscire. Dopo le elezioni ho pensato, per un “lungo attimo”, di fuggire da questa terra ingrata di servi e miserabili. Ma non è giusto e sarebbe una resa incondizionata. Ora invece sono incazzato, sopratutto con quegli incapaci che hanno guidato la sinistra alla sconfitta. Ma mandarli a casa significa assumersi la responsabilità in prima persona, siamo pronti a farlo?

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