Primarie algheresi

15 Febbraio 2012

Redazionale – dibattito (sinora Arnaldo ‘Bibo’ Cecchini, Elias Vacca, Joan Oliva)

Con i risultati definitivi della primarie di Alghero (Lubrano 1586 29%; Daga 1317 24%; Accardo 1092 20%; Serra 842 15%; Scala 552 10%; Piredda 94 2%.) il candidato del centro-sinistra Stefano Lubrano sarà di stampo moderato, come ricorda la più volte citata dichiarazione di essere stato un elettore di Cappellacci (cioè di Berlusconi).
L’unità a sinistra probabilmente non corrisponde alla somma aritmetica dei due schieramenti ma ciò non legittima la moltiplicazione delle liste come scelta politicamente positiva. Speriamo almeno che a sinistra si chiedano parole chiare a Lubrano non solo sui punti programmatici (ambiente, urbanistica, lavoro, inclusione), ma sull’esclusione di ogni rapporto politico con il terzo polo, e da questo si faccia dipendere il resto. Nessuna colpa a terzi: la colpa sta ‘a sinistra’, non è equamente divisibile (la maggior parte delle rappresentanze sociali e politiche della sinistra era con Rosa Accardo), eppure il tema dell’unità non è stato sufficientemente percorso e perseguito, e questo dato segna per tutti un limite che ci pare invalicabile e indiscutibile. Mario Bruno ha fatto bene – ed era nel suo pieno diritto – la sua politica. Ma vi è certo da rimanere perplessi nel vedere gruppi/partiti della sinistra affrontare le elezioni presentando due o tre liste separate. Ci siamo chiesti quanto fosse necessaria questa scelta, quanto derivasse da divisioni insanabili.
È possibile che ancora una volta compagni che sono d’accordo su come affrontare i temi del lavoro, della tutela dei beni comuni, dei diritti, della partecipazione democratica, ecc., non trovino poi l’intesa nella scelta di chi dovrà rappresentare queste esigenze quando dovrà amministrare il Comune? O forse questo accordo in realtà non c’era, e i gruppi sociali di riferimento erano diversi.
Nessuno può dire come sarebbero andate le elezioni se la sinistra si fosse presentata unita, ma non è arbitrario ritenere che una delle due candidate più votate avrebbe potuto vincerle. Un fatto ci sembra reale: La somma dei voti fra Rosa Accardo, almeno una parte di Maria Graziella Serra (per la quale diversi – e questo in sé non è negativo, ma certamente è un fatto – non si riconoscono a sinistra ) e Gavino Scala raggiunge una percentuale molto alta. Quindi la sinistra (ma attenzione: intanto nelle primarie di coalizione, non in tutta Alghero) non è debole. Ma appare fragile.
Questa vicenda deve farci riflettere: dobbiamo sconfiggere una volta per tutte la tendenza (una patologia?) per cui sottolineiamo sempre ciò che ci divide e sulla base di queste divisioni siamo persino capaci di ingigantire le differenze.
Certo, adesso bisogna pensare alle prossime elezioni, e occorrerà impegnarsi per sconfiggere la destra anche se il candidato che gli si oppone ha manifestato simpatie politiche poco rassicuranti. Ma i segnali che si muovono non ci sembrano rassicuranti: la lezione della mancata unità, che ha portato alla vittoria di un candidato sindaco moderato (come ad Olbia: sarà un caso?), non pare svolga il suo compito. La questione quindi probabilmente non è matematica, a sommatorie, ma politica. Forse una sinistra unita – almeno fra le formazioni della sinistra algherese (presenti nel gruppo di Rosa Accardo) e ‘Alghero migliore’ – non è davvero possibile.
Forse le formazioni di sinistra dovranno guardare altrove, e ricomporre alleanze su precisi riferimenti sociali. Le vie che si sono divaricate a fine dicembre non è detto che siano destinate a rimarginarsi, piuttosto ad ampliarsi, e l’unità a sinistra dovrà comporsi diversamente.
Abbiamo deciso contestualmente di aprire la discussione su queste primarie, e non solo: esse si trascinano temi importanti e pratiche di unità a sinistra che appaiono niente affatto scontate.
Ecco gli interventi sinora pervenuti:

ARNALDO ‘BIBO’ CECCHINI, Il mancato accordo algherese
ELIAS VACCA, Una rivoluzione generazionale
JOAN OLIVA, Più uniti che divisi

Ne sollecitiamo altri!


ARNALDO ‘BIBO’ CECCHINI
Il mancato accordo algherese

I lettori dei manifesto sardo penso non vogliano essere annoiati con considerazioni ovvie.
Per questo a queste considerazioni dedico il minimo possibile.
Comincio dal fatto, noto pressoché universalmente che la politica e l’aritmetica sono discipline differenti: quasi mai si è dato nella storia elettorale che due forze o due candidati si siano messi insieme e abbiano raccolto la somma dei voti di partenza (non ricordo il disastro epocale della Sinistra arcobaleno, mi limito a citare l’esito solo un po’ meno disastroso dell’unificazione tra PSI e PSDI alle elezioni del 1968): le eccezioni, rare, potremmo analizzarle in altra sede.
E non prendo in considerazione le responsabilità vere alla base del mancato accordo algherese, su cui i lettori possono consultare la successione dei miei interventi sul mio blog in BAU.
Le miserie quotidiane, su burattini e burattinai, sui falsi annunci di desistenze sussurrati fuori delle urne, sugli accordi di potere con Mario Bruno (che autorevoli cittadini avevano indicato come unico salvatore della patria), le lascio da parte, perché davvero sono delle miserie.
Vengo solo a un unico punto. Starei attento a definire Stefano Lubrano come un agente dei poteri forti; è capitato che imprenditori con un passato non decisamente di sinistra si mostrassero poi degli amministratori sensibili e dei democratici avanzati, penso a Renato Soru, che ho votato due volte, ma di cui non sono mai diventato un sostenitore acritico, o a Riccardo Illy. Dipenderà anche da noi come Stefano si comporterà, certo una sua demonizzazione preventiva non aiuta.
Bene, a queste piccole cose ho dedicato meno del 25% dello spazio a disposizione. Andiamo oltre.

Quale sinistra ci serve per il XXI secolo; io avevo pensato a una formula che sino a qualche anno fa mi convinceva: fare come Camillo Prampolini giorno per giorno e pensare come Lenin strategicamente. Per mille ragioni la formula del socialismo municipale mi convince ancora, mentre quella del leninismo ha vacillato. E provo a dirvi perché. Non per le tragedie immani e disumane del socialismo realizzato, che sopravvivono ancora nella tragica farsa nord-coreana, tragedie che non posso non considerare come nostre, e che tuttavia non cancellano il contributo del comunismo all’emancipazione degli oppressi, ma perché non trovo più un Palazzo d’inverno, perché i luoghi del potere si sono disarticolati e trasformati e resi più imprendibili (quante cose il Marx che diceva di essere non marxista può insegnarci: io mi abbevero quotidianamente).

Una sinistra del XXI secolo sta nascendo ovunque (e quindi anche da noi, nel nostro piccolo), una sinistra che non rinnega il suo passato, con le sue glorie e i suoi terribili errori, una sinistra capace di guardare al futuro, senza cedere alle mode, fedele ai suoi compiti: eguaglianza nella libertà e libertà nell’eguaglianza.
Persone libere, capaci di lottare e di parlare, fuori dai recinti, disponibili al meticciato, capaci di contendere l’egemonia culturale al neo-liberismo, desiderosi di costruire le forme dell’azione politica adatte ai nuovi compiti: una sinistra di compagne e compagni che discutono e che non hanno bisogno di leader e che sanno di volta in volta trovare chi meglio li rappresenta, temporaneamente e per quello scopo.
Una sinistra che fa saltare – nella pratica – le gabbie di genere, in cui il protagonismo delle donne ha lo spazio che rende possibile il cambiamento e ne è garanzia; una nuova sinistra che – in questi anni bui – ha rappresentato l’unica vera opposizione: la sinistra del popolo viola e dei referendum e di Cagliari, Milano e Napoli, la sinistra che è contro la guerra senza se e senza ma, la sinistra delle donne di “se non ora quando” , la sinistra che è fuori e dentro i partiti, quelli di sinistra e quelli di centrosinistra, la sinistra che non ubbidisce e che sa parlare anche a chi è deluso, sapendo che la delusione di chi è deluso ha molte ragioni.
La cosiddetta antipolitica è la dolorosa risposta del disincanto degli indignados spagnoli, che non trovano nessuna espressione politica alla loro insoddisfazione e alla loro capacità di progetto e che quindi non votano, non votano neppure (se non in alcuni) per la sinistra unita (IU) che pure li sostiene; è la debolezza della risposta alle mobilitazioni e alla rabbia del popolo greco, che trova nella protesta violenta e anarchica quasi la sua sola voce, è nel successo del partito dei pirati a Berlino o nei voti dei grillini a Torino, Bologna e Rimini.
Ma è anche, in Italia, in quelle mobilitazioni che dicevo; e in America Latina nelle sinistre meticcie e sgarbate, estreme e moderate, di Chavez e Lula e Dilma, Cristina, Correa e Morales.
Sinistre meticcie e fuori degli schemi.

Colgo questa occasione per fare un coming out: da molto tempo non ho tessere, la mia prima è stata quella del manifesto, quando un gruppo di eretici (accusati con calunnie usuali all’epoca e non ancora abbandonate) decise di fare la scelta che io condivisi, ma che era sbagliata, di fare un partito con i compagni del PdUP (raramente ho sentito più appelli all’unità e più inutili di allora), ma era una bella tessera (do you remember? il comunismo è il programma concreto in nome del quale la classe operaia lotta e rivendica il potere).
Ora, vincendo le mie resistenze, la principale delle quali è l’esserci di un nome di persona nel simbolo di quel partito (e se Vendola se ne scappa ai Caraibi per aprire un ristorante che si fa?), ho deciso che ci proverò con SEL. Dovrò farlo a Sassari, non volendo prendere una doppia tessera come è obbligatorio ad Alghero.
Perché ho deciso di farlo, anche se Ferrero mi è più simpatico e alla falce e martello sono affezionato?
Perché non mi rassegno al fatto che la sinistra, quella sinistra meticcia che non potrebbe esistere senza il nonno comunista, sia condannata all’irrilevanza politica e non possa e non voglia giocare a tutto campo, contendendo l’egemonia culturale e politica alla sinistra liberista rappresentata da gran parte della dirigenza del PD.
Per farlo occorre uscire dai recinti, concepire l’unità come un processo che parte sia dai movimenti sia dalla irriducibile autonomia delle persone (e parlando di persone sono già contaminato), mettere in discussione le vecchie idee, saper parlare a tutte e tutti, anche a chi non sa cosa sia la destra e cosa sia la sinistra (non conoscendo il fondamentale contributo di Gaber).
Occorre che emergano nuove forze, che possano sbagliare e sbrigarsela da sole (peggio di quel che hanno fatto le vecchie sarà difficile), che chi ha più esperienza non rinunci a dire la sua, ad argomentare con puntiglio ed acribia, ma che lasci il campo.
Questo è stato e questo sarà quel che di nuovo è successo ad Alghero: circa 5.500 votanti alle primarie, un dato storico: non so di chi sia il merito, ma so che ringrazio chi lo ho avuto, chiunque sia stato.
Non ho parlato di Alghero abbastanza? Io credo di sì: e come sempre senza polemiche e senza nemici, e come sempre sine ira et studio.


ELIAS VACCA
Una rivoluzione generazionale

La sinistra della coalizione poteva vincere, non ha vinto. La sinistra comunista, ecologista, libertaria e movimentista aveva trovato una sintesi ed una candidata credibile, non è bastato. Da più parti si invocava una svolta al femminile ed un sindaco senza tessera, offrire la più credibile candidatura munita di questi requisiti non è stato però sufficiente.
Ha vinto Stefano Lubrano, candidato esterno al PD presentato e supportato dal più autorevole esponente istituzionale del PD. Ha vinto il candidato piu’ a destra tra i sei in campo.
Ha vinto con uno scarto di 261 voti, che non parrebbero moltissimi ma in misura percentuale non sono neppure pochi, su un altro candidato del PD.
Ha vinto con un distacco di 480 voti dalla candidata della sinistra riunificata dei partiti e dei movimenti. Ha vinto anche perché lo hanno votato cittadini che, come lui, avevano votato Cappellacci alle ultime elezioni regionali, o comunque non avevano votato per il centrosinistra.
Le primarie del resto non prevedono l’analisi cromosomica degli aventi diritto al voto.
A risultato conseguito fioriscono le recriminazioni sulle incursioni di elettori del centrodestra ai seggi. E’ cosa seria, occorre chiedersi, recriminare su una eventualità che nessun regolamento, nessuna norma ha mai preso in considerazione?
Non siamo esperti di primarie, ma chi le ha inventate e vorrebbe imporle legislativamente come strumento di selezione dei candidati dovrebbe rispondere alla domanda: chi seleziona i selezionatori? E soprattutto: è possibile che gli elettori cambino idea da un turno elettorale all’altro oppure esiste una sottintesa tessera fedeltà dell’elettore tipo?
Le primarie all’italiana sono cosa tutt’altro che seria, sono una cosa fatta alla buona, all’italiana, appunto. A volte riescono bene, specialmente quando sono pilotate, altre volte vengono fuori delle cose strane ed inevitabilmente si recrimina.
E’ ben strano, in fondo, che il partito democratico, avvezzo a perdere le primarie nei confronti dei candidati della sinistra abbia perso le primarie algheresi a vantaggio di un candidato che la destra un po’ ci invidia. I pronostici dell’immediata vigilia (ora se ne può parlare liberamente) vertevano su un duello all’ultimo voto tra il candidato forte del PD, l’assessore provinciale Daga e Rosa Accardo che, miracolosamente, aveva saputo trasformare le energie autodistruttive della sinistra catalana di alternativa in forza propulsiva unidirezionata.
Si è sbagliato dunque il pronostico. Perchè? Mi pare chiaro. Se fai un sondaggio tra gli elettori del centrosinistra e la base elettorale delle primarie non contempla questo prerequisito inevitabilmente sbagli il pronostico.
E’ legittimo tutto ciò? Certo che sì. Se scegli il tuo candidato sulla base di un meccanismo per il quale la base elettorale sono gli elettori tutti può anche accaderti che un candidato portatore di una cultura politica diversa da quella della sinistra (e per certi versi alternativa ad essa) vinca le primarie senza bisogno di “giocare sporco”. Banalmente è sufficiente che qualche centinaio di elettori sostanzialmente conservatori ma non ideologizzati dica con il proprio voto: “ecco la sinistra che vorrei, tale e quale alla destra che non ho per inaffidabilità del personale politico che la popola”.
E la sinistra-sinistra, quella che piace a noi insomma, che fa? Dipende.
A volte fa il suo mestiere, altre lo delega a terzi che, magari, con il sempre encomiabile ottimismo della volontà solleticano pulsioni che con la sinistra non è che abbiano molto a che spartire.
In una sinistra sempre più esigua, estromessa dal circuito mediatico tradizionale, priva di rappresentanze parlamentari, finanziariamente devastata, vilipesa dagli autorevoli commentatori dei maggiori quotidiani nazionali lo spazio vitale individuale è stretto e siccome, da Vendola in qua, si pensa talvolta di poter vivere anche solo di narrazioni, di leadership emotiva, di qualcosa che sta a metà strada tra l’anarchia e scientology, è un onda, quella, che nessuno riesce a surfare senza sfracellarsi.
È importante la narrazione, ancor più importanti sono gli obiettivi concreti.
Non c’è stata solo la splendida ritrovata unità intorno a Rosa Accardo, nella sinistra algherese. C’è stato anche altro, prima, durante e dopo il patto per l’unità ed in competizione con i sottoscrittori di questo. Un bel percorso programmatico, ideale e militante via via sempre più circoscritto e distante dalle entità strutturate, fossero essi partiti o movimenti radicati ed organizzati.
Ho già avuto modo di scrivere che per un neoconvertito entrare in chiesa e sentire la messa in latino appare cosa molto esotica, oltreché esoterica, tale da fargli pensare “che splendida originalità”, ma la messa in latino è vecchia di secoli e ci sono voluti concilii e battaglie perché non fosse “la messa”. Chi non lo sa ne subisce la fascinazione e pensa che la messa da un certo momento in poi possa essere solo in latino, anziché la solita banale ed a tutti nota liturgia in volgare.
Ecco, la sinistra algherese, sarda, italiana e continentale sarà anche da rifondare, magari da riformulare a partire dalle prassi, ma tentare di negare il radicamento dell’esistente è esercizio vano e, come ad Alghero, dannoso per tutti.
Che fare dunque?
Intanto non disperdere la splendida ritrovata unità d’intenti e di azioni così apparentemente nuova, ma in realtà da tutti desiderata, ed inoltre non più parlare della necessità di un generico rinnovamento, perché il rinnovamento c’è già, è già in campo con tutta la freschezza di una rivoluzione generazionale e la consapevolezza di una storia importante da difendere nel modo migliore: rendendola materia viva della nostra azione quotidiana di compagni.
Il risultato delle primarie ci impone un dovere di lealtà, non certo di sottomissione.
Rendere la sinistra influente ed anzi determinante nelle settimane che verranno è un imperativo categorico.
Per fortuna abbiamo costruito l’unità che è condizione necessaria per ottemperarvi con abbondante anticipo.

JOAN OLIVA
Più uniti che divisi

In questi giorni vien voglia di mordersi la lingua. Eppure i compagni ci chiedono di intervenire e allora bisogna farlo, cercando in tutti i modi di essere propositivi. Evitando di fomentare le polemiche. Che la genialità non basti in politica è cosa risaputa, altrimenti il compagno Noam Chomsky, sarebbe presidente degli Stati Uniti. Il compagno Bibo Cecchini è persona intelligente, molto intelligente, e forse basterebbe una sua dichiarazione del tipo: “Lo ammetto, ho sbagliato le previsioni; credevo davvero che Maria Graziella avrebbe vinto, comunque, le primarie; mi sono illuso e ho contribuito ad illudere altri”.
Non sarebbe un’umiliazione, Bibo Cecchini è persona troppo intelligente e nessuno ne mette in discussione le doti: è interlocutore colto, fertile e stimolante, anche se a volte troppo propenso al gioco (ma chi credo di essere, per accusarlo di questo difetto?). Si potrebbe dire: quello dei compagni di C’è un’Alghero Migliore è stato un errore di valutazione, così come da una valutazione differente, forse un po’ più saggia, visti i risultati, è venuta la candidatura unitaria di Rosa. Ci hanno insomma diviso solo delle valutazioni di opportunità, non il programma o le intenzioni. E, dopo questa semplice constatazione, io credo cesserebbero tutte le inutili e noiosissime discussioni attorno a questo insuccesso, le recriminazioni, i sospetti e le dietrologie e si tornerebbe a lavorare insieme. Uniti con il comune obiettivo di garantire le condizioni perché il nostro programma amministrativo, frutto di un buon lavoro collettivo, a cui tutta la sinistra in vario modo ha contribuito, sia davvero attuato, anche da un sindaco ultra-moderato.
Una unità che, se è mancata nella fase delle primarie, ora dobbiamo necessariamente ritrovare.
Ho interpretato come un segno di disponibilità in tal senso la dichiarazione di Bibo Cecchini di iscriversi a SEL. Purtroppo, ancora una volta, a causa della sua non conoscenza delle vicende politiche locali, commette un’altra ingenuità aggiungendo di volersi iscrivere però al circolo sassarese di SELZ. Ora, se Bibo Cecchini dice questo volendo così affermare che non ha più nessuna intenzione di partecipare alla vita politica locale ad Alghero, gli direi che, pur rispettando la sua decisione, me ne rammarico. Se poi invece intende dire che, da iscritto a SELZ, continuerà a intervenire sulle questioni algheresi, per condizionare le vicende politiche locali, senza essere costretto a discuterne e a confrontarsi con i compagni di Alghero, di questa evidente ingenua topica può essere scusato solo in considerazione della sua scarsa conoscenza della nostra storia recente.
Ora, chiunque ha un po’ di esperienza e di buon senso politico, qui ad Alghero, sa che questa sua dichiarazione di intenti rievoca periodi, non tanto lontani, in cui le sorti politiche della nostra città venivano decise a Sassari.
La DC di Giagu Demartini ha funzionato così per molto tempo, facendo incazzare la maggior parte degli algheresi. Ricordo quanto se ne lamentasse il mio babbo, repubblicano di sinistra e fiero difensore dell’autonomia locale, che poi con amministratori democristiani, etero-diretti, si trovava a dover convivere in giunte di centro sinistra e a polemizzare continuamente.
Spero che il compagno Bibo Cecchini non faccia ancora una volta un errore così banale. Spero che ci ripensi e che si iscriva piuttosto al circolo algherese. Ne riconosca e accetti l’esistenza per quello che è: frutto del convergere in SEL di un gruppo di compagni che porta con sé, come patrimonio da condividere, conoscenze, idee, esperienze politiche e pluriennali lotte in difesa del bene comune. Nella prospettiva della elezioni di primavera, riunifichiamo le nostre forze in un’unica forte lista elettorale della sinistra che potrebbe essere composta da SEL, FdS- PdCI, Alghero Viva, Cantiere Sociale de l’Alguer, C’è un Alghero Migliore e magari anche IDV e IRS. Solo così riusciremo a rimediare al disorientamento fra i compagni e al danno che la nostra divisione alle primarie ha causato, impedendo alla sinistra di poterle vincere. Ricordiamocelo: abbiamo lo stesso programma politico-amministrativo!
Non si tratta di costruire una casa comune senza fondamenta solide. Sono più le cose che ci uniscono delle cose che ci dividono. Basta con i personalismi. E’ ora di cambiare veramente!

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