Primo maggio di svago e di lotta

16 Maggio 2016
PrimoMaggio
Graziano Pintori

Sfogliando i giornali sardi del 1° Maggio ci facciamo subito l’idea di quanto la nostra isola sia terra di predazione. Sotto le righe di quelle pagine traspare il quadro desolante di un’economia ridotta a brandelli da insaziabili imprenditori e finanzieri, legati a doppio filo con il potere politico locale e/o nazionale. Sfruttano risorse e mano d’opera del luogo per poi, dopo aver succhiato e depredato agevolazioni di ogni genere, abbandonano l’isola per andare in altre terre, per esempio in Romania.Lì le maestranze sono meno garantite, gli aiuti statali a fondo perduto hanno meno fronzoli burocratici per chi volesse accumulare solo ricchezza. Da noi restano le foto dei giornali in cui i lavoratori sono tristi e allo stremo, però non domi. Infatti, ogni nucleo di resistenza adotta la forma che ritiene più efficace per non perdere il lavoro, sono lotte che denunciano l’isolamento di queste azioni prive di forza unitaria perciò deboli e, purtroppo, destinate anche a umilianti sconfitte. Tra quelle foto c’è chi in rappresentanza di 82 lavoratori abbandona la terra sotto i piedi per salire sulle ciminiere di Ottana Energia, mentre altri 88 metalmeccanici di Idea Motore di Pratosardo presidiano capannoni e impianti pronti per le aste o per prendere il volo verso la Romania. Nel nord dell’isola altri 190 dipendenti della Cedi Sigma di Codrongianos da 210 giorni sono in presidio per riottenere il posto di lavoro sottratto, come risposta ottengono: “Welfare to work”, cioè un modo per dire, alla Papa Francesco, che si può vivere anche di misericordia. A Ploaghe invece 200 lavoratori da otto mesi lavorano gratis garantendo a 400 persone le loro prestazioni sociosanitarie in una IPAB (Istituto Pubblico di Assistenza e Beneficienza) senza futuro. Al Sud ci sono le tute verdi dell’Euroallumina, di cui un plotone di quattro operai si è recato a Montecitorio per strappare a Renzi ennesime promesse per il Sulcis esasperato, mentre altri con le tute dello stesso colore sono sotto il palazzo della Regione Sarda per strappare le medesime promesse a Pigliaru, altri ancora presidiano i cancelli di Porto Vesme tenendoli simbolicamente aperti, come a dire che può entrare di tutto, purchè qualcosa entri. Poi… poi…e poi non finisce più. Poi ci sono 1100 lavoratori dell’Aias senza stipendio da sei mesi più altri 200 della Fondazione Randazzo; poi i 35 minatori di Olmedo che per farsi sentire anche loro si erano annidati a 180 m. di altezza, poi ci sono i lavoratori della chimica di Porto Torres che aspettano con le braccia incrociate che il progetto verde si sblocchi. Poi ci sono i dati freddi e ufficiali: 6388 lavoratori in Cassa Integrazione, 11268 in mobilità, 16,7% il tasso di disoccupazione nel 1° trimestre 2016. E poi? Poi esiste una realtà coperta da una nebbia fitta, un’umanità di giovani e meno giovani che si è arresa all’asprezza del mercato del lavoro ufficiale, persone che si sono affidate al lavoro nero, oppure sono precipitate nella depressione, nella prostituzione, nella droga, nell’alcolismo. O altre che sono passate a carico delle pensioni, o assegni, o stipendi familiari quando questi non sono giocati alle roulette di Stato, convinti che il futuro si costruisca con un gratta e vinci o più semplicemente “con un colpo di culo”. Questo a larghe linee è il 1° Maggio in Sardegna. Non è stato “un giorno di svago e di divertimento oppure di mobilitazione e di lotta”, come dibattevano i lavoratori a fine ‘800 e primi ‘900 per dare uno scopo a questa ricorrenza, ma è stata una giornata in cui si è ripetuta stancamente la solita solfa:  una Sardegna malata, con la febbre della disoccupazione sempre alta.

Ormai che sia il centrodestra o il centrosinistra al governo della Sardegna nulla cambia: si va avanti nel vuoto delle idee, mentre la nostra terra galleggia nelle acque inquinate del fallimento della grande industria e sulla scomparsa della chimica, colorata o meno che sia. Allo stesso tempo torbidi interessi di finanza e politica, ricordava il compianto Luciano Gallino, dall’estero fanno shopping di imprese italiane con il rischio di trasformare il “bel paese”in una colonia. Su questo, anche storicamente, la Sardegna è un laboratorio, bastino due esempi: lo shopping del Qatar, il quale con qualsiasi governo di turno alla regione sarda ha potuto sottoscrivere l’accordo per il Mater di Olbia, l’acquisto della Costa Smeralda, Meridiana ecc. L’altro esempio è tutto italiano: il Patto per la Sardegna, che sarà sottoscritto dal governatore di turno Pigliaru e dal chiacchierone dello Jobs Act Renzi, un patto che parla di trasporti ed energia di cui l’isola ha uno storico bisogno. Due esempi che comunque mi lasciano il vago sospetto che quel “colonialismo”, accennato da Gallino, trovi sempre più concretezza sia con il patto con gli arabi, sia con quello di Renzi/Pigliaru e di chi,  sotto le bandiere dell’indipendentismo, parla di anti colonialismo. A mio modo di vedere in Sardegna il 1° Maggio non è stato un giorno di svago, tanto meno di lotta per gli invisibili lavoratori sardi.

[Foto di Francesca Corona]

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