Reti dissenzienti

1 Agosto 2007

Raffaello Ugo (Cagliari social forum)

Perché sette nani e una donnina, invece di mettersi silenziosamente in lista di attesa dallo psichiatra ci informano con tanto chiasso del fatto che si incontreranno tutti insieme? Possiamo immaginare che siano in grado di comunicare tra loro benissimo con lettere, piccioni viaggiatori o addirittura usando il telefono. E quando si incontrano al G8, che cosa sono in grado di decidere oltre al menù del pranzo e della cena e il colore che preferiscono per le lenzuola?
E’ noto come sia la truppa che li segue a fare tutto il lavoro per loro e i potentati che li controllano e intimoriscono a dare loro le linee guida, e anche questo stuolo di sherpa e mandanti può incontrarsi (e certamente lo fa) dove e quando vuole senza informarci. A che serve tutto questo teatrino? Perché dovremmo andare dove stanno loro?
Senza pretesa di dire niente di originale, il G8 è una manifestazione rituale che serve solo ed esclusivamente a marcare la distanza tra i cittadini e le istituzioni – dal poliziotto al capo di stato – che quei cittadini avrebbero dovuto rappresentare e tutelare.
E ormai si sente anche un forte odore di stantio.
Chi li guarda in televisione questa distanza l’ha già introiettata e chi va fisicamente verso/contro di loro in qualche modo la rifiuta ma si trova a partecipare al medesimo gioco. E allora?
Dopo Genova tutto si è chiarito, dal ruolo del piccolo picchiatore fascista in divisa, impunito strumento di un potere di cui crede di essere parte, a quello dell’alto funzionario vigliacco che quella violenza accetta, organizza o addirittura rivendica in una catena di camorristica omertà. Non c’è proprio più nulla da capire nel meccanismo. Perché dovremmo allora andare a fronteggiare questa gente? Può servire al movimento? Alla democrazia?
La percezione dell’uomo qualunque non viene minimamente intaccata dalle manifestazioni rituali di piazza ed eventuali episodi di violenza vengono utilizzati per distorcere e annullare il senso del lavoro pacifico della maggior parte (chi ha visto lo spettacolo proposto da La7 il 20 luglio scorso capisce cosa intendo – sei anni di documenti e indagini sono passati invano).
E allora perché, dico, dovremmo andare a La Maddalena?
Notava padre Zanotelli, a proposito della visita di Bush a Roma, che sarebbe stato bello che quel giorno le persone si incontrassero per pregare o per riflettere lontano dai luoghi ufficiali della politica, mettessero segni di lutto sugli abiti e prendessero le distanze anche fisicamente da personaggi così spregevoli proprio in contrapposizione al loro baccano mediatico.
In questa società malata, come in un organismo che scopre la veloce degenerazione delle proprie cellule, non sarà probabilmente una medicina altrettanto invasiva e violenta a ridare l’equilibrio quanto un risveglio degli anticorpi che stimolino le cellule a reagire in modo diffuso.
E’ il principio omeopatico in alternativa a quello allopatico.
Se uno schema non funziona va cambiato.
Li abbiamo contestati scendendo in piazza in trecentomila a Genova e abbiamo ottenuto un presidente della Camera. Sarebbe poco per chiunque (tranne che per il presidente della Camera).
Personalmente ho comunque altri orizzonti.
Perché, allora, non rovesciare il problema?
Perché non organizzare in quei giorni una rete di resistenza diffusa su tutta l’isola di Sardegna formata da una serie di nodi collegati tra loro, una rete che metta in collegamento materialmente punti diversi di un territorio “degiottizzato” con iniziative molteplici e accoglienza diffusa?
Un’invasione pacifica e consistente del territorio con espressioni creative di dissenso sparse su tutta la superficie isolana e con la creazione, come è tradizione del movimento, di aree tematiche che potrebbero diventare aree geografiche tematiche con marce diffuse sul territorio.
Da un punto di vista simbolico rappresenterebbe il rovesciamento della piramide di potere tanto cara ai piccoli uomini.
Un’utopia?
Non sono le utopie che fanno muovere gli esseri umani?

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