Dopo il referendum sulle trivelle

16 Maggio 2016
Trivelle-sì-al-referendum-le-reazioni-dei-protagonisti-2
Daniela Concas

Il 17 aprile, a livello nazionale e quindi anche in Sardegna, si è svolto il referendum per abrogare l’articolo 6 comma 17 del codice ambientale, riguardante concessioni petrolifere per gas o idrocarburi entro le 12 miglia, per definirne la durata. Con il SI al referendum si dichiarava la volontà di far in modo che, secondo la scadenza fissata, le attività di estrazione andassero progressivamente a cessare.Come comitato “No trivelle in Sardegna”(di cui esiste l’ omonima pagina Facebook) e come suo portavoce e referente oramai da anni, ho sentito il dovere e l’esigenza di informare e rendere consapevoli di un problema di cosi’ grande importanza. Con alcuni del comitato e’ stato creato uno spot, un informativo cartaceo (entrambi molto diffusi in periodo prereferendario), e son stati fatti miei appelli video, articoli e conferenze stampa varie. E’ stata occasione per confrontarsi nelle innumerevoli assemblee ovunque in Sardegna con i cittadini, insieme agli altri promotori (fra cui Adiconsum, italia Nostra e Legambiente, giusto per citarne alcuni, oltre il presidente del Consiglio Regionale Ganau), per cercare di creare una risposta informata e cogliere occasione per rendere coscienti di quali rischi corre attualmente la nostra isola.

Benché in Sardegna non esistano concessioni entro tale limite, risulta evidente come la risposta a questo quesito, in una ‘terra di conquista’ come la nostra, assuma senz’altro la sua importanza. Una terra in cui sono presenti varie richieste di trivellazione per idrocarburi, gas o geotermico, in terra e in mare, già escluse o ancora al vaglio, per un territorio che già conta più di 445 mila ettari da bonificare ( secondo oramai le stime piu’ ottimistiche) e inquinamento ad altissimi livelli in alcune aree (che ho sempre denunciato assieme alla problematica sanitaria). Proprio per questo, dunque, abbiamo letto in termini di allarme il vasto astensionismo verificatosi e la resistenza a concetti di difesa su larga scala, per questioni che, solo all’ apparenza, sembrano “minime” rispetto ad altre.

Su 8000 comuni sardi, alle ore 12 del 17 aprile aveva votato l’8% circa. Feci un appello, qualche giorno prima, durante una conferenza stampa in Consiglio Regionale, proprio per portar un maggior numero di persone a votare entro le prime ore del mattino e far da “gancio” positivo per coloro che ancora erano incerti. Alle ore 23, il quorum non è stato purtroppo raggiunto: su 377 comuni sardi, il 32% circa, in definitiva, e’ andato alle urne, eccezion fatta se non per qualche comune come Arborea, che il numero dei votanti lo ha raggiunto.

Il limite del quorum, peraltro intravvisto dal governo Italiano centrale pro “NO”, che ha anticostituzionalmente incitato all’astensionismo e quindi a non esercitare il proprio democratico diritto e dovere al voto, ha purtroppo avuto la meglio per invalidare il referendum e quindi lasciare tutto come le lobby speravano restasse: in balia di tempistiche a favore di mancate bonifiche, di royalties spesso non pagate e ampliamenti selvaggi. Si è così perso il dato definitivo invece più importante, affossato dalla regola del quorum : coloro che si sono recati alle urne hanno in larga e decisa maggioranza votato SI, con un buon 80-90% circa a livello nazionale e sardo.

Dato che ben sottolinea la portanza delle consapevolezze che vanno via via acquisendosi nei cittadini, che informati e decisi, in maniera coesa e quasi unanime sanno da che parte stare. Chi ha compreso l’ importanza di partecipare democraticamente a una scelta di voto, in un momento di crisi di valori e identità, ha mostrato di farlo consapevole dei rischi che l’ambiente corre e con il desiderio di un cambiamento apportato anche da piccoli passi come questo quesito referendario. Con le successive dichiarazioni del nostro premier, attraverso il quale e’ sembrato esprimersi solo la volontà e il condizionamento delle società petrolifere, si e’ assistito alla perdita di ogni valore morale.

Intanto la coscienza e’ un fronte che avanza innegabilmente, e al nuovo ministro del MISE, Calandra, e’ ora arrivata la diffida, da parte del fronte No triv, per 61 concessioni mai rinnovate di cui chiedere decadenza. Mancano organi veri di controllo , la poca trasparenza ha dato la spinta a un risveglio che parte dal basso,come per i comitati, e che, non potendo contare sui governi e gli organi preposti, assume il ruolo di controllore imparziale e inflessibile, che chiede coerenza e legalita’ e si indigna di fronte allo scempio. Ora a Ottobre ci si pronuncerà sull’articolo V della Costituzione, che priva Regioni e comunità di un potere di scelta che riguarda anche la materia energetica.

La Regione Sardegna, già poco presente riguardo gli “assalti” al territorio, nonostante vanti la presenza di uno statuto speciale, potrebbe vedere azzerarsi la sua voce in capitolo, con accentramento Romano di tutte le decisioni territoriali. Le comunità verrebbero ridotte a ” vassalli” da Roma, senza possibilità di confronto e scelta, ne di un cammino indipendente da decisioni calate dall’alto. Già con la manovra dell’abrogazione pre referendum del “piano delle aree”, non solo ci si vedrebbe impossibilitati a poter dichiarare fragili o protette le aree più a rischio, ma si assisterebbe alla cancellazione di ogni possibile confronto con il governo e con ciò che può riguardare il nostro ambiente e territorio. Ancora tanto c’è da fare per poter essere pienamente consapevoli e forti delle nostre scelte.

Daniela Concas, portavoce e referente deil comitato “no trivelle in Sardegna”

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