Riflessioni sul voto

22 Febbraio 2009

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Marco Ligas

I temi che affronto in questo articolo naturalmente non sono esaustivi dei problemi e delle preoccupazioni che viviamo attualmente. Li propongo per sollecitare una riflessione e un dibattito a più voci, aperto a tutti coloro che vorranno intervenire. Il primo intervento, successivo a questo editoriale, è di Marcello Madau.

Credo che siano pochi coloro che hanno ipotizzato, per le elezioni del 15/16 febbraio, un risultato così clamoroso. Ugo Cappellacci, a cui Berlusconi ha affidato l’incarico di vicerè, è stato il vero trionfatore. Sicuramente questo esito consoliderà l’ipotesi che la Sardegna possa essere ancora terra di conquista da parte di una classe dirigente che conserva forti tentazioni colonialistiche.
La sconfitta di Soru è stata netta e il suo significato è andato oltre la dimensione regionale soprattutto perché è avvenuta dopo diversi tracolli elettorali. Non a caso ha determinato le dimissioni di Veltroni. Eppure si pensava, dopo un attacco durissimo, senza precedenti, sferrato da Berlusconi contro la Costituzione e il Presidente della Repubblica, e dopo una serie di provvedimenti tesi a ridimensionare le libertà dei cittadini, che gli elettori sardi potessero prendere le distanze dalla politica del governo. Non è andata così e si tratta di riflettere sulle ragioni della sconfitta che, verosimilmente, ha radici lontane. Per queste ragioni è opportuno evitare spiegazioni sommarie che attribuiscono le cause della sconfitta a chi si ritiene abbia remato contro Soru o al suo autoritarismo
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È da decenni che il nostro paese subisce forme di manipolazione del consenso mai verificatesi prima. Un martellamento sistematico agisce sui processi educativi, sui modi di formazione e di socializzazione, forgiando nei cittadini valori di conformità alle esigenze di chi detiene il potere. I mezzi di comunicazione di massa vengono impiegati in modo sempre più diffuso per rispondere a questa esigenza. Il conflitto di interessi, di cui tanto si parla ma inutilmente, non è un’astrusità; è un fenomeno che agisce concretamente sulle relazioni tra le persone, influisce sulle loro scelte e spesso le determina. Se chi detiene il controllo dei mezzi di comunicazione può anche governare il paese, si trova automaticamente in una condizione di privilegio assoluto, di monopolio, e dunque può padroneggiare a piacimento. Si possono citare molteplici esempi. L’Italia è un paese che ha una percentuale molto bassa di lettori di quotidiani. E allora le informazioni politiche, tutte opportunamente filtrate, passano attraverso il telegiornale: sono frequenti le interviste ai soliti personaggi, gli insulti ai rappresentanti dell’opposizione e le immagini del premier sempre sorridente e rassicurante (il bon ton non guasta mai). Se vengono licenziati migliaia di lavoratori Sacconi o Brunetta ci informano che si sta risanando l’economia del paese; se muore qualcuno sul lavoro è opportuno non dare la notizia in prima, meglio dopo l’invito del Papa affinché venga difesa la vita, e così via. Se invece analizziamo i programmi di intrattenimento abbiamo da scegliere: si va dalla TV guardona del grande fratello all’isola dei famosi, ai varietà del sabato e della domenica, tutte opzioni che appassionano. E tutte molto istruttive per le donne perché imparino a mettere in evidenza e rendere disponibile il loro corpo in previsione di una possibile carriera in politica, magari come ministre.
È vero che tutte le società, anche quelle passate, hanno avuto bisogno e si sono adoperate per produrre artificialmente il consenso, ma in quella odierna si intrecciano e convivono i diversi modelli del passato e del presente: si va dal rafforzamento delle ideologie imprenditoriali al rilancio dei principi più anacronistici della religione cattolica. In Italia sembriamo di nuovo negli anni ’50 quando si portavano in giro, casa per casa, le madonnine. Del resto, quali sono i significati dei recenti incontri del nostro Presidente del Consiglio con le massime gerarchie della Chiesa sarda? Ne cogliamo due principalmente: 1) uno scambio tra il voto cattolico e un sostegno materiale alla Chiesa, 2) la richiesta dell’assunzione delle prescrizioni più illiberali della religione cattolica nel programma politico della Regione e del paese.
Oggi più che mai gli interventi dei mass media tendono a consolidare i valori fondati sull’individualismo e sul mantenimento dell’ordine sociale anche attraverso l’esclusione o la messa ai margini delle persone più deboli, presentate come turbatrici della convivenza civile. E intanto vengono mandati messaggi ingannevoli secondo cui tutti possono riuscire nella vita, tutti possono accedere a posti di responsabilità e di successo: le carriere del Premier o di qualche pregiudicato lo dimostrerebbero inequivocabilmente!
Proclami di questo genere sono sempre più frequenti e raggiungono tutto il paese; naturalmente arrivano anche in Sardegna e spesso sono convincenti; seducono più dei messaggi che invitano alla difesa della sardità soprattutto quando questa non è definita con indicatori adeguati e convincenti. A volte riteniamo, commettendo una grave imprudenza, che la nostra identità isolana sia sufficientemente protetta quando riusciamo a parlare a migliaia di persone che hanno già un orientamento, e dimentichiamo come sarebbe più utile promuovere una formazione culturale a sostegno delle persone meno sicure e perciò più esposte alla lusinghe del clientelismo. Non escludo che una ragione della sconfitta elettorale sia dovuta anche a questa disattenzione.
Naturalmente non bisogna pensare che per ottenere il consenso su valori propri della cultura del movimento operaio sia sufficiente appropriarsi dei mezzi di comunicazione. È preliminare che questi valori siano alimentati e vivano nella società attraverso un lavoro minuzioso finalizzato al cambiamento. Ritengo che su questo terreno abbiamo ancora molto da imparare. E non credo che sia possibile imitando la strategia degli avversari.
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Sappiamo come la crisi del capitalismo faccia da cornice e alimenti questi processi. L’esito delle ultime elezioni ha confermato ancora una volta come la crisi economica favorisca le coalizioni di destra. Le persone che perdono il lavoro e che non hanno alternative non possono accettare soluzioni proiettate nel futuro. Hanno bisogno di risposte immediate, di ammortizzatori sociali o di nuove opportunità lavorative, soprattutto hanno bisogno di una classe dirigente che senta come propri i loro bisogni e si adoperi per dare risposte adeguate. In Sardegna la crisi economica di questi mesi ha avuto effetti pesantissimi perché ha accelerato il processo di smantellamento delle fabbriche superstiti. Da parte della Giunta non c’è stato un impegno adeguato per fronteggiare la crisi, soprattutto è mancata la capacità di promuovere tempestivamente quelle attività indirizzate alla riconversione dell’economia; è apparso più credibile l’intervento del governo e così in molti Comuni dove la crisi è più drammatica il voto ha sancito una netta affermazione della coalizione di centrodestra. Anche questa è una causa importante della sconfitta elettorale che dovrebbe indurre tutti ad un’ analisi più puntuale.
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Continuando l’esame del voto, non si può non parlare del PD e della sinistra. Negli ultimi anni Soru e tutto il Partito Democratico hanno dato vita ad un conflitto permanente. È risultato evidente come la posta in palio di questa contrapposizione fosse il controllo del partito. Quando scattano questi conflitti l’esito è prevedibile e indica una sconfitta per tutti, come poi è successo. La componente emarginata ha tirato i remi in barca e ha fatto ben poco durante la campagna elettorale. Soru e i suoi sostenitori, al contrario, si sono impegnati a fondo. Ma si coglieva nell’impegno di questa componente una forma irragionevole del concetto di delega, il mettersi a disposizione di un leader nella convinzione che possa rappresentare da solo interessi e speranze di una collettività. Questo atteggiamento è la prova tangibile della crisi della democrazia partecipata, certamente la conseguenza nefasta della scelta di chi ha visto nella leggerezza dei partiti uno sbocco alla crisi della prima repubblica; è anche la prova della stanchezza di molti cittadini che si sentono impotenti nell’affrontare e correggere l’arroganza di una classe dirigente inadeguata.
Le formazioni della sinistra hanno interrotto il loro declino, ma la loro crisi permane. Soprattutto permane la tendenza a voler fare ciascuno da sé, proprio quando occorre ritrovare una dimensione diversa per far politica, una dimensione che ponga al primo posto la partecipazione del mondo del lavoro e dei giovani, al fine di evitare qualsiasi deriva autoritaria. Se non si riscoprono l’utilità e l’importanza di questa dimensione continuerà l’impoverimento della vita politica e non si farà alcun passo in avanti nella ricostruzione di quelle reti partecipative necessarie per la tutela della democrazia.

1 Commento a “Riflessioni sul voto”

  1. Andrea Nurcis scrive:

    Dalle pagine di questo sito, qualche mese fa si era portato avanti un dibattito che era riuscito ad avere un forte riscontro sull’opinione pubblica, coinvolgendo migliaia di persone: politici, intellettuali, studenti e lavoratori di vari ambiti. Si trattava del caso del sito archeologico del colle di Tuvixeddu e della richiesta della sua salvaguardia integrale. Dalle recenti notizie pare che il progetto di 270.000 mq di cemento su Tuvixeddu verrà realizzato. Anche se queste sono le solite voci non ancora ufficializzate, visto il nuovo contesto politico della Sardegna strettamente alleato con i signori del cemento, il destino di Tuvixeddu sembra scontato. Cagliari avrà un nuovo moderno quartiere a ridosso di una delle necropoli fenicio puniche più importanti del mondo. La Coimpresa coi suoi edifici residenziali e i suoi interventi nel cosidetto “parco archeologico”: laghetto, strade e aiuole varie di contorno alle tombe puniche, daranno finalmente un grande valore a questo patrimonio storico che da millenni attendeva il progetto del signor Cualbu. Inoltre chi avrà il privilegio di abitare in quel nuovo e moderno contesto urbano potrà anche godere dello skyline dell’altro quartiere che sta sorgendo davanti al colle di Tuvixeddu, sulle rive dello stagno di Santa Gilla; il quartiere “i Fenicotteri” con grattacieli in stile “Seul” dell’imprenditore Zuncheddu. Comunque sia credo che importante continuare a discutere su questi temi e pensare a delle forme di lotta e di denuncia.

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