Leggi di compensazione

1 Settembre 2007

Sandro Roggio

Qualcuno, anche autorevole, si è espresso per dire della giustezza del principio alla base della cosiddetta tassa sul lusso, nonostante la nota disparità di trattamento tra residenti e non residenti con tutte le implicazioni di carattere costituzionale. Questa differenza, su cui mi voglio soffermare è un po’ meno trascurabile e grossolana di come in qualche caso è stata presentata, non solo riducibile – qui e ora – al senso dell’ appartenenza (“sangue e terra”). Perché allude ad argomenti rilevanti connessi all’uso del territorio ( la questione ambientale non è una cosuccia da mettere nell’angolo) con ricadute su chi abita e abiterà questo o quel luogo di Sardegna – non un villaggiovacanze – pensando di lasciarla quella costa o quella campagna in eredità alle generazioni future. La solidarietà ecologica e generazionale varrà poco rispetto ai primi dettati costituzionali, ma è un bel modo di pensare e sostenerlo magari è pure di sinistra. E quindi provvedimenti locali che aiutino quest’idea – anche con imposizioni fiscali – non possono essere confusi con misure razziste mirate a impedire migrazioni e a limitare l’uso di servizi per tutelare i nativi. D’altra parte leggi regionali, frutto di poteri trasferiti in altre materie, potrebbero provocare, già producono effetti dispari. Perché tutte le leggi – non solo quelle in materia fiscale – possono essere buone o cattive.
Il modello dello sviluppo locale autosostenibile deve essere sostenuto; e perché non resti una teoria ha bisogno di risorse per avviarlo e per compensare i danni (conosco l’obiezione: i guasti li hanno provocati anche i sardi, è vero, ma quelli che verranno non hanno le colpe dei progenitori).
L’altro modello, dilagante direi, è quello della frammentazione metropolitana, che non è una cosa buona. Ecco, la metropoli turistica diffusa, che ci riguarda, è stata alimentata in questi anni da scelte urbanistiche sbagliate e secondo la formula denaro-merce-denaro di cui si è detto parlando dei famigerati immobiliaristi.
C’è la circostanza dei paesaggi sardi spremuti per fare plusvalenze impressionanti (una casa di rango può spuntare un prezzo 30 volte il costo di costruzione); attenzione: quegli immobili valgono decine di milioni di euro perché stanno in luoghi unici e non c’entra nulla l’abilità d’impresa.
La Sardegna azzarda, anche per questo, l’idea di una compensazione.
La metropoli delle vacanze che connota il paesaggio costiero sardo non è solo debordante, ecodevastante, entropica, dissipativa, omologante, squilibrata, squilibrante, ecc. Questa organizzazione ha costi elevati che, insisto, ricadono sulle comunità locali. Il Piano paesaggistico della Regione impedisce la crescita di questi fenomeni abnormi in futuro, ma perché il passato non corroda il presente, chi usa la Sardegna in modo intermittente deve contribuire nei prossimi anni a pagare gli scompensi di questo modello.
I costi, ovviamente socializzati, sono quelli delle infrastrutture, dimensionate per accogliere flussi eccezionali per una trentina di giorni, in funzione a basso regime per gran parte dell’anno. C’è il costo del degrado ambientale che prima o poi occorrerà riparare, anche conseguenza della forza attrattiva delle città costiere e progressiva smobilitazione dei presidi nelle zone interne.
I prezzi delle case nei litorali, cresciuti per l’effetto del mercato turistico, penalizzano quelli che aspirano ad avere la prima casa, piccolina e senza piscina, gli stessi che registrano le impennate dei prezzi dei beni alimentari ovviamente oltre i tempi di apertura dei vari billionaire.
La metropoli turistica impone stili di vita che segnano il corpo sociale alimentando precarietà come quelle dei lavoratori stagionali ( fare i camerieri un paio di mesi all’anno non è una bella prospettiva).
Sono tutte queste cose da aggiustare che fanno vedere necessario il provvedimento.
D’altronde chi di delicate cose costituzionali sa poco, si pone domande riguardo a franchigie già concesse ai residenti – ne ha scritto Pierluigi Sullo sul manifesto – molto simili nella sostanza a dispense da imposizioni fiscali. Non si capisce perché non desti scandalo la sovrattassa che paga un istranzo per andare e venire dall’isola, il quale magari ci viene per motivi di lavoro o di studio (perché un continentale che viene a Time in Jazz deve pagare sullo stesso aereo il doppio di un sardo che va al Festival di Mantova?).
E perché quelli che “ la tassa sul lusso colpisce il turismo” non dicono di questo diverso costo che non incentiva di certo i viaggi verso l’isola?
Peraltro il governo di Roma, mentre contesta la tassa sarda, avanza ipotesi che fanno pensare. In particolare colpisce l’annuncio recente del ministro Rutelli a margine della discussione sulla progettata autostrada Tirrenica Civitavecchia-Grosseto. Su Repubblica del 5 agosto scorso, in cronaca di Firenze, un ampio resoconto del dibattito sui danni al paesaggio che verrebbero da quella infrastruttura. Ed ecco la proposta di Rutelli: “un’autostrada leggera con barriere a pagamento al posto degli svincoli”, per agevolare il traffico locale per consentire ai residenti di “viaggiare gratis”. Il sottosegretario Marcucci precisa, nell’ottica della compensazione del danno, che per gli aspetti tecnici “spetterà alla Regione decidere in via definitiva i meccanismi che permettano di alleggerire i pedaggi per chi abita e lavora in zona”. Cioè “sangue e terra” di Maremma varrebbero per ammettere, basta fare due conti, notevoli risparmi agli automobilisti locali.
Non sarà che c’è qualche contraddizione di cui dovremmo parlare meglio?

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