A Roma il 25 ottobre

1 Novembre 2014
Honore_Daumier_The_Uprising
Nicola Imbimbo

La decisione della CGIL di tenere una manifestazione nazionale era ampiamente fondata anche se tardiva e non adeguata. Lo conferma l’ipotesi di sciopero generale ora prospettata dalla stessa Camusso.
Una manifestazione contro le scelte di Renzi e dei governi che si sono succeduti, almeno a partire da Berlusconi, in tema di (non) politica di sviluppo, di politica economica , di politiche per e del lavoro. Scelte politiche caratterizzate da attacchi ai diritti e alla dignità delle persone (lavoratori e non), e che non hanno minimamente avviato la soluzione della crisi: dal ristagno economico alla disoccupazione all’impoverimento delle famiglie.
Una conferma non irrilevante della gravissima situazione che si vive in Italia, o più precisamente che vive la la maggioranza delle famiglie a fronte dei poche ricchi che diventano sempre più ricchi, è venuta a poche ore di distanza da quella manifestazione, dalle cifre rese note dall’annuale rapporto SVIMEZ sulla situazione del mezzogiorno.
Le regioni del sud e delle isole cui la SVIMEZ fa riferimento, rappresentano un specchio non secondario della grave situazione di stagnazione e recessione che da molti anni vive l’Italia.
Il Manifesto Sardo è andato a Roma non solo per raccontare da vicino la presenza dei sardi all’avvenimento, ma per sottolineare e segnalare nel suo piccolo, l’urgenza di una riscossa a livello regionale e nazionale contro la deriva non solo economica ma anche culturale e politica che sta vivendo l’Italia.
La barra sempre più verso destra ( non sarà certo il pericoloso giovanotto a capo del governo a certificare la morte della differenza tra destra e sinistra) anche di quello che avrebbe dovuto ereditare la tradizione e il valore della sinistra italiana e che è in mano ai peggiori eredi dei De Mita, Fanfani e altri che pure per spessore politico, culturale e dignità morale si collocavano su un piano più elevato degli attuali e spocchiosi loro eredi ( vedi per ultimo la Picierno e i suoi argomenti da ballatoio contro la CGIL e la grande prova di forza che dato a Roma).
I sardi c’erano, erano tanti e certificabili: 1300 da Cagliari (con una nave speciale),349 da Sassari e poi da Carbonia, da Nuoro Olbia Oristanese e da tutti gli altri territori della Sardegna.
C’erano e si son fatti sentire e vedere. I più sono arrivati a Roma Ostiense verso le nove. Per l’enorme afflusso di gente da tutte le regioni,si sono potuti muovere solo poco prima di mezzogiorno, penultimi nel corteo che da lì si è mosso (l’altro è partito dalla stazione Termini) dopo i toscani e prima delle Marche.
Molti giovani, anche ragazze, e tutte le categorie di lavoratori. Dagli edili ai metalmeccanici ai chimici ai trasporti alla funzione pubblica e ai pensionati.
Enormi palloncini gonfiati con impressa la bandiera dei quattro mori segnalavano l’inizio della delegazione sarda nel corteo: gli operai del Sulcis ritmando con l’ormai classico battito dei caschi di protezione; slogan contro il governo e in particolare contro Renzi “invitato” ripetutamene ad andare a “cagai” e “siam venuti sino a qui per mandare a ‘ffa …il piddì”.
Dopo circa tre ore di rumorosa e persino festosa attesa, il corteo si è mosso accompagnato oltre che dagli slogan, da musica tipica di launeddas fisarmonica e percussioni . Il corteo è arrivato a San Giovanni verso l’una e nonostante la piazza fosse già gremita si è spontaneamente aperto un varco che ha consentito l’ingresso in piazza per una certa popolarità raggiunta (loro malgrado) dai sardi per le (rumorose) manifestazioni che cassintegrati e licenziati vittime della disfatta industriale della Sardegna sono ricorrentemente costretti a fare nella capitale.
Una trasferta faticosa con due notti di navigazione e molte ore di pullman e treno e, checché ne pensi la studiosa del “De Mita pensiero” la ricordata Picierno, pagata con i sodi che lavoratori e pensionati versano volontariamente al “loro” sindacato.
Una trasferta che è una buona premessa per più forti iniziative di lotta, sino allo sciopero generale, che dovranno indurre il governo a tenere conto delle sacrosante istanze che il sindacato porta avanti nell’interesse di chi il lavoro già blo ha è intende mantenerlo, per creare nuova occupazione per difendere e e rendere più sicuri e forti diritti democrazia dignità .
Si tratta di valori fondativi della nostra Italia e che non è esagerato vedere a rischio se la “musica” non cambia.

*Immagine: Honore Daumier – The Uprising

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