Scala Mercalli

16 Aprile 2009

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Marcello Madau

Questa volta il terremoto, purtroppo, non è solo una metafora. Ha distrutto città, centri e paesaggi di una regione come l’Abruzzo che tanta parte ha nella formazione della nostra storia. In questi mesi turbinosi, movimentati da gravi tensioni istituzionali e telluriche, gli eventi si susseguono con la velocità tipica della contemporaneità, a volte soggettiva altre volte casuale, comunque elevata. L’esposizione mediatica permanente e la scelta di mostrarsi costantemente come in una campagna elettorale perenne (di fatto lo è) obbliga le notizie a rincorse continue; e rende piuttosto complicato eppure irrinunciabile rallentare, se non gli eventi, l’osservazione al fine di proporre quadri di sintesi per una riflessione ed una comprensione se possibile non rituali.
Da Cagliari all’Abruzzo passando per Roma, potremmo dire. Ovvero, come collegare e risolvere positivamente, leggendone i processi contradditori e assai dinamici, le difficili problematiche in atto? Il tragitto prima indicato enfatizza e ci richiede di mettere a fuoco, assieme alla salvezza delle vite umane, almeno tre essenziali problemi: proteggere e conservare i luoghi urbani dai terremoti speculativi, salvaguardare quelli istituzionali della tutela dai terremoti costituzionali, mettere in sicurezza i centri abitati e il territorio. Icona del primo caso la necropoli di Tuvixeddu, del secondo l’assegnazione alla Protezione Civile della gestione delle Soprintendenze Archeologiche di Roma e di Ostia, del terzo infine i danni ale vite e al patrimonio culturale dell’Abruzzo. Per reperire una possibile soluzione ad un enigma dalle diverse possibilità (alcune da evitare, come ad esempio acquisire Tuvixeddu e farla gestire da Bertolaso, oppure chiedere a Resca di vendere hamburger con l’effigie del guerriero di Capestrano per finanziare il recupero dei siti archeologici abruzzesi. E qualcuno lo proporrà per il G8), dovrebbe guidarci il concetto dei beni comuni, il senso di appartenenza ed il diritto a percepirli per noi e per le generazioni future; il rispetto del lavoro competente sugli stessi, che non può mai essere sostituito, ma solo supportato, dalle politiche di emergenza.
C’è una maniera di vivere i luoghi urbani, di partecipare attivamente e costruttivamente alla città percependone la bellezza, la storicità e il pregio che non deve essere perduta, che curiosamente proprio ora, in questo momento di grave difficoltà, potrebbe riaffermarsi anche in maniera trasversale se il coraggio di provarci venisse percepito come necessità.
Se potessimo fermarci a pensare, a rallentare e soppesare il tempo per la riflessione, per cogliere che unire, in una pratica comune le differenti posizioni ha senso soltanto se esalta obiettivi e valori umani e non mercantili, senza nascondere quelli negativi con la coltre spessa e falsa del populismo bipartisan.
I cittadini di L’Aquila hanno diritto a ritrovare, pur nelle inevitabili perdite, la sostanza dei loro ritmi ed i beni comuni della città di sempre recuperata, ben prima di un ventipercento aggiuntivo o di un ‘Aquila2’;  in quel posto magnifico che ha la profonda prospettiva innevata, aspra eppure così familiare, di quel Sasso gigantesco.
I cittadini di Cagliari potrebbero riavere un luogo amato, sottratto all’abbandono decennale, per chi non lo ricordasse, del degrado e delle siringhe, e a quello speculare dell’assalto del cemento, facendone un bellissimo punto di forza mediterraneo, come è nelle sue possibilità e vocazione. Per Tuvixeddu si sta tornando a parlare di acquisto dell’area. Se ci si lamenta che non erano vere le notizie delle passate trattative con Cualbu, perché non riprenderle? Le hanno indicate, da molti mesi, persino quegli estremisti del Manifesto Sardo assieme agli amici di Eddyburg e del Cagliari Social Forum, dopo una lunga battaglia per la difesa integrale di Tuvixeddu con migliaia di firme inviate da tutta Italia e da tante prestigiose figure delle Università e delle Soprintendenze italiane. La persegue, con ostinazione ammirevole, la coerenza del Gruppo di Intervento Giuridico-Amici della Terra.
Abbiamo denunciato gli errori di conduzione della battaglia di Renato Soru, criticato severamente la visione elitaria e senza pubblica evidenza e consultazione per le sorti dell’area, pratiche essenziali di democrazia che non possono essere sostituite dal valore di un singolo prestigioso nome. La trattativa è possibile soluzione reale e matura in direzione del bene comune, della salvaguardia del magnifico colle. Per questo salutiamo con favore ogni nuovo tentativo in proposito per acquisire alla ‘mano pubblica’ Tuvixeddu e sottrarlo all’assedio edificatore. Se è necessario, come direbbe Berlusconi, anche con i soldi di Obama (tanto lui non ne destina, e anzi ai beni culturali ne toglie), garantendo nel contempo che i diritti costruttivi maturati per Cualbu vengano esercitati, ma da un’altra parte.
Cosa unisce il colle di Tuvixeddu al centro storico di L’Aquila? Alcune cose: la rovina di un territorio, anche quando è sottoposto a gravi vicende naturali, si accompagna sempre alla speculazione. E le architetture antiche hanno resistito meglio, nonostante tutto, di quelle contemporanee.
La lezione che se ne dovrebbe ricavare è che i luoghi storici che marcano identità, senso di appartenenza e qualità della vita, vanno valorizzati conservandoli al meglio, esaltandone in ciò la differenza e il senso della memoria, trasmettendoli senza esitazioni e con lungimiranza ai nostri figli.

1 Commento a “Scala Mercalli”

  1. Mauro Medas scrive:

    terremoto, frastuono interiore.scuote la coscienza forse ? ma di chi ? abbiamo un terremoto al giorno ormai.. la borsa, la sanita’, i profughi,la crisi globale,l’ignoranza,la dimenticanza…etc.etc. troppi terremoti ;ma quale’ quello che fa’ piu’ male? La fenice risorge dalle ceneri e muore un’altra volta.. siamo terremotati cronici qesta e’ la verita’,moriamo e rinasciamo con gli stessi problemi, se su Marte c’e la vita io ci vado. the day after,..la mia e’ una provocazione

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