Scuola e potere

16 Maggio 2009

06.jpg
Valeria Piasentà

“L’indipendenza dell’istruzione fa parte dei diritti della specie umana” (Jean-Antoine- Nicolas de Caritat, marchese di Condorcet. Rapporto sull’Istruzione Pubblica. Parigi 1792) I tagli finanziari alla scuola hanno sollevato le protestedi chi nella scuola vive. Ma quelle voci per i governanti non hanno lo stesso valore della voce ecclesiastica; del resto, da un ministro (Brunetta) che dice: “Gli studenti dell’Onda vanno trattati come guerriglieri” non ci si può aspettare capacità d’ascolto. Un documento di Confindustria del 1999,”Scuola libera! Appunti per la nascita di un movimento”, conteneva già il programma di governo sull’istruzione: “lo Stato finanzi ma non gestisca l’istruzione di tutti i cittadini…si affermi una pluralità di offerte e istituti formativi, statali e non…si giunga all’abolizione del valore legale del titolo di studio…l’impresa deve trovare proficuo e vantaggioso investire nella scuola”1. In ottobre, Berlusconi ha dichiarato che occorreva apportare modifiche alla Finanziaria nella distribuzione delle risorse fra scuola pubblica e privata. Così, senza tener conto della Corte Costituzionale che nel 2008 ha giudicato illegittimi i finanziamenti dello Stato alla scuola privata, sono stati ripristinati 120 milioni sui 133 tagliati; restano invariati i tagli all’occupazione e ai finanziamenti delle statali, e la possibilità di privatizzare le università trasformandole in Fondazioni, come già accade per i Conservatori e le Accademie di Belle Arti. Ma non basta: il 6 maggio sono state presentate in Parlamento due mozioni (di UDC e PdL con Lega e Movimento per l’autonomia) per incrementarne le risorse, in quanto occorre “realizzare interventi volti a facilitare e promuovere le condizioni per l’effettiva libertà di scelta educativa delle famiglie fra scuole statali e paritarie”2. Malgrado i dati Ocse-Pisa 2007 che certificano la scuola privata Italiana come la peggiore d’Europa e fra le ultime del mondo. Considerando che la quasi totalità delle scuole paritarie sono gestite da ecclesiastici e la scuola statale dallo Stato, occorre domandarsi se i nostri parlamentari e ministri sanno di lavorare per lo Stato italiano o credono di appartenere a un altro Stato: quello del Vaticano. L’ostilità della Chiesa verso la scuola pubblica è antica. L’istruzione è stata storicamente gestita dalla Chiesa, dalla Controriforma al Settecento la Compagnia di Gesù aveva il monopolio sull’educazione dei figli maschi delle élite. Per le figlie il convento costituiva una alternativa al matrimonio combinato al fine di creare alleanze; in convento potevano dedicarsi alla letteratura o alla musica, occuparsi di artigianato o fare politica, e non rischiavano la vita a ogni parto. Ma solo se entravano con una dote, alle povere restava il duro lavoro servile. Le prime riforme si ebbero da re illuminati, nel Regno di Sardegna e in quello di Napoli, poi il governo napoleonico istituì i Licei. Con l’Unità d’Italia lo scontro si riaprì, in un clima di conflittualità permanente ancora attuale. La parte più conservatrice del mondo cattolico – definita ’intransigente’ – mirava a rovesciare lo Stato unitario colpendo l’istruzione pubblica e obbligatoria, i gesuiti occupavano un posto di rilievo in questo movimento. L’abate torinese Gioberti, a metà Ottocento, accusa l’atteggiamento dei suoi ”uomini ignoranti, i quali credono che lo spegnere il lume della ragione sia il miglior spediente per accendere quello della fede; di fanatici…d’ipocriti…di una folla d’ingegni mediocrissimi o nulli, buoni a far numero”; si scaglia contro la loro pretesa di monopolio sull’istruzione, la censura dei libri e l’asservimento della stampa che mutando la fede in superstizione e mantenendo gli intellettuali nell’ignoranza servile, incrementa la povertà e la dissolutezza, il fanatismo e la barbarie; sostiene che per salvare il Paese occorre “estirpare la canaglia“3. Il Primo Congresso Cattolico Italiano (Venezia 1874) si organizzò contro l’insegnamento obbligatorio considerato avverso ai diritti della patria podestà e alla “libertà d’insegnamento”. Queste le motivazioni, dalla rivista dei gesuiti Civiltà Cattolica del 1872: “la legge dell’istruzione primaria obbligatoria, quale uscirà dalla fucina parlamentare, sarà di grande aiuto al Socialismo. Finora gli scritti socialisti sono stati diffusi solo nelle città, ma fate che, estesa a tutti l’istruzione primaria senza religione e senza Dio, quelle massime, sì facili ad entrare nell’animo delle classi infime, sieno lette da tutti epoi vedrete”4.La Chiesa e la nobiltà latifondista tendevano al mantenimento dello status quo lasciando il popolo nell’ignoranza, nel 1860 l’Italia contava il 53% di analfabeti nel nord e l’87% al sud. Oggi: l’Italia ha il minor numero di laureati in Europa e per il 91% provengono da famiglie colte. Nel 1951 era laureato l’1% della popolazione, nel 2001 il 7,1; diplomato il 3,3 nel 2001 il 26,2; con licenza media il 5,9 nel 2001 il 30,1.5. Forse troppi, per chi ci governa? Il controllo sull’educazione è considerato fondamentale dalle classi dominanti, in quanto funzionale alla costruzione del consenso e all’immobilismo sociale. Ma quale “libertà di scelta educativa”! non c’è alcuna nobile idealità dietro le azioni dei nostri governanti, della Chiesa e di Confindustria: è solo una questione di potere, ieri come oggi. In www.rifondazione.it trovate il calendario del contro G8 sull’università, previsto a Torino dal 17 al 19 maggio.

1. Documenti di Confindustria 1999 – 2. la Repubblica 13.5.2009 -3. 4. Giorgio Candeloro Il movimento cattolico in Italia Rinascita Roma 1953 p. 58 seg., pag.148 seg. – 5. ISTAT Italia in cifre 2009 -11.5.2009 www.istat.it

Scrivi un commento


Ciascun commento potrà avere una lunghezza massima di 1500 battute.
Non sono ammessi commenti consecutivi.


caratteri disponibili

----------------------------------------------------------------------------------------
ALTRI ARTICOLI