Settembre 1943

16 Settembre 2013
Graziano Pintori
La storia narra che settant’anni fa l’Italia, clandestinamente, si alleò con gli americani rompendo l’infame patto con i nazisti: una “cornificazione” che mise allo sbando l’Italia civile e quasi due milioni di militari, sparsi in patria e in altri fronti di guerra europei. L’armistizio fu annunciato da radio Algeri l’otto settembre 1943 da un generale americano, mentre i nostri generali, vaghi, senza motivi plausibili, insistevano a procrastinare tale annuncio. Nel frattempo, abbandonando teatro e burattini, i reali si diedero alla fuga verso il meridione sgombro dalla presenza nazista, ufficialmente per fondare il regno del sud e dare continuità a loro stessi, in buona sostanza fuggirono per salvare la pellaccia. Il generale con il pigiama, tale Pietro Badoglio, accortosi di non avere altre scelte replicò quanto il generale americano aveva annunciato da radio Algeri, però, il nostro stratega militare, non si preoccupò minimamente di impartire nuove istruzioni ai comandi militari e tanto meno alle truppe causando, su tutti i fronti, lo sbandamento generale, compreso quello del popolo italiano da Roma alle Alpi. In quei frangenti l’ira tedesca iniziò a montare contro tutti i civili e militari considerati traditori e imbelli, infatti, proprio i militari nell’isola greca di Cefalonia pagarono, con novemila vittime, una sanguinosa e crudele rappresaglia scatenata dall’odio nazista. Il coraggio e l’indole degli italiani non tardarono a farsi conoscere, infatti, furono in tanti a insorgere contro l’occupazione tedesca: Napoli fu fra le prime a liberarsi con l’insurrezione popolare, mentre a Roma nacquero le prime formazioni partigiane che diedero  inizio alla lotta di Liberazione, con lo scopo di respingere gli invasori nazisti e annullare i sodali fascisti della Repubblica di Salò. Furono molti i partigiani che mostrarono la loro grandezza perché convinti che l’Italia non poteva essere tradita ulteriormente, perciò impugnarono le armi e il 25 aprile 1945 una nuova Italia pose fine alla guerra disastrosa, pose fine alla dittatura fascista, mise le basi alla Costituzione per restituire leggi e diritti al popolo sovrano. Così dalle macerie della seconda guerra mondiale nacque una nuova speranza. Tra i principi fondamentali della Costituzione il lavoro e la pace sono fra i più importanti sostegni democratici della Repubblica Italiana. Art. 1: “l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro…”; art. 11: “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Oggi, dopo settant’anni, constatiamo che questi articoli, per certi versi, sono “cartastraccia”, perché traditi da chi ritiene che la Costituzione  non sia più da considerare una risorsa di democrazia, libertà e diritti. Il primo articolo è stato tradito perché gli interessi globali della finanza e dei finanzieri, dei mercati e dei mercanti scaricano sui lavoratori, sulle famiglie, sui giovani gli effetti dei loro traffici, delle loro guerre connesse al capitalismo sempre più feroce, sempre pronto a divorare i pesci più piccoli. Il tradimento dell’articolo11 lo constatiamo quotidianamente dall’informazione martellante tesa a convincere tutti, o quasi, che ci possono essere guerre giuste, necessarie come quelle  camuffate dalle missioni di pace, seppure fornite di armi incredibilmente letali.
Sono passati settant’anni da quando gli italiani sentirono il dovere morale di impugnare le armi contro la dittatura nazifascista. Oggi è sotto gli occhi di tutti che la guerra irrazionale non ha avuto soluzione di continuità, la sua regionalizzazione continua a seminare vittime innocenti, sempre le numerose e stesse categorie: donne, bambini, malati e anziani. Vittime esclusive di un massacro globale. Oggi anche la chiesa alza la voce contro il genocidio da guerra e condanna il mercato delle armi, sporco di sangue. Gli stermini di popoli, di etnie che intralciano gli interessi economici che prolificano dallo sfruttamento delle risorse energetiche non fanno più notizia. Il mondo è costretto a convivere con la paura, nella precarietà, nell’incertezza del futuro.
Dopo settant’anni i valori morali che spinsero tutti i partigiani verso la Liberazione sarà il caso che siano di nuovo al centro dell’attenzione  politica e della democrazia, per attingere esempio e forza in difesa della vita, della pace e del lavoro.

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