Siamo tutti (grandi) fratelli

5 Novembre 2009

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Marcello Madau

Non siamo un paese normale. La censura europea per il crocifisso nelle scuole di Stato italiane ha suscitato un vespaio bipartisan. Ci sono probabilmente emergenze sociali e politiche ben più gravi di un crocifisso in un’aula didattica pubblica. Eppure il dibattito – quasi a confermare il vecchio detto marxista della religione come oppio dei popoli – si accende dopo la sentenza a Strasburgo della Corte Europea dei Diritti dell’uomo, che sembra davvero dare la stura – certo al di là di quanto avrebbero potuto immaginare i componenti della Corte – agli umori più retrivi della nostra cultura. La questione probabilmente è meno secondaria di quanto appare per gli interessi convolti!
La reazione dello Stato di Città del Vaticano e del centro destra poco sorprende: non ha nulla da invidiare, per modernità di pensiero, ad altri integralismi. Magari vi è da notare lo smarrimento dell’ispirazione liberale alla quale si dovrebbe richiamare la sua parte laica.
A sinistra il quadro è articolato, con gradazioni progressivamente meno radicali che vanno da quella di Ferrero (sostiene, da comunista e valdese, la sentenza) a quella di Vendola (si augura che non partano anatemi reciproci…!), sino al segretario del PD Bersani. Quest’ultimo ha detto che tutto sommato il Crocifisso (la blasfemia è sicuramente involontaria, ed anche per questo irresistibile) è un simbolo inoffensivo: un giudizio superficiale e preoccupante. Ancora di più se la sua motivazione sta nell’evitare, dopo l’uscita di Rutelli, quella di Fioroni e Binetti (con relativo target elettorale).
Nessuna persona di minime, ma solide idee laiche e democratiche, dovrebbe eccepire sul fatto che la formalizzazione pubblica nelle scuole di un simbolo di una sola religione fra le tante possibili (e non importa che essa sia prevalente) sia una violazione evidente della libertà di scelta e di coscienza. Che l’immagine drammatica del (povero) Cristo sulla croce sia un’iconografia di morte e sacrificio di natura arcaica, olocausto di sangue, poi sublimatosi in sacrificio di sostituzione. Non senza traumi, come è noto, per i bambini.
Bersani si è mostrato subito figlio della tradizione, evidentemente non dimenticata, del compromesso storico. La stessa che ha favorito, anche nei più recenti governi di centrosinistra, un rinnovato potere privato cattolico nella scuola pubblica italiana. L’integralismo di cui spesso accusiamo “gli altri” dispone da noi di strumenti più raffinati, capaci di eludere le stesse sentenze, come appare nell’operato di Maria Stella Gelmini sull’ora di religione. Nel nostro governo esso si accompagna con esponenti e misure profondamente razziste.
Mi domando se sia davvero un caso, o non piuttosto il frutto avvelenato di un quadro più ampio, che in Italia nasca, a difesa della razza bianca e cristiana, una sezione del Ku Klux Klan.

3 Commenti a “Siamo tutti (grandi) fratelli”

  1. Gianni Loy scrive:

    Il crocifisso appeso alla parete di una scuola, di per sè, non mi disturba, potrebbe anche non offendere i credenti di altri Dei.
    Ma da giurista, dopo aver letto con attenzione le motivazioni, trovo la sentenza ineceppibile e la linea di difesa dello Stato italiano balbettante, sin quasi a rinnegare il valore religioso del simbolo pur di poter continuare ad esporlo. Come San Pietro che rinnegò tre volte Gesù prima che il gallo cantasse, molti cattolici rinnegano il valore di quel simbolo fondante del cristianesimo per ridurlo ad un fatto – inoffensivo – di cultura e tradizione.
    Provo pena.
    Ma c’è anche il punto di vista del credente. Il mio amico prete, l’altro giorno, mi ha confessato di non avere il crocifisso appeso alla parete della stanza e di non sentire alcuna necessità di tale esibizione. Povero Cristo, costretto a vedere da quella parete pestaggi, stupri, volgarità, a seconda dei casi. Perchè anche tra insegnanti, secondini, poliziotti, etc, ci sono le mele marce che non voltano il crocifisso verso il muro quando “peccano”.
    Semmai, mi faceva osservare l’amico prete, occorrerebbe estendere il divieto di esibire la croce di Cristo che compare, a sproposito, a decoro delle catene d’oro di papponi o tra le tette di prostitute, messo lì come il prezzemolo in tante situazioni ambigue o volgari, senza rendersi conto del suo significato. Non nominare il nome di Dio invano, stava scritto. E neppure esporre invano – aggiungerei – la croce del sacrificio di Cristo.

  2. Gianfranco Maddoli scrive:

    Non condivido lo spirito di laicismo radicale che ispira il vostro commento alla vicenda del crocifisso nelle scuole. Che il crocifisso non debba essere apposto in nome di una sia pur non più ufficiale “religione di Stato” è ovvio e va ribadito con forza; che esso rappresenti “l’immagine drammatica un’iconografia di morte e sacrificio di natura arcaica, olocausto di sangue, poi sublimatosi in sacrificio di sostituzione” potrà pur essere una tesi antropologica, ma altrettanto si può affermare che esso rappresenta l’emblema di quanti – e sono tantissimi! – oggi nel mondo subiscono ingiustamente violenze di ogni tipo da parte del potere costituito. Un insegnante che non sia animato da radicalismo laicista non avrà certo difficoltà a far cogliere questo significato, indipendentemente dalle chiese cristiane che lo hanno per emblema. Ho avuto tre figli e nessuno di loro, come nessuno dei bambini che ho conosciuto, ha mai vissuto come un trauma la presenza del crocifisso alle pareti, essendo stato loro spiegato il suo significato (e per spiegarlo correttamente non è necessario essere un cattolico). Che poi in classi con bambini di diversa estrazione culturale possa essere esposto anche un altro simbolo lo trovo del tutto naturale: sarà solo un incentivo ulteriore alla conoscenza delle diverse esperienze religiose. A meno di non considerare ancora la religione (sia pur con giustificate ragioni di fronte ad alcuni fenomeni tuttora presenti) l'”oppio dei popoli”.

  3. Cristina Ronzitti scrive:

    Non ho fatto particolari studi storici, pero’ una delle cose che ho imparato al liceo e’ che ” la storia insegna”e che purtroppo,a causa della memoria fallace dell’uomo, ha il brutto vizio di ripetersi.Cosi’penso che del patrimonio culturale dei popoli e quindi delle loro radici faccia parte la storia dell’intera umanita’,non solo quel che ho imparato a catechismo, comprese le guerre di religione, le guerre sante, le crociate, il tribunale dell’inquisizione,il fascismo e cosi’ via. I padri delle costituzioni, almeno i nostri padri costituenti l’hanno fatto,di solito tengono conto, nella stesura delle carte fondamentali, delle esperienze fatte nel corso della storia per cercare di evitare che vengano ricommessi certi errori.Sicuramente,penso, più’ di quanto hanno appreso a catechismo. L’attuale maggioranza, dopo aver ignorato gli insegnamenti di Gesu’ (ama il prossimo tuo come te stesso) respingendo i migranti e stipulando accordi con la Libia perche’ i migranti siano imprigionati,per compiacere i cattolici vuole imporre l’esposizione del crocifisso sostenendo la tesi che questo sia il simbolo dell’unita’ degli italiani ( se cosi’ fosse l’italia si sarebbe unificata molto prima) nonche’ l’unica bussola nel caos,quasi che l’uomo,utilizzando i lumi della ragione non sia in grado di compiere scelte più’ equilibrate, per darsi regole per una pacifica convivenza, di quelle che si puo’ dare in una teocrazia .Mi sembra questa una visione molto parziale e ideologizzata, ma probabilmente e’ solo un discorso strumentale alla conquista del consenso.E niente più’.Penso che lo stato non solo non dovrebbe imporre la croce,ma non dovrebbe nemmeno dettare le regole di comportamento del “buon cattolico”.Perche’ la religione e’ una fatto privato personale che non deve essere strumentalizzato per fini elettorali. E la minoranza silenziosa dovrebbe smettere di tacere davanti alla dittatura della maggioranza,

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