Turchia e dintorni. Si perde nella notte dei tempi (prima parte)

1 Aprile 2018
[Emanuela Locci]

Abbiamo tutti assistito alla nuova campagna militare che ha visto contrapposto l’esercito turco alle milizie composte da curdi. Ma questo è solo l’ultimo episodio di una lunghissima serie, come è lunghissima la scia di sangue che ha lasciato dietro di se il conflitto che ha visto lo scontro tra turchi e curdi. Ma come, quando e perché è nata questa contrapposizione, che scuote la Turchia e ne mina la stabilità?

Per rispondere a questa domanda è necessario tornare indietro nel tempo, infatti il conflitto tra i turchi e i “turchi di montagna”, come li aveva chiamati Mustafa Kemal, si perde nella notte dei tempi. In periodo imperiale, i curdi erano una delle minoranze che costituivano la composita società ottomana. Come le altre minoranze essa si interfacciava con il potere centrale in diversi modi: o accettando la sua posizione sottoposta rispetto alla Sublime Porta, o come spesso accadeva cercando di mantenere integro il proprio potere territoriale e politico. I curdi infatti sono sempre stati consapevoli delle differenze tra la loro cultura e lingua, rispetto alla maggioranza turca. La difesa dei loro tratti culturali distintivi è stata spesso alla base delle loro rivendicazioni. Nel periodo pre- repubblica i curdi organizzarono delle rivolte contro il potere imperiale, la prima rivolta scoppiò dopo la morte di Ibrahim Paşa nel 1806, dopo questa ve ne furono altre tre di una qualche importanza storica. Le rivolte finirono con la fine dei principati curdi, che sparirono per venire incontro alla volontà accentratrice ottomana, iniziata con il periodo delle riforme denominate Tanzimat del 1839. Dopo alcuni decenni vediamo i curdi impiegati a favore del potere centrale, infatti, negli anni Novanta dell’Ottocento il governo ottomano arruolò gli uomini di alcune tribù curde per formare delle truppe, chiamate Hamidiye, in chiave anti armena. Nel 1894 alcuni incidenti tra truppe curde e armeni culminarono nel massacro di Sasun. Quindi, in questo periodo i curdi erano strumenti in mano governativa.

Quella che noi conosciamo come questione curda nasce dopo alcuni decenni, e affonda le sue radici in un periodo molto delicato della storia turca: il periodo di transizione intercorso tra impero e repubblica. La stringente volontà dei turchi di creare un’identità nazionale turca, che comprendesse tutti, anche le minoranze, che dovevano integrarsi e turchizzarsi, nella cornice della repubblica di Turchia fu all’origine delle rivolte dei curdi e delle conseguenti repressioni perpetrate dai turchi tra il 1925 e il 1938. In particolare i curdi che in un primo momento avevano accettato la guida di Mustafa Kemal, si ribellarono al suo potere in tre occasioni: nel 1925 con la rivolta guidata da Cheikh Said, quella di Ararat nel 1930, in cui 20.000 curdi furono trasferiti in altre zone della Turchia e quella di Dersim che durò dal 1936 al 1938. Le rivolte avevano tutte lo scopo di non vedere inglobata nella cultura turca quella curda.

Per molti decenni i curdi, che si contano in circa 30 milioni e che vivono prevalentemente nella regione a cavallo tra Turchia, Iraq, Iran e Siria hanno cercato di ottenere la creazione di uno stato sovrano o almeno autonomo, il Kurdistan, ma a oggi il Kurdistan può essere considerato una nazione ma non uno Stato indipendente. Per Kurdistan s’intende l’area di circa 450 mila km2, abitata dalla popolazione di etnia curda, suddivisa tra le quattro nazioni che ospitano le popolazioni curde. La maggior parte del Kurdistan è situata all’interno dei confini della Turchia (230 mila km2).

Molto interessante dal punto di vista storico e sociale il periodo degli anni sessanta e settanta del Novecento in cui si assiste alla rinascita della questione curda, al formarsi di alcune associazioni che propongono come primaria il ritorno alla coscienza popolare curda, che era stata a lungo soffocata anche a causa delle precarie condizioni economiche delle regioni abitate dai curdi. Gli anni settanti videro una nuova ondata di violenze e repressioni nei confronti dei curdi, anche in considerazione della situazione politica generale in cui versava la Turchia, reduce dall’ennesimo colpo di stato portato avanti dai militari.

Oltre quella storica politica, ci potrebbe essere anche un’altra chiave di lettura del conflitto curdo-turco, di natura economica. Infatti, se il Kurdistan fosse riconosciuto dal punto di vista politico potrebbe essere uno degli stati più ricchi del Medio Oriente, se si considerano le materie prime di cui dispone, dal petrolio alle risorse idriche, (vi nascono il Tigri e l’Eufrate), esso sarebbe in una posizione economica assolutamente preminente nella regione medio orientale. Per quanto riguarda le fonti energetiche, il petrolio in particolare, in Turchia è estratto nell’area di Siirt, Raman, Garzan e Diyarbakir. La parte turca del Kurdistan è ricca di minerali, quali cromo, di cui la Turchia è uno dei maggiori produttori mondiali, ma anche fosfati, ferro, argento, lignite e uranio. Risulta quindi poco probabile che la Turchia intenda fare a meno di queste importanti risorse economiche.

Passando dalla teoria alla storia e alla pratica, bisogna fare una chiara distinzione rispetto a quello che spesso è percepito dall’opinione pubblica internazionale, che è in alcuni casi portata a ritenere che tutti i curdi siano combattenti. Non è così. È innegabile che la maggior parte dei curdi sia completamente estranea alla lotta armata e sia integrata nella società turca. È però altrettanto innegabile che per decenni i curdi subiscono un’ingiustizia: la negazione del diritto all’auto determinazione.

Oggi come in passato, le istanze indipendentiste curde sono vissute dallo Stato turco come una minaccia costante e grave della violazione dell’integrità nazionale.

Come sappiamo, uno dei metodi di lotta è quello armato, la fondazione del braccio armato curdo, costituito da Abdullah Öcalan, risale al 1978 ma la lotta armata vera e propria è iniziata nel 1984. Il sud est della Turchia è interessato al conflitto quasi permanente, interrotto solo da qualche tregua sporadica, da oltre venti anni. Lo scontro è sempre stato molto duro e ha comportato in più di un’occasione la deportazione forzata della popolazione di interi villaggi, con lo scopo di togliere la base popolare e la conseguente protezione ai miliziani curdi. Per molti anni gli abitanti di alcune province come ad esempio Diyarbakir, Siirt, Batman, ecc. hanno vissuto sotto legge marziale.

Ma questo è un passaggio storico che approfondiremo nel prossimo appuntamento con Turchia e dintorni.

[Della stessa autrice leggi anche 1) Turchia e dintorni. La nuova Turchia di Erdoğan, 2) Turchia e dintorni. Vivere lo stato di emergenza3) Turchia e dintorni. Una donna sfida l’egemonia di Erdoğan4) Turchia e dintorni. Osman Kavala il mecenate che disturba Erdoğan5) Turchia e dintorni. Ritratto degli eredi politici di Atatürk 6) Turchia e dintorni. La stretta di Erdoğan sulla libertà di stampa7) Turchia e dintorni. Ridere è peccato: la Turchia e le sue donne8) Turchia e dintorni. Quando il ramo d’ulivo non è un segno di pace 9) Turchia e dintorni. Sentirsi in pericolo10) Turchia e dintorni. La morte dello Stato di diritto 11) Turchia e dintorni. Cose che accadono dentro e fuori la Turchia]

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