Ri-costruzione

16 Maggio 2007

di Marco Ligas

MANIFESTAZIONEOrmai lo ripetono in tanti: la prossima nascita del partito democratico ripropone, con più urgenza che in passato, l’esigenza di un processo di ricomposizione di tutte le forze che non solo non intendono liquidare i valori e le conquiste del movimento operaio, ma vogliono ribadirne, pur attraverso una riflessione severa della sua storia, la validità e l’attualità. Questo processo è sollecitato da quei milioni di cittadini che nel corso di questi anni si sono battuti per bandire le guerre e per realizzare condizioni di lavoro fondate sulla sicurezza e la stabilità; al tempo stesso è imposto dall’arroganza di un sistema capitalistico sempre aggressivo che accentua le disuguaglianze e i conflitti tra le classi sociali. Perché la nuova formazione di sinistra acquisti credibilità e consistenza deve capire sino in fondo qual è il vuoto progressivo che i Ds hanno lasciato nella società italiana. “La sinistra italiana che conosciamo è morta – diceva Pintor nel suo ultimo editoriale – Ha raggiunto un grado di subalternità e soggezione non solo alle politiche della destra ma al suo punto di vista e alla sua mentalità nel quadro internazionale e interno”. E gli effetti di questa disgregazione sono davanti a noi. L’attuale coalizione di centrosinistra rimane lontana dall’ispirazione della costituzione repubblicana: accetta le alleanze negli organismi internazionali in un ruolo di subalternità sottovalutando persino il principio della sovranità nazionale, subisce il primato dell’impresa nei confronti del lavoro, non difende i valori della laicità dello stato.
Tutto ciò richiede una rottura con le pratiche del passato, tempestività ma non fretta nella ricostruzione di una forza alternativa, e soprattutto un approccio diverso nelle relazioni tra le diverse componenti della sinistra. E’ essenziale che tutti coloro che intendono partecipare alla fase costituente di questa formazione lo facciano mettendo da parte, in secondo piano, le appartenenze consolidate nel passato e insieme a esse il convincimento di detenere un primato per meriti pregressi. Nessuno può partire con l’intenzione di assumere gli altri all’interno della propria organizzazione e tutti devono accettare e valorizzare le esperienze altrui se portatrici dei valori di libertà, giustizia e uguaglianza sociale, valori che devono essere non solo dichiarati ma anche praticati.
L’attenzione principale deve essere rivolta verso la società, innanzitutto verso coloro che in modo attivo si sono battuti per la difesa del lavoro, della costituzione e della legalità, troppo spesso messa in pericolo dalla politica aggressiva del centrodestra. Questa parte rilevante della società civile, nonostante abbia contribuito al difficile successo elettorale, oggi si riconosce sempre meno nella politica del governo Prodi. Bisogna ridarle fiducia e questo obiettivo può essere raggiunto soltanto da una sinistra che allontani da sé il sospetto dell’ambiguità e del trasformismo. Al tempo stesso non bisogna tralasciare quei settori del paese che hanno scelto consapevolmente di stare lontano dalla politica perché ritenuta lontana dalle forme della democrazia partecipativa. Sono ancora molti coloro che non votano o comunque non partecipano alle scelte che danno un’impronta all’organizzazione della società. Ci sono i giovani che subiscono la precarietà e quelli che hanno accettato l’illusione dell’arricchimento, conquistati da una pubblicità ingannevole. Tutti questi segmenti della società possono, devono ritrovare un ruolo attivo in un processo di trasformazione che trovi in una sinistra rinnovata un adeguato punto di riferimento.
Questo compito, difficilissimo di per sé, nella nostra Isola lo è ancora di più. Sia dalle formazioni che si richiamano alla sinistra antagonista sia tra coloro che hanno rifiutato la confluenza nel Pd emergono segnali di inadeguatezza, ambiguità e trasformismo. In questi partiti la dialettica sconfina nella litigiosità e l’esigenza di rafforzare il rapporto con i lavoratori è sostituita dalla tendenza alla conservazione dei posti di direzione. Fra i movimenti nati negli ultimi anni è sicuramente presente uno spirito di sinistra, accompagnato da un impegno generoso e militante. Gli stessi movimenti però non avvertono adeguatamente la necessità di porre fine alla frantumazione delle forze, forse perché manca ancora un filo conduttore e una prospettiva unitaria capace di accogliere e praticare le diverse esigenze. Ma questa e non altra è la realtà che abbiamo in Sardegna e anche in questa situazione difficile dobbiamo provarci.

3 Commenti a “Ri-costruzione”

  1. gavino duras scrive:

    Caro marco
    conoscendo la tua lunga e disinteressata esperienza nei movimenti sardi non occorre pensarci
    molto per darti ragione e credere in ciò che affermi. Sarà dura , non solo in Sardegna. Ma occorre riprovarci. D’altronde molte imprese, a prima vista impossibili, riescono. Io sarò tra quelli che vogliono, con te e con molti altri, riprovarci. D’altronde non mi sono mai ritirato a vita privata.Saluti da Sassari.

  2. pierluisa scrive:

    cominciamo a mettere a fuoco ambiti e relative strategie da condividere
    io propongo: sicurezza(le perversioni non si contano più) e scuola(il trasformismo imperversa)

  3. essential scrive:

    Mi piacciono le parole al vento.

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