Un rivolgimento

6 Aprile 2011

Marco Ligas

Bisognava vederli i nostri ministri dopo il voto sul conflitto di attribuzione: alcuni sorridevano, altri si davano pacche sulle spalle, qualche altro esultava. Aver sottratto al tribunale di Milano il processo per concussione e sfruttamento della prostituzione contro il Cavaliere è stato per loro un grande successo. Non gli importa che l’immagine che hanno dato di sé assomiglia a quelle che si vedono nei film che raccontano le imprese di organizzazioni mafiose quando riuniscono i loro delinquenti per la spartizione del bottino. Con un’aggravante: le organizzazioni criminali, per quanto attrezzate o protette, dopo aver commesso i reati cercano di far perdere le tracce, i nostri ministri invece programmano immediatamente le mosse successive della loro attività ormai unidirezionale, nel caso specifico l’approvazione del processo breve e/o quello della riforma epocale della giustizia.
Pensano di legittimare le loro impudenze comunicando gli acquisti di nuovi rappresentanti del popolo: arriveremo a 330, dicono. E con queste manovre trasformano le istituzioni in botteghe e i parlamentari in maggiordomi. Probabilmente stanno andando oltre le stesse aspettative della P2.
Che importanza ha se nel frattempo le acque del mediterraneo sono diventate cimiteri, se affondano imbarcazioni che trasportano centinaia di esseri umani alla ricerca, purtroppo illusoria, di una condizione di vita che li liberi dalla schiavitù? Tutto ciò non ha alcuna importanza. L’unica prospettiva che i nostri governanti offrono è il respingimento, o un compenso ai padroni dell’altra sponda del mediterraneo perché tengano a casa propria i clandestini che pure sono disposti a rischiare una fine orribile.
Mi chiedo se sia possibile fuoriuscire da questa situazione drammatica. Me lo chiedo e mi viene in mente l’ultimo articolo di Luigi Pintor, ‘Senza confini’: “Non ci vuole una svolta ma un rivolgimento. Molto profondo. C’è un’umanità divisa in due, al di sopra o al di sotto delle istituzioni, divisa in due parti inconciliabili nel modo di sentire e di essere ma non ancora di agire. Niente di manicheo ma bisogna segnare un altro confine e stabilire una estraneità riguardo all’altra parte. Destra e sinistra sono formule superficiali e svanite che non segnano questo confine”.
Purtroppo stentiamo a stabilire questa estraneità. Prevale ancora, o di nuovo, il principio del ‘fuori dalle balle’ nei confronti del diverso. Lo registriamo anche in questi giorni quando vediamo che il maggior numero dei senza diritti viene spedito in Sardegna e nell’Italia meridionale. La padania conserva invece la sua nobiltà, non deve contaminarsi: è il compenso per il sostegno offerto ai frequentatori di Arcore.
Noi sardi dobbiamo accogliere questi immigrati, non facciamo distinzioni tra rifugiati e clandestini e lasciamo questa classificazione a chi fa della sopraffazione del più debole il proprio stile di vita.

1 Commento a “Un rivolgimento”

  1. Maurizio Lazzerini scrive:

    Sono insegnante a Lodi ed essendo a contatto quotidiano con i giovani ho netta sensazione è chel ‘opinione fra di essi corrente è che la marea nera non debba rubare il loro futuro e il loro spazio vitale già compromesso dalla disoccupazione e dalla limitazione delle risorse e dalla criminalità nostrana. La confusione la paura e l’ignoranza fanno da vero confine fra una generica solidarietà e la chiusura contro l’estraneo invasore. Ho anche la sensazione che una didattica limitata al nozionismo e non al dialogo ed al confronto(che non c’è a nessun livello nel concreto quotidiano della vita scolastica) possa ingigantire questa tendenza.

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