Una vittoria dimezzata

1 Marzo 2014
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Graziano Pintori

Non si può esultare per la vittoria elettorale del Centrosinistra in Sardegna perchè si tratta di una vittoria monca, giacché il presidente ha vinto grazie alle preferenze segnate sul suo nome dalla metà della metà dei sardi aventi diritto di voto, mentre invece la coalizione che lo sosteneva ha preso meno voti della coalizione avversaria del Centrodestra. Vittoria monca perché il farraginoso e inadeguato sistema elettorale sardo non ha dato valore sia ai settantamila elettori che hanno scelto la coalizione di Michela Murgia, sia alla coalizione guidata da Mauro Pili. A parte questa aberrazione bipolarista, ciò che mi preme sottolineare è che un sardo su due ha preferito il silenzio per denunciare civilmente il fallimento della politica, nonostante i rumorosi 1500 candidati che hanno voluto rappresentarla con gigantografie, santini, curriculum, pranzi, buffet, cene, strette di mano, pacche sulle spalle, ostentati sorrisi e saluti e molti invadenti messaggini, twitter e facebook. In questo modo gli aspiranti onorevoli hanno accentuato le distanze politiche dalla maggioranza degli elettori, cioè dalle famiglie e dai giovani cittadini che trascinano il peso del fallimento della politica, quella incisa sulla pelle di decine di migliaia di disoccupati, di poveri, di cassintegrati ecc.. Il risultato di questa tornata elettorale deve far riflettere tutti, vincitori e vinti devono convincersi che alla base di tanta indifferenza nei confronti della politica c’è la stessa indifferenza che la politica ha dimostrato nei confronti della quotidiana sofferenza della gente/elettori. Se il termine indifferenza non è sufficiente per giustificare il fallimento della politica allora parliamo d’incapacità e disonestà, ovverossia due modi per alterare la fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni, volutamente adattate ai luoghi in cui si favoriscono le furbizie e le furberie per trarre vantaggi personali. I risultati sono lo scempio delle rappresentanze, sono le varie politiche personalizzate che inevitabilmente oscurano la democrazia, allontanano il popolo dalle istituzioni e dalla partecipazione al voto. Su questo fronte non c’è alibi che possa reggere, nemmeno citando i peggiori sistemi elettorali.
In particolare, per quanto concerne gli effetti della cecità politica nei confronti delle attese dei cittadini, vorrei soffermarmi sul voto che ha caratterizzato Teulada, dove solo il 17,28% degli aventi diritto si sono recati alle urne, vale a dire circa 600 su 3657 cittadini iscritti nelle liste elettorali. Il comune del sulcis, che condivide tutti i malanni che caratterizzano le diverse realtà della Sardegna, è uno dei luoghi simbolo dell’isola per le ben note questioni legate alla presenza nel territorio delle forze militari, e per l’allarme sanitario provocato dall’indiscriminato utilizzo di ordigni e armi durante i giochi di guerra. I teuladini conservano nella loro memoria i tanti politici che per anni si sono presentati vendendo fumo in cambio di voti, promettendo un certo tipo di sviluppo economico avviando bonifiche e smantellamenti militari, in realtà mai realizzati. E’ vero che il risultato elettorale di questo comune non ha inciso sull’esito finale, però il significato politico di quel voto dovrebbe farci capire quanto sia accentuata la sconfitta della politica, quella lontana dai problemi quotidiani della gente. Qui a Teulada, come in tutta la Sardegna, anche la sinistra è stata sconfitta assieme a quelle forze che non stanno né a destra né a sinistra, come le organizzazioni indipendentiste, autonomiste, sovraniste ecc.; nessun partito, o movimento, o chi si voglia è riuscito a convincere la metà dei sardi, quelli del partito del silenzio, alla partecipazione elettorale. Sono convinto che neanche la presenza del M5Stelle avrebbe modificato in modo significativo le percentuali generali del voto, tanto il credito dei politici è precipitato verso il basso.
. La metà della metà degli elettori sardi hanno affidato fiducia e speranza a un liberal, inteso come progressista e democratico, una categoria di persone che nella storia hanno fatto scuola anche a tanti conservatori di sinistra. Fra i tanti oneri che il nuovo Presidente Pigliaru dovrà sostenere ci sarà quello di dover risvegliare l’interesse per la politica, il che significa fare le cose bene e giuste, cioè il minimo che si può chiedere a un liberal dotato di onestà, competenze e buon senso.

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