Zucchero amaro

16 Aprile 2009

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Antonio Mannu

C’era una volta lo zuccherificio di Villasor, e questa non è una favola. Sorto negli anni sessanta  l’ impianto industriale ha garantito, per quasi cinquant’anni, occupazione e lavoro a un territorio storicamente sofferente.  L’ultima campagna per la lavorazione dello zucchero si è tenuta nel settembre del 2005, impiegando, in maniera diretta, oltre 80 lavoratori stabili e  circa 250 stagionali. Ma era soprattutto l’indotto, dalla produzione di barbabietola, al trasporto, alle lavorazioni in conto terzi che, dando lavoro ad oltre mille persone, rappresentava una realtà economica di importanza centrale per il Basso Campidano. Dal 2006 lo zuccherificio di Villasor ha cessato la produzione; la gran parte dei dipendenti sono stati collocati in cassa integrazione.  Solo alcuni son stati trasferiti  in stabilimenti della Eridiania Sadam, azienda leader nel settore, ancora attivi in altre zone d’Italia. Inizialmente per la struttura industriale di Villasor  si era parlato di una possibile riconversione, ipotizzando la trasformazione in un impianto alimentato con bio masse per la produzione di energia elettrica; ipotesi controversa sotto diversi aspetti, inquinamento, reale economicità della produzione energetica da bio masse, ma che se non altro avrebbe permesso di destinare i terreni agricoli, precedentemente utilizzati per la produzione di barbabietola, a nuovi tipi  di coltivazioni. Poi si è compreso che riconversione significava una ipotetica nuova occupazione, in altro loco, dei lavoratori dello zuccherificio. Il nuovo impianto dovrebbe sorgere,  per iniziativa della Powercraft che ha presentato i progetti di riconversione, a Macchiareddu, comune di Assemini. Per il momento, lo scorso febbraio, è stato presentato lo Studio di Impatto Ambientale. Nel frattempo per lo zuccherificio è cominciata la fase dello smantellamento e della demolizione, un evento storico per Villasor. Di questa storia si è preoccupato Pablo Volta, fotografo, giornalista, operatore, cronista, partigiano. Argentino di nascita, vissuto tra l’Italia e la Francia, da vent’anni in Sardegna, il nostro ha superato gli ottant’anni; ma fotografa con la foga, la frenesia, viene quasi da dire l’impudenza, di un fanciullo svagato.  Il suo ultimo lavoro, realizzato a colori con una reflex digitale, forse una  piccola Olympus, documenta la caduta e distruzione dello zuccherificio.  Dal 4 aprile il materiale raccolto su questo tema  è a Su Palatu, lo spazio di Villanova dedicato alla fotografia, con una mostra, Zucchero Amaro, curata da Salvatore Ligios. Il lavoro è presentato in tre modi e spazi diversi. In una stanza si proietta una documentazione in video, realizzata dalla compagnia Fueddu e Gestu di Villasor, complice di Pablo Volta in quest’avventura, che racconta fasi della demolizione e mostra il fotografo all’opera. In un’altra è ospitata una sorta di installazione, che il 4 aprile, giorno dell’inaugurazione, era composta da circa 1700 stampe in formato 10×15. Oggi le stampe saranno in numero molto inferiore: sin dal giorno dell’inaugurazione infatti, ogni visitatore ha avuto facoltà di portar via un’immagine, scelta tra le tante, con la possibilità, nella giornata del 4 aprile, di avere la stampa firmata dall’autore.  Un gesto generoso che però, data l’ affluenza di pubblico, a fine serata ha messo a dura prova il polso fermo del fotografo, avvezzo peraltro a ben altre fatiche ed avventure, come racconta la biografia.  Volta arriva in Italia, a Roma, nel 32. Il padre é giornalista alla Gazzetta del Popolo. Durante il periodo della guerra è in Toscana e a diciotto anni  si unisce ai partigiani. Entra in una brigata modenese, la Costrignano, che combatte sul fronte a fianco degli americani. Dopo la guerra fa il cronista per Milano Sera, un giornale vicino al PCI. Nel 1949 il padre si sposta a Berlino come corrispondente del Corriere della Sera e il giovane Pablo lo segue per un breve periodo. Frequenta un corso di fotografia, compra la prima macchina fotografica. Quindi rientra in Italia, a Milano prima e poi a Roma, dove lavora come assistente operatore in un paio di film, tra cui “Lo sceicco bianco” di Federico Fellini. Conosce il maddalenino Franco Pinna di cui diventa amico. Realizzano insieme un documentario sull’agro pontino, “Canto d’estate” e nell’occasione cominciano a fare anche fotografie. Poco tempo dopo danno vita alla prima cooperativa fotografica italiana, i “Fotografi Associati” che, pur se di breve durata fu un’esperienza significativa.. Nell’inverno del 54 approda in Sardegna, sulle orme di Franco Cagnetta, autore della Inchiesta su Orgosolo, pubblicata quell’anno su Nuovi Argomenti. L’ intenzione di Cagnetta era di realizzare un libro illustrato, che in verità non fu mai pubblicato  in Italia  ma uscì più tardi in Francia. Volta venne spesso in Sardegna nell’arco dei tre anni successivi. Dopo l’esperienza sarda si trasferisce a Parigi, occupandosi di cronaca soprattutto per “Il Tempo”. Nel 1963 trascorre otto mesi in Algeria, dove insegna fotografia al Centro di Formazione e di Educazione Popolare d’Algeria e  lavora come fotografo per l’Ufficio Politico dell’FLN. Quindi torna a Parigi e lavora per la Rai, prima come collaboratore e poi come operatore, continuando però a lavorare anche come giornalista e fotografo. Infine si stabilisce in Sardegna, a San Sperate, non lontano da Villasor. Quando viene a sapere dell’ imminente smantellamento dello zuccherificio, anche istigato dal regista teatrale Giampietro Orrù della compagnia Fueddu e Gestu, senza troppi pensieri Volta si mette al lavoro. Con impeto ed ardore, armato solo del suo stiletto digitale, lotta contro il “mostro” mangiafabbriche, accumulando un gran numero di fotografie.  Per lui la  campagna fotografica, iniziata circa un anno fa, è ancora in corso, almeno sino a quando ci saranno tracce visibili dell’ impianto industriale. Amaramente, per il territorio di Villasor la battaglia, almeno per il momento, sembra conclusa.
Zucchero Amaro, sino al 24 maggio a Villanova Monteleone. Aperto tutti i giorni, tranne il lunedì, dalle 16 alle 20.

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