Sarebbe ora di cambiare registro per evitare le calamità innaturali

16 Ottobre 2018

Foto Roberto Pili, Alluvione Capoterra 2008

[Stefano Deliperi]

Fra il 9 e il 10 ottobre 2018 si è realizzata – al di là delle impressioni superficiali – l’ennesima calamità innaturale che ha colpito il Bel Paese, nel Cagliaritano, ancora una volta. Purtroppo, in Italia, negli ultimi 55 anni, sono stati più di 5.000 i morti a causa delle ripetute, consuete calamità innaturali.

Da Olbia a Genova fino a Refrontolo e Livorno. In tutta Italia. Si ripetono sistematicamente. Le cause? Sempre le stesse: quella calamità che si chiama uomoQuesta volta una donna morta, un pastore disperso, la strada statale n. 195 interrotta per i crolli di due ponti, campagne allagate, decine di milioni di euro di danni. Proviamo a capire che cosa è successo nell’area dove pericoli e danni sono stati maggiori, il tratto del Rio Santa Lucia.

Il corso d’acqua ha un bacino imbrifero di 110 chilometri quadrati, nasce nella parte nord orientale dei monti del Sulcis e ne costituisce l’impluvio naturale e ha una notevole portata idrica in caso di piena di centinaia di metri cubi al secondo. Nel caso di forti piogge, come accaduto il 9-10 ottobre 2018 (496 millimetri di pioggia rilevati presso la stazione pluviometrica di Santa Lucia), il Rio Santa Lucia ha il compito naturale di farle defluire a mare.

Nei secoli e fino ai decenni scorsi lo faceva, diligentemente, avendo un’area di espansione di circa 250 ettari rappresentata dalla parte più a sud dello Stagno di Santa Gilla (in primo luogo la parte denominata Stagno di Capoterra). Da alcuni decenni, per giunta con un tratto canalizzato, deve accontentarsi di una cinquantina di ettari, dopo la realizzazione della strada dorsale consortile, delle Saline Conti Vecchi, dell’impianto di termodistruzione dei rifiuti del C.A.C.I.P., delle lottizzazioni della Residenza del Sole.

E il Rio Santa Lucia passa lo stesso e sfonda con maggiore impeto le due piccole bocche a mare di Maramura e di Ponti Nou, dove – non casualmente – s’è verificata l’interruzione della strada statale n. 195Lo ha fatto e lo farà, se non si cambia registro. Le associazioni ecologiste Amici della Terra e Gruppo d’Intervento Giuridico onlus nel corso degli anni hanno esperito varie azioni legali per fermare le ipotesi più folli di edificazione del territorio a rischio idraulico, dal Rio S’Acqua Tomasu proprio al Rio Santa Lucia,1 allo stesso piano urbanistico di Capoterra.

Antropizzazione del territorio, ignoranza, stupidità. Ed è sempre così I rimedi? L’allora Governo Renzi, tre anni fa, affermava di voler voltare pagina con il nuovo programma nazionale Italia sicura, il successivo Governo Gentiloni non pare che abbia fatto seguire molti fatti. L’attuale Governo Conte, abbacinato da reddito di cittadinanza (e relative misure confuse), decreto sicurezza e presunta emergenza migranti, non ha messo nemmeno tre righe in proposito nella Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (D.E.F.) 2018.

Noi del GrIG, da tempo, abbiamo proposto un vero e proprio New Deal a livello nazionale e regionale, un grande piano di risanamento idrogeologico per salvaguardare l’ambiente, la vita, il lavoro. Abbiamo formalizzato la proposta a livello regionale anche in sede di osservazioni per la politica di gestione dei fondi comunitari 2014-2020In realtà, ben poco è stato fatto e basta una serie di temporali per ritrovarci, come al solito, con strade interrotte, paesi isolati, gravi pericoli per l’incolumità pubblica, centinaia di milioni di euro di danni.

Le proposte sono sempre attuali, eccole. Il territorio sardo rivela un diffuso rischio idrogeologico: l’80% dei Comuni (306 su 377) è a rischio frane e alluvioni, con oltre 613 kmq. interessati (dati Ministero ambiente, 2013). Purtroppo, in particolare nell’autunno 2013, in concomitanza con eventi atmosferici intensi (“Ciclone Cleopatra”), si è verificata l’ennesima calamità innaturale in Gallura, nel Nuorese, nel Campidano, con nuovi gravissimi lutti e danni materiali.Nell’autunno 2015, negli stessi luoghi, la calamità innaturale s’è ripresentata.

In questi giorni l’intera costa sud-occidentale sarda risulta isolata per l’interruzione della strada statale n. 195, sommersa e semi-distrutta dall’acqua. Non solo. Si stima che le reti idriche isolane attualmente perdano circa il 55% dell’acqua trasportata (dati Agenia Consulting, 2014), a causa di carenze manutentive e di opere di adduzione obsolete. Per contro, emerge la fragile consistenza del complessivo livello di scolarizzazione: ben il 38,2% della popolazione residente ha solo la licenza media e ben il 24,5% solo quella elementareo, addirittura, alcun titolo.  Tuttora il 25,8% dei sardi fra 18 e 24 anni ha solo la licenza media, il dato più elevato in Italia (dati M.I.U.R., giugno 2013).     Vuol dire che il 62,7% dei residenti in Sardegna in età lavorativa (dai 16 anni in poi) è privo di qualifica professionale (da Sardegna Statistiche, anno 2009).

Questo non fa che aggravare l’attuale crisi estremamente dura, con conseguenze pesantissime sul contesto economico-sociale. Riteniamo, quindi, utile proporre che almeno un terzo del complessivo importo dei fondi disponibili inerenti la programmazione comunitariasia destinata a un vero un vero e proprio new deal nel campo del risanamento idrogeologico e della distribuzione idrica, con il sostegno dei fondi comunitari 2014-2020, così anche da fornire occasioni di lavoro per imprese, professionalità, maestranze di ogni livello, con indubbi riflessi positivi sulla qualità ambientale e della sicurezza del territorio, nonché del miglioramento del contesto economico-sociale sardo nel breve-medio termine.

Ma queste proposte sono analogamente valide per quanto concerne le prossime elezioni regionali sarde del febbraio 2019Così dovrebbe essere, se vogliamo davvero voltare pagina.

1 Le associazioni ecologiste Amici della Terra e Gruppo d’Intervento Giuridico riuscirono (1993), con infinite azioni legali, a far arretrare oltre la fascia dei mt. 150 dal Rio Santa Lucia ed oltre la fascia dei mt. 300 dal mare le opere edilizie della “lottizzazione Mille” (le attuali Residenze del Sole, I Gabbiani, ecc.), allora rilevate dal gruppo Immobiliareuropea s.p.a.dell’immobiliarista ed editore Sergio Zuncheddu.        Infatti, con i decreti ministeriali 10 febbraio 1993 e 6 aprile 1993 il Ministero per i Beni ed Attività Culturali, su ricorso ecologista, aveva annullato le autorizzazioni paesaggistiche regionali ex art. 7 della legge n. 1497/1939 (note Ass.to P.I. e BB.CC. nn. 6054 del 10 settembre 1992, 6560 del 15 ottobre 1992, 7163 del 29 ottobre 1992) concernenti il  progetto di lottizzazione MILLE, varianti ed opere di urbanizzazione nella parte in cui (mappale n. 36 parte, n. 9, n. 45 del foglio n. 26 e mappale n. 34 parte del foglio n. 20) interessavano la fascia dei mt. 150 dalle sponde del Rio S. Lucia e la fascia dei mt. 300 dalla battigia marina.

1 Commento a “Sarebbe ora di cambiare registro per evitare le calamità innaturali”

  1. Sarebbe ora di cambiare registro per evitare le calamità innaturali| Stefano Deliperi – Fabio Argiolas scrive:

    […] del territorio a rischio idraulico, dal Rio S’Acqua Tomasu proprio al Rio Santa Lucia,1 allo stesso piano urbanistico di […]

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