Ab Ulbia Caralis

1 Maggio 2011

Marcello Madau

Più di un dato sembra accomunare la lettura politica di due centri sardi dove si svolgeranno le prossime elezioni amministrative: Cagliari e Olbia. Sono città dove, più che in altre, si pone il problema di una forte tensione fra governo del territorio e i beni culturali e del paesaggio. E sono città dove la sinistra appare molto debole, governate da molto tempo dal centro-destra.
Appare evidente che la morsa della speculazione ha particolarmente inciso su di esse, luoghi speciali del potere politico ed economico con una forte incidenza del ‘mattone’, la cui legge, infierendo su contesti urbani bellissimi, ha imperversato sul territorio.
Vi è quindi una grande sfida fra la creazione di una politica urbanistica e dei beni comuni avanzata, e nel contempo la grave debolezza della sinistra, determinata dall’assenza di una vera riflessione e di un rinnovamento concettuale, e non di rado dal collateralismo con gli intereressi forti.
Se quindi è vero che la sinistra deve ricostruire politiche di lavoro e sostenibilità ambientale, se i temi sono ovviamente presenti in tutti i territori, l’occasione data da questi due appuntamenti è molto particolare.
Le città si sono formate su una ‘piattaforma’ archeologica che ora, grazie agli ultimi rinvenimenti, appare curiosamente simile, riportando – pur con letture e realtà diverse – all’VIII secolo a.C. e proseguendo con trama suggestiva in età punica, romana, medievale e postmedievale senza soluzione di continuità.
Un patrimonio sempre entrato in conflitto con la forma urbana costituitasi nella modernità. Le politiche urbanistiche di Cagliari e Olbia sono state storicamente fra le più devastanti. Le politiche delle rare precedenti giunte di centro sinistra non troppo edificanti.
Quando va bene, la presenza del passato dentro la città di oggi è ancora legata ad una visione riduttiva, alle discriminanti estetiche o a quelle dell’urbanistica tradizionale, o ancora alla museificazione. Sarebbe utile ripartire dalle idee di Argan, Bianchi Bandinelli e Cederna, sviluppandole creativamente, togliendo la testimonianza archeologica dall’ottica idealistica e dall’uso strumentale (ciò vede un caso devastante nell’anfiteatro cagliaritano), assumendola come soggetto attivo dello spazio e della configurazione urbanistica.
I paesaggi urbani sono in progressivo degrado, nonostante la grande bellezza dei luoghi. Se confrontiamo le documentazioni artistiche e le prime fotografie, ci rendiamo conto del deterioramento.

I luoghi attorno alle città murate sono sotto assalto. A Olbia il non dimenticato scandalo degli scavi presso Villa Certosa si trascina dietro un cedimento generale che viene da lontano.
Il vorticoso sviluppo urbanistico a Cagliari ha distrutto templi, tofet, case, sepolture. Non stanno al meglio, nella Olbia contemporanea, le tracce degli antichi circuiti murari, di necropoli, case e acquedotti, anche se la straordinaria attività della Soprintendenza archeologica e qualche ‘colpo’ come le navi romane ripropone il pregio della più antica storia urbana. Ma le difficoltà del museo sembrano esprimere l’assenza di un rapporto costante, non basato solo su qualche grande convegno o evento.
A Cagliari sui preziosi lembi dell’abitato punico a via Brenta si permise la costruzione di un cavalcavia, piantato su di un’area eccezionale, con tracce romane e la celebre S. Igia medievale. Di Tuvixeddu sappiamo, e la coltre di silenzio che grava sulla sua sorte, anche nei dibattiti politici, non è un buon segnale. Anche qua la cittadella della tutela, sempre più debole, è un fortino assediato, attorno al quale gli interessi dei potenti lanciano quotidianamente attacchi. anche con i nuovi servi di una micro-industria culturale basata sul falso e sulla provocazione.
Come pure meriterebbero una profonda revisione le politiche di tutela delle aree marine, delle riserve e dei parchi naturali ad esse collegate, del verde pubblico.
Sarebbe interessante se la sinistra, che partecipa sostenendo Massimo Zedda a Cagliari e Cristina Dessole ad Olbia, mettesse al centro una forte attenzione su tali temi. E unisse il tentativo di costruire un nuovo modello di sviluppo valorizzando i quesiti referendari su nucleare ed acqua bene comune, investendo sui diritti di cittadinanza, sull’istruzione pubblica, le politiche a difesa dei beni comuni e l’investimento lungimirante sui nuovi lavori legati all’ambiente.

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