Contorni: Unioni e disunioni civili

1 Febbraio 2016
Foto Roberto Pili
Giulio Angioni

In tema di norme vecchie e nuove della parentela, mi pare molto utile, e spero non per deformazione professionale da antropologo, allargare lo sguardo a vicende umane di vari tempi e luoghi. Anche in forma molto sintetica, come devo provare a fare qui.

Negli ultimi decenni in Occidente si sono più che mai profondamente ridefiniti e rivalutati i ruoli sessuali, le forme di famiglia e di parentela, la morale sessuale. Non sbaglia chi ne vede una ragione efficiente nella forma di produzione postindustriale dove i modi e i rapporti sociali mettono sempre più in crisi, rendendoli disfunzionali, certi retaggi del passato come la supremazia maschile plurimillenaria delle società agricole e prima di caccia e raccolta. Negli ultimi decenni la ridefinizione dei ruoli sessuali e di parentela sta avendo un’accelerazione imprevista anche per la novità che la procreazione umana oggi e solo oggi può prescindere dall’accoppiamento sessuale.

Nel rapporto tra i sessi la ricerca della sessualità senza riproduzione, che almeno in Occidente e per il cristianesimo è problematica da millenni, può e deve fare i conti con l’inaspettata novità della riproduzione senza sesso, presente del resto in certe religioni come anche il cristianesimo in forma di eccezione miracolosa. L’omosessualità in tutto l’Occidente è regolata da usi e da leggi nuove e molti di quei cristiani che negano diritti come la genitorialità omossessuale non considerano più l’omosessualità come peccato o malattia, a lungo punita o curata, ed è senso comune forse oemai maggioritario che i ruoli sessuali non si possano attribuire a mere differenze anatomiche, fisiologiche, genetiche, psicologiche ritenute innate, ma che si tratti di costrutti culturali continuamente riadattati.

Ma nel considerare questioni come quelle dibattute oggi in Italia su aspetti anche fondanti del diritto di famiglia, oltre a valutare la varietà delle soluzioni adottate altrove in Occidente, è utile, se non necessario, ampliare lo sguardo al resto del mondo e dei tempi e ai modi di vivere umani più o meno conosciuti. E scoprire la strabiliante varietà di usi e di regole riguardo alla sessualità, la procreazione, la famiglia, la discendenza, la parentela. Si tratta di una varietà e di una relatività che obbliga a rifiutare la tendenza etnocentrica, tipica degli occidentali, a considerare i propri usi e costumi e norme come coincidenti con una presunta natura umana, e con una morale naturale, non intaccabile dal variare dei modi di vivere.

Al mondo infatti ci sono state forme di sessualità ritenute migliori e preferibili all’eterosessualità, per vari motivi, compresi quelli religiosi, dati i molti casi noti di omosessualità rituale, non solo in luoghi per noi esotici come la Nuova Guinea o la Melanesia, ma anche nella Grecia arcaica e classica fino ai nostri tempi.  E ancora, non sono pochi i casi di culture in cui l’omosessualità, oppure la bisessualità, specie maschile, è un obbligo sociale o è quanto meno considerata preferibile, specie in certi periodi della vita, come nei casi in cui l’omosessualità o la bisessualità maschile è un mezzo di sviluppo della personalità maschile tipica di una certa società o di una porzione di essa. Per poco che si guardi alle forme di sessualità, di famiglia, di parentela, si scopre subito che, se resta vero che tutto il mondo è paese, cioè che esistono delle strutture elementari della parentela, si deve ammettere che soprattutto vale che paese che vai usanza che trovi, tanto da scoraggiare ogni pretesa di assolutizzazione dei propri modi di vivere la sessualità, la procreazione, la famiglia, la parentela.

Tanto che, per esempio, si fa presto la constatazione che nei confronti dell’omosessualità e dintorni i vari modi di vita umana variano dall’orrore totale a una altrettanto totale preferenza, passando per un’interminabile quantità e qualità di soluzioni, adattamenti, mutazioni, volta per volta ritenuti immutabili, in quanto naturali o divini, o divinamente naturali.

Ma nemmeno le strutture più elementari di parentela, quelle più comuni all’intera umanità, nemmeno quelle sono naturali. L’universale e fondante proibizione-orrore dell’incesto, che ci sembra tanto naturale quanto la legge di gravità, è sì universale ma è anche variabile nelle diverse culture. Spesso lo dimentichiamo, ma sappiamo, come ben insegnano miti nostrani come il mito di Edipo, che non c’è nessuna propensione naturale, bensì culturalmente appresa, a non accoppiarsi con certi parenti stretti, cosa che, come nel caso di Edipo e di sua madre, può avvenire del tutto naturalmente, senza nessuna voce del sangue a protestare, quando si ignori quel tale rapporto di parentela che escluda l’accoppiamento sessuale.

Già Blaise Pascal, cattolico giansenista che oggi ci può apparire per altri versi un integralista, e prima di lui Michel Montaigne, erano convinti che non esista una natura umana certa e stabile, e ci ragionavano su in modi simili a quelli di un ateo contemporaneo come Antonio Gramsci quando critica l’idea di natura umana.  Il problema è allora quello di capire i processi che, nelle culture, portano l’uomo a cercare e a trovare sempre più o meno stabilità e certezze di visione del mondo e di regole di vita. Ma è proprio la varietà indefinita di visioni e di regole di vita a rendere relative le varie certezze e le conseguenti regole, come quelle della sessualità, della procreazione, delle forme di famiglia e di parentela, che invece sono di solito assolutizzate come naturali e qundi necessarie e immutabili, e come tali vengono introiettate dai singoli.

Usi costumi e regole ritenute naturali, e come tali rafforzate, spesso non rimangono naturali solo per il gruppo sociale a cui appartengono, ma vengono estesi a tutto il genere umano e sono pensate e rafforzate in quanto naturali per tutti, e quindi sbaglierebbe chi ne ha diversi, e sragionerebbe, perché il nostro modo di vita, in quanto naturale, sarebbe frutto della retta ragione. Si rinforza così l’avversione verso altri modi di vita, vedendo i propri come migliori e la propria “natura” come l’unica autentica. Tendenza etnocentrica tanto più forte perché ogni società ha bisogno di fissare, di solito finora non sapendo di farlo provvisoriamente, il flusso del reale per poterlo vivere, variamente invocando la natura, la rivelazione divina, il consensus gentium, l’io cosciente, la scienza e tante altre necessità stabilizzanti.

Ma ogni stabilizzazione non può che essere provvisoria e relativa, specialmente oggi, in un mondo dove i flussi globali riproducono dappertutto la grande e problematica diversità planetaria dei modi di vivere.

 

Foto di Roberto Pili – manifestazione #SvegliaCagliari

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