Fantacronache del PD

27 Febbraio 2017
Ottavio Olita

“Caro Renzi, come fa il segretario del partito erede della più forte formazione di sinistra di tutta Europa a non rendersi conto dello sconcerto, del distacco, del disamore crescenti nel proprio elettorato, dopo il jobs act, la cancellazione dell’articolo 18, la ’buona scuola’, la vergognosa proposta di riforma della Costituzione sonoramente bocciata dalle urne?”.

“Amico! Amico!” tenta di interromperlo il presidente Orfini. Ma il delegato continua a parlare. Orfini ci pensa un attimo e poi riprova.

“Compagno!”. Il delegato si blocca immediatamente.

“Ti faccio notare che il segretario non è qui”.

“Come ‘non è qui’…”.

“Sì, è partito urgentemente per la Califronia. E’ andato a Paloalto”.

“Ma è ridicolo! Quando mai Togliatti, Berlinguer o anche D’Alema, Veltroni e Fassino da questa parte  o Ciriaco De Mita e Aldo Moro dall’altra avrebbero disertato un momento di riflessione politica così importante per privilegiare un viaggio, neppure istituzionale? Chiedo all’Assemblea di censurare questo comportamento, di sciogliersi e di riconvocarsi pretendendo la presenza del segretario”.

L’assemblea, compatta, accoglie la proposta per acclamazione.

Fantacronaca.

Così come dovrebbe essere fantacronaca il racconto di un Pd che non discute di com’è ridotto politicamente, di dove sono andate a finire la sua anima di sinistra, l’attenzione per le politiche sociali e del lavoro, e che invece privilegia lo scontro su aspetti organizzativi, su parole come ‘ricatto’, su generiche affermazioni di impegni per  “il futuro”, mentre gli altri litigano sul “nulla”.

Conseguentemente, coerentemente, ci si dovrebbe chiedere: invece di stare a porsi tante domande sugli ‘scissionisti’, perché non vengono poste, a tutti quelli che decidono di rimanere,  questioni fondamentali di prospettiva, di equità sociale e di lotta alla disoccupazione, della sfacciata crescita del divario tra ricchezza e povertà, di totale dipendenza dai mercati finanziari, di completa libertà concessa agli industriali di delocalizzare gli impianti produttivi dove per loro è più conveniente, di lotta alla corruzione sempre più diffusa, di prendersela sempre e comunque con i tartassati storici: i cittadini onesti che pagano le tasse regolarmente?

Fantacronaca, ancora una volta, perché le tante facce nuove sempre più presenti in tv, tutte di fedelissimi del segretario, ‘tengono famiglia’ e, soprattutto, tengono a mantenere la poltrona. Così il distacco dagli elettori diventa incolmabile e le conseguenze si vedranno alle prossime elezioni, checché ne dicano i sondaggi.

Cosa fare, allora, per non lasciar spazio solo alla rabbia diffusa, al malcontento, al disgusto per la ‘politica’?

Occorre impegnarsi ancor di più sul terreno delle proposte messe in campo. Innanzi tutto dal sindacato con i referendum contro voucher e jobs act, poi sui tanti diritti sanciti dalla carta Costituzionale e brutalmente calpestati: innanzi tutto quello – quasi sacrale – garantito dell’articolo uno (la repubblica democratica fondata sul lavoro); poi il diritto alla tutela della salute (bisognerebbe ricordare in modo molto più incisivo che sono undici milioni gli italiani che non sono più in grado di curarsi perché non possono affrontare le spese relative); il diritto allo studio che garantisca al Paese futuri dirigenti o semplici cittadini informati, competenti, preparati.

Se non si interviene con urgenza il “futuro” di cui genericamente ha straparlato dalla California il segretario del Pd sarà solo quello, comunque garantito, di chi potrà pagarsi, in privato, medicine e studi. E tutti gli altri?

 

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