La vicenda di Ilham Mounssif. Chi non nasce in Italia non ha gli stessi diritti

1 Aprile 2017
Nadir Congiu

Il 16 marzo scorso a Ilham Mounssif è stato vietato l’ingresso alla Camera dei Deputati perché nel documentato esibito, una carta d’identità italiana, risultava di nazionalità marocchina e quindi non permetteva a lei che comunque vive da vent’anni in Sardegna di visitare il Parlamento in seguito a una simulazione MUN delle Nazioni Unite. Il caso di Ilham ha bisogno di essere discusso, perché aiuta a vedere soluzioni per le bizzarrie e i paradossi di questo Stato che troppo spesso non riconosce diritti di importanza basilare favorendo razzismo e intolleranza. Sintomi di un Paese che non ha mai fatto i conti con il suo passato colonialista prima e fascista dopo, permettendo perfino un proliferare di sacche di apologeti del fascismo, sempre meno contrastate. È qui che nascono le zone grigie, dove si partoriscono i “non sono razzista ma” o “Italia agli italiani” e crescono i miti dell’unicità italiana o perfino della sardità come metro di giudizio. È queste zone che si progettano i muri e le divisioni su basi religiose ed etniche e giustificando l’odio. 

Ilham è una ragazza di ventidue anni, nata a Marrakech in Marocco che si è trasferita all’età di due anni in Sardegna, a Barì Sardo sulla costa ogliastrina, dove i genitori avevano deciso di passare la loro vita già nei primi anni ‘80. In seguito agli studi a Lanusei e poi Sassari prosegue il suo percorso di formazione in relazioni internazionali visitando diversi paesi europei per poi iniziare un progetto di volontariato in Marocco inserendosi nel mondo delle Ong attraverso il Progetto Mondo Mlal.
“Ci occupiamo di tante cose nell’ambito sociale, fra cui progetti che vertono sul tema del radicalismo, dell’uguaglianza di genere e sul tema della migrazione e quindi dei flussi migratori dal Marocco verso l’Europa. Attualmente però ci occupiamo anche del contrario, ovvero la reintegrazione di ritorno, finanziato dal Ministero degli Affari Esteri, dei cittadini marocchini reinserendoli in ambito sociale ma soprattutto economico. Infatti, il paradosso è questo, poiché mi ritrovo in Marocco a lavorare su progetti che trattano di migrazioni e reintegrazione, salvo poi tornare in Italia ed essere catapultata in questa vicenda che ha come fulcro lo stesso problema.”

La vicenda alla quale ti riferisci ha destato parecchie polemiche, anche in sedi istituzionali, puoi descriverci i fatti?.
“Mi trovavo a Roma per l’iniziativa promossa dall’ONU, Mun Rome 2017, nella quale come delegata in una simulazione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, ho rappresentato l’Italia. Questo proprio perché i delegati non possono rappresentare i propri paesi d’origine ed io pur vivendo qui da vent’anni non ho appunto la cittadinanza italiana. Finita la simulazione, due giorni dopo, ovvero il 16 marzo c’è stata una premiazione per i migliori neolaureati d’Italia da parte della Fondazione Italia-USA, tenutasi nell’aula dei gruppi parlamentari della Camera dei Deputati, alla fine della quale volevo visitare Montecitorio, ma al mio ingresso uno dei commessi, in seguito a una telefonata interna per dei chiarimenti, mi ha comunicato che non potevo entrare perché non in possesso della cittadinanza italiana. Io ho sempre rispettato e rispetto le misure di sicurezza e le regole, però mi fa specie che chi vive in questo paese da vent’anni non possa avere accesso nel suo principale luogo di democrazia”.

Quest’amaro episodio è solo una delle conseguenze della scarsa importanza data dalla politica al tema del riconoscimento della cittadinanza, con leggi spesso discusse ma bloccate nelle camere e una pesante assenza di dibattito. Ilham è attiva anche su questo fronte.
“Faccio parte del Movimento degli Italiani senza cittadinanza, lottando per chi nasce e vive in questo posto ma ai quali non sono riconosciuti i propri diritti. Credimi è difficile spiegarlo, ma è complicato passare un momento della tua giornata senza pensare a questa mancanza, perché sei sempre una persona condizionata. Basti pensare che qualsiasi iniziativa io prenda devo tener conto di tutta una serie di rischi o problemi che possono insorgere e come me, tantissime altre persone che vivono, studiano e lavorano in Italia. Solo per fare un esempio mi ero informata su dei bandi mirati a fare degli stage nelle ambasciate dei paesi asiatici, una cosa bellissima e un’occasione per conoscere altre nazioni come Cina e Giappone. Possibilità a me preclusa poiché sprovvista di cittadinanza italiana, pur avendo tutti gli altri requisiti fra i quali quelli linguistici.”

In Italia ci sono circa un milione di giovani figli di cittadini stranieri che vivono o sono nati in Italia, che attendono ancora di essere riconosciuti. Tutta la legislazione in materia è praticamente ferma a una legge del 1992. In breve che requisiti ci sono per ottenere la cittadinanza italiana?
“La cittadinanza si ottiene per nascita se un genitore è italiano. Per nascita se extracomunitario ma solo al compimento dei diciotto anni, praticamente restando straniero fino alla maggiore età avendo poi solo un misero anno di tempo per presentare la domanda di cittadinanza. Per residenza dopo dieci anni di residenza continuativa e rispettando parametri reddituali. Per matrimonio ma solo dopo che sono passati almeno due anni prima della richiesta. Nel mio caso, nonostante i ventidue anni e i vent’anni passati in Italia non posso chiederla in quanto figlia di stranieri che non hanno cittadinanza. Io quindi per averla dovrei lavorare e avere un reddito e una residenza per tre anni, ossia la completa autonomia e autosufficienza reddituale con un reddito sui novemila euro annui se il reddito è mononucleare. Se invece, come nel mio caso, si tratta di reddito famigliare, occorre che questa soglia reddituale sia maggiore, aumentando per ogni famigliare a carico. Si capisce da se che a 22 anni, anzi, dai 18 anni avere un’indipendenza economica totale che permetta di accumulare quel minimo per far richiesta di cittadinanza sia impossibile soprattutto ai giorni nostri e a maggior ragione se uno studia. Questo in un paese in cui recentemente l’Istat ha stabilito che in media si riesce a realizzare un reddito autonomo minimo verso i trent’anni di età.”

Tutta la vicenda ha avuto grande rilievo sul web e tante sono state le reazioni di ogni tipo. Puoi dirci quali come hanno reagito in Marocco, cosa ne pensa la tua famiglia e che idea dell’Italia si sono fatti in quel paese?
“Per fortuna ho ricevuto tanta solidarietà, sia dalla famiglia che dagli amici e tante altre persone in Sardegna così come in Marocco. So che la stampa marocchina ha trattato il caso. Penso che generalmente il Marocco abbia una buona opinione dell’Italia anche se indubbiamente si rendono conto dell’instabilità politica e delle debolezze dell’Italia. Sicuramente parlano di un potenziale inespresso in Europa.”

Purtroppo fra le tante reazioni che ci sono state, ho notato un proliferare di commenti disumani, carichi di razzismo e di odio, cose che ripudio totalmente e che tutti dovrebbero condannare senza se e senza ma. Così come aumentano i casi di pregiudizio ed estremismo, si fanno strada anche in Sardegna, metodi violenti indirizzati verso chi lotta contro ogni forma di intolleranza, razzismo e fascismo. Posso citarti come esempio l’aggressione subita dal collettivo s’Idea Libera per mano di CasaPound a Sassari l’11 marzo. Cosa hai da dire a chi fomenta questo odio e diffonde i luoghi comuni razzisti?
“Dico che si dovrebbero vergognare e provare a riflettere cosa stanno facendo. Perché dopotutto si stanno autodistruggendo e minano le basi sulle quali è retto questo ordinamento. Dobbiamo tutti condannare questi atti inaccettabili.”

Grazie Ilham per aver spiegato meglio alcune lacune della legge italiana in merito alla cittadinanza e per aver raccontato cosa ti è successo e reso l’idea su quello che in tanti devono passare in Italia. Ti chiedo infine di dirci quali sono i tuoi sogni e progetti futuri.
“Auspico di continuare la mia formazione, avviare una carriera di respiro internazionale nell’ambito diplomatico e continuare le collaborazioni con le Ong per migliorare le condizioni di vita di marocchini, sardi, italiani e tutte le persone che necessitano di aiuto.”

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