Mare nostrum

1 Marzo 2011

Manuela Scroccu

Stanno cadendo uno ad uno, i tiranni del nord africa: Mubarak, Ben Ali, Gheddafi, tutti saldamente al governo da decenni, un potere corrotto, tollerato dalle potenze occidentali con la scusa di arginare il pericolo fondamentalista e il flusso di migranti. Migliaia di persone hanno invaso le strade dell’Egitto, della Tunisia e ora della Libia e improvvisamente il mondo ha sentito la loro voce, una voce potente in grado di urlare tutta la rabbia e la frustrazione contro i propri governi corrotti responsabili di aver alimentato una disuguaglianza crescente e una disillusione diffusa tra la popolazione. Questo vento di libertà, complice forse il nuovo clima obamiano che ha liberato soprattutto i giovani dei paesi nordafricani dalla retorica dell’antiamericanismo, non accenna a placarsi e le dinamiche politiche dei paesi che si affacciano in questo nostro bacino Mediterraneo potrebbero mutare per sempre, sancendo finalmente il fallimento di quella concezione neocolonialista secondo cui i paesi “arabi” sarebbero inadatti per natura alla democrazia. Non stupisce l’imbarazzato silenzio di casa nostra. Il nostro governo non solo ha tollerato questi “tirannamici” ma li ha elogiati, titillati, ossequiati e pure “baciati”, letteralmente. E’ passato quasi un anno dal ridicolo baciamano all’amico Gheddafi e solo qualche mese dal quel 29 agosto 2010, giorno in cui il leader libico giungeva a Roma per festeggiare il secondo anniversario della firma del Trattato di amicizia fra Italia e Libia con il suo seguito di amazzoni, cavalli arabi e tenda beduina. Silvio Berlusconi aveva fatto trovare al leader libico ben 500 giovani e belle ragazze da “convertire”, un cadeaux di gran classe, omaggio dell’allievo che ha ormai superato il maestro, l’inventore, così si mormora, del rito del bunga bunga. Un trattato – vergogna, quello stipulato a Bengasi il 30 agosto 2008, in cui il nostro paese si è assunto la responsabilità di contrastare l’immigrazione clandestina lasciando le mani libere a un paese che non aveva sottoscritto la convenzione di Ginevra del 1951 relativa allo status dei rifugiati, che non aveva mai riconosciuto l’intermediazione internazionale all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati e che non possedeva una normativa per il regime di asilo e protezione umanitaria. Il nostro governo era a conoscenza delle condizioni cui erano sottoposti i migranti, sfiancati dai viaggi della morte attraverso il deserto, nei centri di detenzione in Libia: arresti indiscriminati, violenze, torture, deportazione forzata e connivenze tra polizia e trafficanti. Diritti umani sacrificati agli ingenti interessi economici dell’Italia nella Libia di Gheddafi: insomma, una questione di soldi e risorse energetiche, con la possibilità di poter vendere mediaticamente la fine degli sbarchi di “clandestini” a un’opinione pubblica in cerca di sicurezza. Di fatto questo trattato oggi non esiste più, “è inoperante, è sospeso”. E’ un attonito e sicuramente poco baldanzoso ministro della Difesa Ignazio la Russa quello che parla al telegiornale del primo canale e che paventa allo spettatore medio italiano il rischio dell’invasione, dell’esodo biblico. Paura, sconcerto, inadeguatezza: questi sono i sentimenti che sembrano animare la nostra maggioranza, e con essa il premier Silvio Berlusconi, di fronte agli epocali sconvolgimenti che stanno interessando il nord africa. E’ un triste ruolo quello al quale ci ha relegati la leadership di Berlusconi, quello di comparsa inutile e imbarazzante. Il nostro governo, la cui affidabilità internazionale è ormai ridotta al minimo soprattutto in materia di accoglienza e politiche dell’immigrazione, spara cifre a casaccio evocando eserciti di barbari, forse terroristi, che premono ai nostri confini e se la prende con l’Europa che non fa nulla e, parole del ministro Maroni, “ci ha lasciato da soli, a gestire l’emergenza umanitaria con la sola protezione civile”. Europa che ha immediatamente ricordato a Maroni e ai suoi che “un paese di 60 milioni di abitanti non può avere problemi a fronteggiare qualche migliaio di migranti”, soprattutto se consideriamo che la Germania non batté ciglio “di fronte ai 300 mila che arrivarono nel paese al tempo della crisi nei Balcani”. Intanto a Lampedusa, da ormai 48 ore non si registrano sbarchi. Il mare forza sette e il cattivo tempo stanno scoraggiando l’attraversamento del Mediterraneo e il flusso degli arrivi dal Nord Africa. Ma presto tornerà il bel tempo e noi ci stiamo già preparando. E’ già pronto il primo radar anti-migranti, un traliccio alto 36 metri già installato in tempi record a Capo Murro di Porco, all’interno dell’area marina “protetta” del Plemmirio di Siracusa. Il radar sarà in grado di individuare piccole imbarcazioni veloci sino a una distanza dalla costa di 50 chilometri, riuscendo a mantenere sotto controllo oltre cento bersagli contemporaneamente. Si attendono solo le ultime autorizzazioni e questo prodigio della tecnica diverrà finalmente operativo.  Che la caccia abbia inizio. Non sia mai che questi arrivino e ci insegnino come si fa a liberarci da vecchi satrapi corrotti.
Manuela Scroccu

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