Sulcis: una crisi senza fine

1 Novembre 2012
Marco Ligas
Nei giorni scorsi duemila persone, forse di più, sono giunte a Cagliari dal Sulcis per manifestare davanti agli edifici delle istituzioni regionali il malessere che da anni vivono nel loro territorio. Non sono state ricevute dagli esponenti della Giunta o del Consiglio, non era previsto alcun incontro, ma gli interlocutori impliciti erano loro, i rappresentanti di queste istituzioni che non riescono e non sanno concludere una vertenza a favore delle popolazioni che rappresentano, forse perché le loro politiche contestative verso lo stato si esauriscono nella rivendicazione delle guarentigie che impudentemente si garantiscono per l’oggi e per il futuro.
Alla manifestazione non hanno partecipato soltanto i lavoratori dell’Alcoa e delle altre fabbriche in crisi; c’erano i rappresentanti di tutte le categorie sociali colpite dalla crisi: gli edili, gli operatori turistici, i cassintegrati, i titolari delle partite Iva che non riescono più a pagare le tasse o i mutui che hanno contratto per avviare le attività artigianali o commerciali. Insomma c’era un’ampia rappresentanza dell’intera provincia, compresi i giovani che rischiano di essere i prossimi bersagli della crisi.
Presenti anche i sindaci dei piccoli comuni, preoccupati per le difficoltà crescenti che incontrano nell’esercizio delle loro funzioni, soprattutto per l’impossibilità di rispondere positivamente alle richieste di aiuto delle famiglie colpite dalla crisi e sempre più vicine alla soglia di povertà.
Nel volto dei manifestanti si coglieva la preoccupazione per l’incertezza del futuro: dai loro discorsi si capiva come la fuoriuscita dalla crisi sia considerata un processo lungo dall’esito niente affatto garantito.
Forse ad accentuare la preoccupazione dei manifestanti hanno influito le modalità con cui è stata organizzata la giornata di lotta, inizialmente programmata per la stessa data ma da svolgersi a Roma. Non tutti i lavoratori hanno condiviso il cambiamento, avvenuto dopo l’annuncio  della visita a Cagliari, prevista per il prossimo 13 novembre, dei ministri Corrado Passera, Fabrizio Barca e del sottosegretario allo sviluppo Claudio De Vincenti. È comprensibile la diffidenza espressa dai lavoratori: sono anni che le loro aspettative vengono disattese così che tutti ormai interpretano i rinvii delle decisioni assunte precedentemente come il preludio all’interruzione delle attività industriali o alla liquidazione di quelle del settore terziario. Questi timori sono del tutto legittimi in un territorio, quello del Sulcis, dove i disoccupati sono più di trentamila e quattromila le persone che hanno come unica fonte di reddito gli ammortizzatori sociali. Le diffidenze crescono se si considera che nel programma dell’attuale governo, e dei ministri che verranno prossimamente in Sardegna, non c’è alcuna intenzione di colpire le rendite e i profitti ma quello di aumentare ulteriormente l’orario di lavoro e ridurre l’occupazione. Che cosa abbiano a che fare queste scelte con la crescita ripetutamente auspicata solo i professori del nostro governo lo sanno.
In realtà ciò di cui ha bisogno il Sulcis è la difesa del lavoro ancora esistente (poco) e la creazione di nuove opportunità. Questa possibilità  è praticabile soltanto all’interno di un nuovo modello di sviluppo che tuteli l’ambiente e rispetti i diritti dei cittadini a incominciare dal lavoro. Il Sulcis, non lo scopriamo adesso, è un’area geografica fortemente inquinata; le condizioni ambientali non sono diverse da quelle che si riscontrano a Taranto provocate dall’Ilva. Le sole attività di risanamento del territorio offrirebbero lavoro a centinaia di lavoratori; naturalmente costano e le spese dovrebbero essere sostenute da chi ha provocato i danni. Il governo potrebbe fare la sua parte investendo anch’esso, trovando le risorse in diversi modi, per esempio attraverso la riduzione delle spese militari o la tassazione dei grandi patrimoni. In questo modo sarebbe possibile anche la realizzazione di una politica industriale programmata che favorisca preliminarmente la ricerca e l’innovazione.
Ecco, l’incontro con i ministri e i sottosegretari previsto per il 13 novembre dovrebbe affrontare questi temi e stabilire gli impegni precisi da assumere senza più rinvii o esitazioni. Al di fuori di queste conclusioni sarebbe ancora più giustificata la rabbia dei rappresentanti del Sulcis da cui potrebbero scaturire forme di lotta più radicali, non escluso lo sciopero generale. Le organizzazioni sindacali non farebbero male a preparare da subito questa eventualità.

1 Commento a “Sulcis: una crisi senza fine”

  1. Mimmo Di Caterino scrive:

    Il video della giornata:

    http://www.youtube.com/watch?v=fo6SKfaHiAg&feature=share

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