Decreto del fare

16 Luglio 2013
Stefano Deliperi

Il Governo Letta, per chi fosse ancora illuso, mostra il suo vero volto sulle tematiche ambientali. E non solo.
Da un lato il Ministro dell’interno Angelino Alfano consegna – pare all’insaputa (tipica consuetudine italica) del resto del governo – moglie e figlia del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, nelle mani del dittatore Nursultan Nazarbayev, grande amico di Berlusconi. Due ostaggi graziosamente concessi.
Dall’altro, con il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, il c.d. “decreto del fare”, apre la strada al peggiore inquinamento ambientale, per giunta senza pagarne le conseguenze, trascurando altri aspetti criticabili sul piano ambientale e relativi alle terre da scavo, ai materiali da riporto, a ulteriori semplificazioni in materia edilizia.
L’eliminazione della contaminazione di acque di falda potrà avvenire “ove possibile ed economicamente sostenibile” puntando al mero “attenuamento della diffusione della contaminazione”, (art. 41 del decreto-legge n. 69/2013) in modifica dell’art. 243 del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i. (il Codice dell’ambiente).
E’ palese la violazione degli artt. 9 (tutela dell’ambiente) e 32 (tutela della salute) cost., nonché del principio di precauzione, fondamentale nel diritto comunitario (art. 191 T.F.U.E.) e nello stesso diritto nazionale (art. 3 ter del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i.), con disposizioni non modificabili in quanto discendenti dagli obblighi internazionali dello Stato.
Fine della prevenzione, nessun obbligo di ripristino ambientale, per giunta alcuna coerenza con la definizione di “danno ambientale” di cui all’art. 300 del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i., disposizione che lo definisce come “qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale provocata … al terreno, mediante qualsiasi contaminazione che crei un rischio significativo di effetti nocivi, anche indiretti, sulla salute umana a seguito dell’introduzione nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi nocivi per l’ambiente”.
Il diritto all’ambiente e alla salute dell’individuo e della collettività diventa così il rischio di compromesso dello stato di salute dell’ambiente e delle persone dovuto alla contaminazione di un territorio e/o delle falde acquifere.
E’ abbastanza perché deputati e senatori lo rispediscano al mittente?

decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69
– omissis –
Art. 41
(Disposizioni in materia ambientale)
1. L’articolo 243 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,  e successive modificazioni, e’ sostituito dal seguente:
«Art. 243. (Gestione delle acque sotterranee emunte) 1. Nei casi in cui le acque di  falda  contaminate  determinano  una  situazione  di rischio   sanitario,   oltre   all’eliminazione   della   fonte    di contaminazione ove possibile ed  economicamente  sostenibile,  devono essere  adottate  misure  di  attenuazione  della  diffusione   della contaminazione conformi alle finalita’ generali e agli  obiettivi  di tutela, conservazione e risparmio  delle  risorse  idriche  stabiliti dalla parte terza.
2.  Gli  interventi  di  conterminazione  fisica  o  idraulica  con emungimento e trattamento  delle  acque  di  falda  contaminate  sono ammessi solo nei casi in cui non e’ altrimenti  possibile  eliminare, prevenire o  ridurre  a  livelli  accettabili  il  rischio  sanitario associato alla circolazione  e  alla  diffusione  delle  stesse.  Nel rispetto dei principi di risparmio idrico di cui al comma 1, in  tali evenienze  deve  essere   valutata   la   possibilita’   tecnica   di utilizzazione delle acque emunte nei cicli  produttivi  in  esercizio nel sito stesso o ai fini di cui al comma 6.
3. Ove non si proceda ai sensi dei commi 1  e  2,  l’immissione  di acque emunte  in  corpi  idrici  superficiali  o  in  fognatura  deve avvenire  previo  trattamento  depurativo  da  effettuare  presso  un apposito impianto di trattamento delle acque di falda  o  presso  gli impianti di trattamento delle acque reflue industriali esistenti e in esercizio in loco, che risultino tecnicamente idonei.
4. Le acque  emunte  convogliate  tramite  un  sistema  stabile  di collettamento che collega senza soluzione di continuita’ il punto  di prelievo di tali acque con  il  punto  di  immissione  delle  stesse,
previo  trattamento  di  depurazione,  in   corpo   ricettore,   sono assimilate alle  acque  reflue  industriali  che  provengono  da  uno scarico e come tali soggette al regime di cui alla parte terza.
5. In deroga a quanto previsto dal comma 1  dell’articolo  104,  ai soli fini della bonifica  delle  acque  sotterranee,  e’  ammessa  la reimmissione,  previo  trattamento,  delle  acque  sotterranee  nello
stesso  acquifero  da  cui  sono   emunte.   Il   progetto   previsto all’articolo 242  deve  indicare  la  tipologia  di  trattamento,  le caratteristiche  quali-quantitative   delle   acque   reimmesse,   le modalita’ di reimmissione e le misure di  messa  in  sicurezza  della porzione  di  acquifero  interessato  dal  sistema  di  estrazione  e reimmissione.  Le  acque  emunte  possono  essere  reimmesse,   anche mediante reiterati cicli di emungimento e reimmissione, nel  medesimo acquifero  ai  soli  fini  della  bonifica   dello   stesso,   previo
trattamento in un impianto idoneo che ne riduca in modo effettivo  la contaminazione, e non devono contenere altre  acque  di  scarico  ne’ altre sostanze.
6. In ogni caso le attivita’ di cui ai commi 2, 3,  4  e  5  devono garantire  un’effettiva  riduzione  dei  carichi  inquinanti  immessi nell’ambiente; a tal fine i valori limite di emissione degli scarichi degli impianti di trattamento delle acque di falda contaminate emunte sono determinati in massa.».
2. All’articolo 184-bis del decreto legislativo 3 aprile  2006,  n. 152, e successive modificazioni, dopo il  comma  2,  e’  aggiunto  il seguente:
“2-bis. Il decreto del Ministro dell’ambiente e  della  tutela  del territorio  e  del  mare  di   concerto   con   il   Ministro   delle infrastrutture e dei trasporti 10 agosto 2012, n.  161,  adottato  in attuazione delle previsioni di cui all’articolo 49 del  decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge  24 marzo 2012, n. 27, si applica solo alle terre e rocce  da  scavo  che provengono da attivita’ o  opere  soggette  a  valutazione  d’impatto ambientale o ad autorizzazione integrata ambientale.  Il  decreto  di cui al periodo  precedente  non  si  applica  comunque  alle  ipotesi disciplinate dall’articolo 109 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.”.
3.  All’articolo  3  del  decreto-legge  25  gennaio  2012,  n.  2, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 28, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1 sono  aggiunte,  in  fine,  le  seguenti  parole:  «, costituite  da  una  miscela  eterogenea  di  materiale  di   origine antropica, quali residui e scarti di produzione e di  consumo,  e  di terreno, che compone un orizzonte  stratigrafico  specifico  rispetto alle caratteristiche geologiche e stratigrafiche naturali del terreno in  un  determinato  sito  e  utilizzati  per  la  realizzazione   di riempimenti, di rilevati e di reinterri.»;
b) i commi 2 e 3 sono sostituiti dai seguenti:
«2. Ai fini dell’applicazione dell’articolo 185, comma  1,  lettere b) e c),  del  decreto  legislativo  n.  152  del  2006,  le  matrici materiali di riporto devono essere  sottoposte  a  test  di  cessione effettuato sui materiali  granulari  ai  sensi  dell’articolo  9  del decreto del Ministro dell’ambiente 5 febbraio  1998,  pubblicato  nel
supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale 16 aprile 1998, n.  88, ai fini  delle  metodiche  da  utilizzare  per  escludere  rischi  di contaminazione delle acque sotterranee e, ove conformi ai limiti  del test  di  cessione,   devono   rispettare   quanto   previsto   dalla legislazione vigente in materia di bonifica dei siti contaminati.
3. Le matrici materiali di riporto che non siano risultate conformi ai limiti del test di cessione sono fonti di  contaminazione  e  come tali devono essere rimosse o devono essere rese conformi al  test  di cessione  tramite  operazioni  di   trattamento   che   rimuovono   i contaminanti  o  devono  essere  sottoposte  a  messa  in   sicurezza permanente utilizzando le migliori tecniche  disponibili  e  a  costi sostenibili  che  consentono  di   utilizzare   l’area   secondo   la destinazione urbanistica senza rischi per la salute.
3-bis. Gli oneri derivanti dai commi 2 e 3 sono posti integralmente a carico dei soggetti richiedenti le verifiche ivi previste.».
4.  All’articolo  3,  comma  1,  lettera  e.5),  del  decreto   del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n.  380,  dopo  le  parole “esigenze  meramente  temporanee”,  sono  aggiunte  le   seguenti   “ancorche’ siano posizionati,  con  temporaneo  ancoraggio  al  suolo, all’interno di strutture ricettive all’aperto,  in  conformita’  alla normativa regionale di settore, per  la  sosta  ed  il  soggiorno  di turisti.”.
5. All’articolo  1,  comma  359,  primo  periodo,  della  legge  24 dicembre 2012 n. 228, dopo le parole “1, comma 2,” sono  aggiunte  le seguenti “ed agli articoli 2,”, e sono aggiunte, in fine, le seguenti parole “, se attribuiti, in tutto o  in  parte,  con  il  decreto  di nomina di cui al comma 358”.
6.  In  relazione  alla  procedura  di  infrazione  comunitaria  n. 2007/2195, al fine di consentire la semplificazione e l’accelerazione nell’attuazione degli  interventi  di  adeguamento  del  sistema  dei rifiuti nella Regione Campania e  di  accelerare  l’attuazione  delle azioni in corso per il superamento delle  criticita’  della  gestione del sistema stesso, il Ministro  dell’ambiente  e  della  tutela  del territorio e del mare nomina con propri decreti uno o piu’ commissari ad acta per provvedere, in via sostitutiva degli Enti  competenti  in via ordinaria, alla realizzazione  e  l’avvio  della  gestione  degli impianti nella Regione, gia’ previsti e non ancora realizzati, e  per le altre iniziative strettamente strumentali e necessarie. I decreti, adottati sentiti gli Enti interessati, specificano  i  compiti  e  la durata della nomina, per un periodo di  sei  mesi,  salvo  proroga  o revoca.
7. Gli oneri derivanti dall’attuazione del comma  6  sono  posti  a carico degli enti e dei soggetti inadempienti secondo le modalita’ da stabilirsi con i decreti del Ministro dell’ambiente  e  della  tutela del territorio e del mare previsti dal medesimo comma.

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