Dibattito. La sinistra alla prova del voto

16 Febbraio 2008

Enrico Palmas

La tormentata gestazione sembra finalmente volgere al termine: i partiti che si collocano “a sinistra del PD” si presenteranno alle prossime elezioni sotto un unico simbolo. E ciò, a fronte della decisione di Walter Veltroni di far correre da sola la “propria” creatura (contraddicendosi, peraltro, immediatamente dopo, con l’assunzione del partito dell’ex PM Di Pietro, come baby sitter), sembrerebbe già di per sé una buona notizia. Anche le questioni relative allo stesso simbolo sembrano superate, in una tensione unitaria che, giocoforza, richiede il superamento di ogni forma di personalismo.
Tutto bene, dunque? In realtà no, posto che permangono una serie di nodi da sciogliere, la cui esemplificazione richiede necessariamente una schematizzazione che reca in sé il rischio di perdere di vista alcuni elementi del dibattito. Tuttavia, mi pare in ogni caso utile tentare di avviare una riflessione sui temi della campagna elettorale.
In primo luogo, pesa sulla prossima competizione la ragione forte del c. d. “voto utile”. L’affermazione per la quale solo un voto dato al PD è utile al fine di fermare Berlusconi e la sua destra è fuorviante e, quel che è più grave, fatta in palese spregio di ogni spinta ideale. Perché chi sino ad ora ha perseguito il progetto di dare al Paese un nuovo soggetto di sinistra, laico, ambientalista ed a vocazione maggioritaria, dovrebbe considerare “utile” il solo voto espresso in favore di un diverso soggetto che è altro, rispetto al primo? E ciò, consentirebbe forse di mettersi al riparo da tentazioni da “grande coalizione”, nell’immediato dopo elezioni? Non è forse più “utile” un voto espresso sulla base dei propri convincimenti e delle proprie inclinazioni politiche? Io credo di si.
Neppure mi sembra convincente, in secondo luogo, individuare nella candidatura di Bertinotti alla Presidenza del Consiglio, un ostacolo al progetto. La scelta è senz’altro criticabile, sia nel merito che, soprattutto, nel metodo, posto che si tratta di un’imposizione dei vertici dei quattro soggetti che compongono la Sinistra, l’arcobaleno.
Tuttavia, si mentirebbe essendo coscienti di farlo, se si nascondesse il vero nodo di questo dibattito: il processo che conduce all’unità della sinistra – al di là di ciò che appare prima delle elezioni – non è ancora cominciato ed il soggetto politico unitario è ancora di là da venire. Già, perché se si ritenesse cominciato, tale processo sconterebbe difetti difficilmente rimediabili, tra i quali il più rilevante sarebbe quello dell’abbandono dell’obiettivo iniziale. Dove finirebbe, infatti, il carattere inclusivo di un movimento che aveva tra le sue linee guida il coinvolgimento – per molti irrinunciabile e ragione stessa dell’impegno – della c. d. “sinistra diffusa”?
Chi, ancora, se la sente di giurare oggi sul fatto che, conclusa la parentesi elettorale, il soggetto unitario sarà ancora tale?
Insomma, ancora una volta, ciò che diverrà davvero determinante per rispondere ai vari interrogativi che inevitabilmente emergono nel dibattito, saranno i segnali che in concreto verranno percepiti dall’elettorato, ad iniziare dalla composizione delle liste elettorali. Se queste saranno espressione di un vero rinnovamento – da tutti invocato, ma, nei fatti, poco praticato – sia generazionale, che “di genere”, saranno frutto di un’ampia e partecipata discussione sui criteri, ed i metodi saranno ispirati ad una corretta pratica democratica e partecipativa, allora non solo passerebbe in secondo piano la querelle – pur giusta, come detto – sulla scelta del leader, ma si aprirebbe davvero una nuova stagione per la sinistra in Italia ed in Sardegna. Solo attraverso l’emersione di una classe dirigente nuova e priva di inaccettabili compromissioni, si potrebbe avviare quell’ineludibile processo di recupero di credibilità del sistema – politica.
Se, viceversa, tutto ciò non avverrà e nelle concrete manifestazioni dell’agire del nuovo soggetto politico dovessero insinuarsi vecchie ed esecrate logiche di mera spartizione tra i vertici dei quattro soggetti politici, senza un reale coinvolgimento di chi si sente di sinistra, ma ha deciso di non profondere alcun impegno in prima persona, perché stufo, allora si sarà persa l’ennesima occasione.
Ed il popolo della sinistra diffusa, patendo un’ulteriore cocente delusione, potrebbe decidere di rivolgere lontano dalla “cosa rossa” le proprie attenzioni elettorali.
E, in quel caso, sarebbe davvero difficile dar loro torto.

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