Dibattito. Diritto di cittadinanza sportiva

16 Febbraio 2008

Sport
Gianni Cossu

Il rapporto che l’uomo ha avuto con il proprio corpo è stato spesso altalenante, alcune volte centro assoluto d’interesse e di piacere, altre volte fonte di sofferenza come espiazione del peccato. La scienza lo ha usato per approfondire le proprie conoscenze, l’arte per esaltarne le proporzioni ed esprimere i propri sentimenti. Il corpo è anche parte fondamentale della comunicazione umana almeno quanto i suoni e la parola.
La cura di esso è perciò parte non solo necessaria ma essenziale per una società che vuole essere sana e intende proiettarsi nel futuro.
Uno dei metodi più comuni ed importanti per favorire un crescere sano del nostro corpo è il movimento, anche se diventa difficile realizzarlo perché faticoso, perché costoso, perché non ci sono sufficienti strutture dove potersi esercitare, perché non esiste una politica d’intervento pubblico che sia sufficientemente cosciente, preparata, disponibile a innovare i concetti di intervento nel campo del movimento, che noi per tradizione abbiamo chiamato sport, e che possiamo continuare a chiamare sport, anche se dobbiamo cercare di inquadrarlo in modo nuovo. Dobbiamo pensare ad un concetto dello sport in una moderna società possa diventare un diritto per i cittadini di tutte le età, le condizioni sociali, il genere, la nazionalità di provenienza. Una società nella quale lo sport diventa inclusione sociale, difesa e uso della natura, modo di conoscersi e rispettarsi.
Ormai molte nazioni in Europa hanno preso iniziative legislative in questa nuova ottica che hanno permesso anche alla Commissione Europea di approvare un “Libro Bianco sullo sport” nel quale si evidenzia come l’attività sportiva “oltre a migliorare la salute dei cittadini, ha una dimensione educativa e svolge un ruolo sociale, culturale e ricreativo”.
Gli ultimi dati forniti dall’ISTAT ( dati 2006 pubblicati il 20 giugn0 2007 ) rilevano che sono circa 17 milioni 170 mila le persone di tre anni e più (pari al 30,2%) che dichiarano di praticare uno o più sport: il 20,1% lo fa con continuità, il 10,1% saltuariamente.
Lo sport è praticato per passione o piacere ( 63,8% degli sportivi), per mantenersi in forma (53,6%) e per svago (50,4%). Anche la diminuzione dello stress costituisce una motivazione molto importante (30,4%); seguono la possibilità che lo sport offre di frequentare altre persone (25%), i valori che lo sport trasmette (13,7%), il contatto con la natura (12,7%) e le potenzialità terapeutiche (11,5%).
Con riferimento alla dimensione competitiva solo il 36,40% dei praticanti ha dichiarato di aver partecipato ad una o più competizioni ufficiali organizzate da Federazioni sportive, Coni o Enti di promozione. Dall’analisi di questi dati emerge evidente come la finalità agonistica dello sport non costituisca, per la maggior parte dei praticanti sportivi, un elemento cardine dello sport, e che i cittadini italiani sono già nei loro comportamenti cittadini europei.
Il governo Prodi ha, raccogliendo il suggerimento di Bruxelles, compiuto due atti fondamentali nella direzione dello sviluppo dello “sportpertutti”: ha costituito il Ministero dello sport, dando dignità politica ad un’attività che coinvolge tanta parte di cittadini ma , soprattutto, consegnando al Governo il ruolo di indirizzo politico che prima era del CONI. Il secondo intervento, proseguendo nelle linee indicate dalla Comunità Europea è inserito dentro la finanziaria del 2008, dove
ha introdotto il concetto di sport di cittadinanza, dove lo sport non è più soltanto un piacere individuale, ma piuttosto un diritto per l’individuo e un dovere per la collettività, dando responsabilità organizzativa alle Associazioni per lo sport di cittadinanza che sono finalizzate a promuovere attività sportive non riconducibili alla formazione e preparazione alle competizioni olimpiche o ad altre manifestazioni agonistiche organizzate sotto l’egida del Coni e delle Federazioni sportive.
Questa novità politica determina nel nostro paese un riequilibrio nelle strutture che governano lo sport.
Infatti, mentre prima esisteva solamente il CONI che accentrava tutti i poteri di governo dello sport derivati da questa unicità, rendendo il movimento sportivo nei fatti zoppo, il riconoscimento delle Associazioni per lo sport di cittadinanza completa e ristabilisce un equilibrio che da tempo si tentava di realizzare.
Tra l’altro dentro questo nuovo disegno diventano centrali nella programmazione delle politiche sportive le Regioni e gli Enti Locali che raccolgono e indirizzano i progetti presentati dalle Associazioni.
La destabilizzazione del precedente equilibrio sta condizionando molto i rapporti dentro il movimento sportivo e non solo. Si pensi che il Presidente nazionale del Coni Giovanni Petrucci qualche giorno fa, nell’immediatezza della caduta del governo, chiedeva conto delle sue azioni al Ministro Giovanna Meandri in riferimento a questa novità normativa, lamentandosi dello scippo subito.
Ma un problema io credo che lo troveremo in Sardegna perché, con il cambiamento di guida presso l’Assessorato allo sport, le scelte di politica sportiva sembrano più orientate al sostegno delle attività sportive in preparazioni delle Olimpiadi e quindi delle manifestazioni agonistiche organizzate dal Coni e dalle Federazioni sportive, relegando il concetto di ruolo sociale dello sport al primo articolo della legge regionale n°17 del 17 maggio 1999 e ad un manipolo di disperati dirigenti di alcuni Enti di promozione sportiva.
Bisogna riconoscere che fa specie leggere la bozza della finanziaria regionale, per quanto riguarda gli interventi a favore dello sport, avendo in mente una maggioranza di centro sinistra ed un Assessore che, dalle note di stampa, mai smentite, sembra faccia riferimento alla Sinistra Arcobaleno, è quindi paradossale che un governo di sinistra elabori una finanziaria con una quantità ingente di risorse ( la sardegna è fra le regioni che spende di più nello sport ) indirizzate per l’80%, a supportare la politica del Coni.
Queste sono spesso le contraddizioni che si verificano quando un Governo diventa autoreferenziale, perde qualunque contato con i cittadini, diventa sordo alle loro istanze e pensa di essere circondato soltanto da questuanti.
Il cambiamento lo si può svolgere soltanto coinvolgendo il cittadino, non allontanandosi, ascoltando, non dando giudizi, cercando di capire e, dove non ci si riesce, facendosi aiutare. La partecipazione non la ricerca dell’approvazione delle proprie azioni deve essere l’unico mezzo lecito per un governo che si dichiara di sinistra.
Il movimento sportivo si aspetta molto dall’applicazione di questa novità importante realizzata dal Ministro Melandri e dalla maggioranza in Parlamento, per noi sardi, poterla utilizzare correttamente o meno dipende dal nostro governo regionale. Io mantengo l’ottimismo della volontà e il pessimismo della ragione.

1 Commento a “Dibattito. Diritto di cittadinanza sportiva”

  1. Pietrina Chessa scrive:

    ho letto l’interessante articolo di Gianni Cossu, con il quale sono impegnata da tanto tempo nel tentativo di dare una nuova “forma” allo sport , in ambito nazionale e locale. Condivido le sue preoccupazioni ed invito la redazione del manifesto sardo a pubblicare il riferimento della iniziativa che il Gruppo Consiliare Regionale di Rifondazione Comunista organizzerà il 1 marzo, alla quale avrebbe dovuto partecipare anche Gianni Cossu ma che purtroppo ha dovuto declinare l’invito per chè impegnato a Roma in una importante riunione dell’UISP.

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