Briatores

1 Settembre 2011

Natalino Piras

Una delle estati più drammatiche degli ultimi cinquant’anni. Lo è stata. Lo è. E noi qui con Briatore, con la sua presenza e la sua ombra. Ma ne valeva la pena? A una cosa è servito: a rivelare i nostri ruoli di pastores e intellettuali. Dal un lato il ribadire una storia di tempo fermo, di mentalità asservita all’assistenza. Voglia ne hai tu di programmare autonomia e cambiamento. Abbiamo nel sangue questo attendere altrui benevolenza. E quando protestiamo non è etica protestante la nostra. L’altro aspetto rivela come di fronte a contingenze scottanti i nostri opinionisti e pontificatori “opinionino”, pontifichino e tergiversino. Sempre gli stessi, che passano da una sagra, una spiaggia, una tv, da un festival all’altro. Et nos inoke. Come la pietra. Sfinges. Furbe e sempre opportuniste contestazioni di romanzieri. Oppure silenzio. Come se fossimo noi, non Briatore, a vendere l’ombra al diavolo per ricchezza, come il Peter Schlemihl di von Chamisso.
In sardo briatore significa uno che litiga. Ma pure che rampogna. Tutta terminologia impropria per l’uomo d’affari Flavio Briatore, mere, padrone del Billionaire a Porto Cervo, in Costa Smeralda. Mere in terra anzena, in terra d’altri, prinzipale di una considerevole parte della costa sarda, luogo della vacanza vip, a costi elevatissimi che la maggior parte dei sardi, sempre la solita solfa, non si possono permettere. (Da poco ci hanno pensato i russi a lasciare al Billionaire un buffo di poco meno di centomila euro, bargaminato in champagne).
A estate inoltrata, Briatore, che ebbe pendenze con la giustizia italiana, è stato invitato a pranzo dai pastori, a Bitti, in un’ azienda che fu meno di cinquant’anni fa cuile, ovile. Ho sentito qualche altra ombra, alcuni giorni fa, raccontare di nuove visite briatoriane, magari meno reclamizzate Lo scopo dei pastores è quello di utilizzare Briatore come uomo immagine: della loro protesta per il prezzo del latte, per lo svilimento del lavoro della campagna, per essere lasciati soli a gestire un mercato per molto tempo assistito, regionalmente e istituzionalmente gestito. Una fabbrica elettorale. Una campagna che ha sfornato tanto giornalismo, tanta antropologia, innumerevole finzione. Ce chi da questo sfruttamento del noi pastori ha saputo trarre profitto senza che ai pastori questo interessasse realmente. Il termine concreto, l’unità di misura era su casu, non il libro. E adesso arriva Briatore. Anche lui si fa pastore. Crea questa apparenza che genera indignata protesta, pure giornalistiche convenzioni, slogan, ballos non serios. E, molto più pericolose, captationes di benevolenza, mascherate da distacco, da assenza di presa di posizione. Vediamo qualche dettaglio. Oltre la protesta, nei pastori c’è una logica di capitale: associare il prinzipale del Billionaire a una catena di vendita del prodotto. Da parte sua Briatore, non nuovo a sortite in terra barbarica sarda come elemosiniere, dice di essere d’accordo sulla protesta dei pastori. E gli altri? Dalla terra dei pastori arrivano attestati di stima a Briatore, di benvenuto. Non solo la gente comune ma anche uomini-simbolo della cultura e dello spettacolo, politici, intellettuali. Sembrerebbe la realizzazione di un sogno, la venuta del principe azzurro finalmente bene accolto dai notabili e dal popolo basso. Solo che Briatore non è il principe azzurro né mai pensato da parte sua, ci sembra di arguire, di diventarlo. Sempre a proposito di utilizzo merce torna in mente una cronaca di qualche anno fa quando Briatore patron della Renault andò a festeggiare in smeraldina costa la vittoria di un grand prix, in un locale che non era il Billonaire. E, dissero le cronache, non pagò il conto perché ritenuto troppo esoso. Dice un proverbio sardo: Corvu chin corvu… Sta qui il punto.
Non si vuole qui fare nessuna chiamata di correo. Chi è che non viene solleticato, nella dimensione del sogno, se uno, importante, danaroso, ti propone di sponsorizzare il tuo interesse, la tua immagine? Sta qui la domanda: da dove viene la dazione del denaro per la realizzazione del sogno? È che bisogna sfatare la dimensione di un sogno che rischia di diventare, lo è già, sonno, torpore dopo che la feria della ragione ha generato mostri. Costa si intende per feria della ragione? È quando la vendita della propria ombra al diavolo del bisogno e del sogno della ricchezza viene sostituita dall’ombra di altri demoni: quelli delle briciole di uno spietato liberismo spacciato per pane intero nelle terre di costa smeralda. A proposito di immagine, che bisogno ha la gente del nostro spettacolo e del nostro folklore, che molto ha lavorato sul recupero della tradizione con molta fatica e rigore, di dare il benvenuto paesano a Briatore? L’ospite? La persona importante? Il diverso? Antonio Pigliaru e Michelangelo Pira avrebbero da ridire sul fatto che possa esserci solidarietà del “noi barbarico” con uno che ebbe conti da risolvere con la giustizia, dal “noi barbarico” tradizionale intesa come “altro stato”, altra nazione. Il fatto è che ha sempre ragione Machiavelli quando dice che “gli uomini dimenticano piuttosto la morte del padre, che la perdita del patrimonio”. Che patrimonio intellettuale ha da lasciarci Briatore? Anni fa lo intervistò Vittorio Zincone per “Sette” del “Corriere della sera”. A una domanda sulle ultime recenti letture, l’allora patron della Renault rispose che i libri non erano nel suo genere di interesse. Altre carte. Donne. Motori. Adesso, aggiorniamo noi per Zincone, ci mette anche casu.
Una delle estati più drammatiche. Chi sa quando e come finirà. Nel frattempo:
1) il caro prezzi ai limiti dello strozzinaggio e dell’usura ribadisce il nostro antico male: la vocazione alla bardana per la bardana e, nella modernitate, l’inadeguatezza a programmare turismo come giusta economia, come mercato equo e solidale
2) sempre male unidos, siamo briatores tra di noi, mentre Briatore Flavio e consorte presenziano, con tanto di mediatica, globale reclame (altro che a dir di Sardigna) alle nozze della figlia di Ecclestone, nella medievale Bracciano, a palazzo degli Odescalchi (dice un modo di dire sardo a indicare la noblesse e il fatto che se non c’è uno non se la può dare: Ite ti credes? Chi est de sa casa borromeana?)
3) intellettuali e scrittori: sono (siamo?) organici a questo tipo di isola, di insularità.

3 Commenti a “Briatores”

  1. Marcello Madau scrive:

    Caro Natalino, mi pare di ricordare che in quella occasione Briatore, a proposito dei libri, mostrò i suoi scaffali: i libri erano costituiti da dorsi molto accurati che avvolgevano scatole vuote che simulavano lo spessore delle pagine.

  2. Natalino Piras scrive:

    Giusta memoria, caro Marcello. Tutto concorre, vuoto librario compreso, a dire di come siamo governati dall’apparenza. Idola, “l’idolo della ricchezza e del potere, l’idolo della lussuria e dell’arroganza, dell’egoismo e tanti altri idoli”. Contenente e contenuto coincidono. E li adorano. Smaniano per somigliargli.

  3. Nico Orunesu scrive:

    Complimenti a Natalino per la lucida analisi. Per ridurre il tutto a questioni di mera pancia, secondo i giornali ad Alghero Briatore ha pranzato a pomodoro e mozzarella senza bere nulla; a suo dire era a dieta. Mantre in quell’ovile di Bitti, s’hat mandikàtu virde e siku, e s’at bìtu su mare!
    E’ inutile, i ricconi-mandikatòres sembrano istintivamente portati a sentire più i profumi acri delle stanze dell’Hotel Supramonte che non l’aria spruzzata di abbronzanti delle riviere, sia pur coralline. Si direbbe una sindrome di Stoccolma.
    E naralis màkos. Sos màkos semus nois, pastoreddos de paku-prus- o mànku.

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