Coronavirus e privatizzazione delle spiagge

16 Maggio 2020
[Stefano Deliperi]

Patine di ambientalismo e desideri di privatizzazione strisciante delle spiagge non solo non sono venute meno con la drammatica pandemia di coronavirus COVID 19, ma ne risultano rinfrancate, con buona pace dei tanti virtuosi propositi manifestati di maggiore solidarietà collettiva e di un migliore rapporto con la nostra Terra, l’unica che abbiamo.

Puntuali e consueti come presepi patinati, anche quest’anno sono state assegnate le bandiere blù dalla Fondazione per l’Educazione Ambientale (F.E.E.), ben 195 Comuni italiani se ne possono fregiare.

Nell’immaginario collettivo, grazie anche a un’informazione superficiale, sono sinonimo di qualità ambientale, in realtà i criteri di assegnazione sono molto di manica larga e spesso e volentieri rappresentano un grossolano maquillage d’immagine per veri e propri scempi ambientali[1].

Per esempio in Sardegna nel 2020 sono state assegnate bandiere blù in quattordici Comuni (Santa Teresa di Gallura, La Maddalena, Palau, Castelsardo, Sorso, Sassari, Oristano, Tortolì, Bari Sardo, Teulada, Badesi,  Quartu S. Elena, S. Antioco).

Fra le “perle” litoranee dove sventolano le bandiere blù troviamo anche la spiaggia di Tuerredda, a Teulada (CA), nei mesi estivi letteralmente sempre più soffocata da chioschi, ombrelloni, parcheggi, feste come una qualsiasi spiaggia della Riviera Romagnola, mentre dovrebbe esser  salvata da un rigido numero chiuso di auto e bagnanti, e quella di Pirrotto Li Frati-Baia delle Mimose, a Badesi (SS), invece soffocata dal cemento del complesso Baia delle Mimose, ormai colato fin sulle dune, nonostante numerose azioni legali ecologiste e di procedimenti penali per abusivismo edilizio.

Bandiere blù anche come foglie di fico su scempi ambientali, quindi. Forse il carico antropico diminuirà spintaneamente solo grazie alle distanze dovute per evitare i contagi della nuova peste. Altro che qualità ambientale. Ma non finisce qui.

Se da un lato – giustamente – la  legge regionale Sardegna n. 3 del 21 febbraio 2020, che consente, a semplice domanda, la permanenza per tutto l’anno di chioschi e installazioni sulle spiagge munite di semplice concessione demaniale stagionale, violando tutte le normative di salvaguardia ambientale e paesaggistica, è stata impugnata dal Governo davanti alla Corte costituzionale per palese violazione delle competenze statali in materia, d’altro canto sono sempre più insistenti le richieste di allargare le concessioni demaniali ai danni delle spiagge libere per compensare dai danni del coronavirus quei concessionari che generalmente pagano poche migliaia di euro all’anno di canone .

Oppure, perché non regalare ai concessionari o ad altri non meglio identificati soggetti la gestione – non gratuita – della spiaggia libera per garantire il rispetto delle disposizioni anticontagio sulla base dei protocolli INAIL e ISS? L’improvvida proposta avanzata per la spiaggia del Poetto, per esempio, è stata prontamente ritirata a furor di popolo.

Certo, le distanze anticontagio in spiaggia vanno mantenute e verificate, ma non c’è bisogno di plastica inquinante e svolazzante al primo maestrale o di balzelli nelle solite tasche, c’è bisogno di responsabilità dei bagnanti, vigilanza e di multe per chi sgarra.

Oltre 25 mila cittadini hanno già sottoscritto la  petizione popolare per la salvaguardia delle coste sarde per chiedere la fascia costiera dei 300 metri dalla battigia libera da cemento e da occupazioni arbitrarie.

La petizione, promossa dall’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus, è stata finora sottoscritta da cittadini di ogni estrazione sociale, sia sardi che turisti del resto d’Italia e stranieri. Abbiamo difeso, difendiamo e difenderemo la nostra Terra, millimetro per millimetro. Ne stiano certi.

 

Stefano Deliperi è il portavoce del Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

La petizione per la salvaguardia delle coste sarde si firma qui http://chng.it/M4Kmxy7LtJ.

 

 

 

 

[1]I parametri? Di ogni genere. Dalle “eccellenti” acque di balneazione ai regolari campionamenti effettuati nel corso della stagione estiva dalle agenzie regionali nell’ambito del Programma nazionale di monitoraggio passando per la depurazione delle acque reflue o la copertura fognaria, almeno all’80%. Ma sono considerate nella valutazione anche la raccolta differenziata, le aree pedonali e le piste ciclabili, le caratteristiche delle spiagge (personale, accessibilità, servizi), l’educazione ambientale nelle scuole del posto. Così come la qualità delle strutture alberghiere e la certificazione ambientale e delle procedure delle attività istituzionali e delle strutture turistiche presenti sul territorio” (La Repubblica, “Bandiere Blu. L’eccellenza in 293 spiagge”, 11 maggio 2016).

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