Cpr, le prigioni amministrative dei migranti. Uno sguardo sul centro di Macomer

16 Dicembre 2021

[Riccardo Bianco]

Nel mese di ottobre è stato pubblicato il primo rapporto sui CPR a cura del CILD (Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili). Il titolo “Buchi neri, La detenzione senza reato nei Centri per i Rimpatri (CPR)” analizza tutte le evidenti criticità dello strumento della detenzione amministrativa e della gestione nazionale dei centri dislocati su tutto il territorio nazionale.

L’analisi si riferisce al periodo tra gennaio 2020 e luglio 2021 ed è stata curata da Federica Borlizzi e Gennaro Santoro. Il report – un lungo lavoro di analisi e di studio – dimostra la fallacia dell’istituto, la cattiva gestione dei centri territoriali, in un connubio tra fondi europei, gestioni private e difficoltà di accesso alle strutture da parte dei Garanti. Per la realizzazione dello studio sono stati presentati dei questionari ai vari soggetti in gioco: ai gestori dei 10 Cpr presenti in Italia e alle prefetture competenti, ai Garanti locali, alle aziende sanitarie competenti e infine agli avvocati e alle avvocate dei trattenuti. Per comprendere ancora più approfonditamente le questioni sono state inoltre presentate tutta una serie di interviste ad alcuni osservatori privilegiati.

Il report svolge un’analisi giuridica dell’istituto, in relazione alla normativa europea, quella nazionale e in riferimento alle Corti europee e internazionali che possono essere adite per la tutela dei migranti che si ritrovano in stato di detenzione amministrativa. Lo studio poi verte sull’analisi dei 10 CPR presenti sul territorio nazionale. E tra questi rientra  l’unico presente sul territorio sardo: il CPR di Macomer.

Il CPR di Macomer è stato aperto il 20 gennaio 2020 all’interno dell’ex carcere di massima sicurezza e sin da subito sono sorte problematiche di competenza. Infatti non si è riuscito a comprendere chi dovesse esercitare funzione di “garanzia” per il centro se le figure dei Garanti di Tempio Pausania, di Nuoro o quello di Oristano. “Solo quest’ultimo è riuscito ad avere accesso nella struttura ma non in qualità di Garante locale bensì come competente della delegazione di due consiglieri comunali che stavano effettuando un sopralluogo all’interno del Centro”:

Altre criticità intervengono in merito al vincitore della gara d’appalto indetta dalla Prefettura di Nuoro nel 2019. La società vincitrice è stata la ORS Italia che secondo il criterio dell’offerta economicamente vantaggiosa ha presentato un ribasso del 3% rispetto ai costi previsti.

Ma chi è la società ORS Italia Srl?

Il Gruppo ORS, si legge nel report, è una società con sede a Zurigo che opera da più di 30 anni nell’accoglienza e nella detenzione amministrativa dei migranti in tutta Europa.

Da anni vi sono inchieste giornalistiche che cercano di comprendere chi ci sia realmente dietro questa società. Da quello che si evince è che la società sia: “partecipata per intero dalla OXZ Holding (OX Group) di Zurigo. Il gruppo è stato acquisito nel 2013 da un fondo di private equity controllato dalla londinese “Equistone Partners”, uno spin-off della banca Barclays, attivo dal 2011”.

Inoltre nel 2015 la società è stata oggetto di un Rapporto di Amnesty International che ha denunciato condizioni inumane di accoglienza dei migranti nel Centro Austriaco Traiskirchen. “Il centro era stato progettato per accogliere 1.800 migranti ed era arrivato ad accogliere 4.800. Secondo una logica – come indicato del Deputato Erasmo Palazzotto del nell’interrogazione parlamentare del 17 maggio 2020 – in quel Centro come in tutte le strutture gestite da ORS, sembra essere sempre la stessa: taglio dei costi e massimizzazione del profitto con «risparmi» su visite sanitarie, corsi di formazione, penuria di cibo, qualità degli alloggi”. La stessa società è stata segnalata, nel 2018, dalla Ong “Droit de Register” per la cattiva gestione del centro di Friburgo.

Insomma una società esperta nel guadagno sulla pelle dei migranti che non tutela in nessun modo i migranti presenti in un centro, detenuti senza aver commesso alcun reato. Le dimensioni del centro prevedono una capienza di 50 persone mentre il personale presente è assolutamente insufficiente. Inoltre la Prefettura di Nuoro ha indicato che per ciascuno dei tre blocchi abitativi siano presenti dei cortili esterni e che vi sia un programma di attività ricreative da svolgersi nel locale mensa.

Ma senza voler smentire le indicazioni della Prefettura le informazioni emerse e indicate dall’avvocata Rosaria Manconi sono ben diverse. Infatti il CPR di Macomer risulta un’area di “parcheggio umiliante dove i trattenuti trascorrono il loro tempo nel totale ozio, dove non esistono aree di socialità e non è possibile svolgere attività fisica né tantomeno culturale. Un luogo di attesa, dove i trattenuti sono bloccati senza sapere quale sarà il loro destino. È un carcere a tutti gli effetti ma senza le garanzie che l’ordinamento penitenziario, bene o male, prevede per i detenuti”.

Il quadro che emerge dal report è senza dubbio agghiacciante e se il luogo di rimpatrio dovrebbe assumere una forma completamente diversa da quella del carcere, nella sostanza rappresenta  un vero proprio luogo di detenzione. Normative nazionali carenti e le gestioni territoriali non permettono in nessun modo di garantire i diritti minimi dei migranti.

Nell’immagine: Macomer, centro rimpatrio migranti nell’ex carcere.

Scrivi un commento


Ciascun commento potrà avere una lunghezza massima di 1500 battute.
Non sono ammessi commenti consecutivi.


caratteri disponibili

----------------------------------------------------------------------------------------
ALTRI ARTICOLI