Digitalizzazione in sanità e telemedicina

1 Novembre 2022

[Mario Fiumene]

Negli ultimi due anni la Pandemia di Covid-19 ha messo in luce alcune criticità del nostro sistema Sanitario Nazionale. Con riferimento soprattutto alla gestione dei malati cronici presenti nel nostro Paese e in maggioranza anziana, bisognosa di assistenza sociosanitaria.

Durante la Pandemia sono emerse le differenze regionali nel recepire il Piano Nazionale della Cronicità; la mancata realizzazione dei Percorsi Diagnostico Terapeutico Assistenziali; la ridotta diffusione del Fascicolo Sanitario Elettronico; la limitata digitalizzazione di numerose strutture sanitarie: telemedicina poco utilizzabile. A livello mondiale risulta che il 46% di persone ha sfruttato strumenti digitali per un teleconsulto. Oggi, un maggiore utilizzo del teleconsulto sta ripensando il tradizionale modello di assistenza sanitaria. Vediamo meglio cosa cambia con la telemedicina.

Oltre a fornire assistenza a distanza è possibile migliorare la comunicazione multidisciplinare del personale di cura e assistenza; consente di supportare i caregiver concretamente. Un utilizzo più strategico permetterebbe a chi opera in ospedali periferici di poter chiedere consulenze a colleghi di centri specialistici. Negli ultimi 15 anni molti ospedali periferici sono stati costretti a chiudere: eppure i cittadini preferiscono rivolgersi alle strutture dove trovano una risposta rapidamente. La telemedicina si è dimostrata un valido strumento nella cura dei pazienti domiciliari per arginare la diffusione della pandemia da Covid-19. In Italia abbiamo un Centro Nazionale per la telemedicina e le Nuove tecnologie Sanitarie; ha il compito di costruire i pilastri su cui poggerà l’intero sistema nazionale di telemedicina.

Il compito non è semplice e nemmeno facile: bisogna cambiare i processi dell’organizzazione sanitaria. Un’ organizzazione burocratico-professionale assai rigida. Per un cambiamento reale bisogna formare nuove figure professionali; bisogna puntare su una riorganizzazione multidisciplinare. L’idea del medico o dell’infermiere che lavorano in totale autonomia deve essere abbandonata se si vuole fare un buon uso della telemedicina.  Come già avvenuto in altri Paesi, anche in Italia si devono creare figure come il Case Manager: qualche esempio esiste già in alcune Regioni ma non sono concretamente riconosciute. In concreto dovrà accadere che il professionista dovrà imparare a trasmettere la propria conoscenza nella relazione con il paziente e moderare la propria interazione con gli altri professionisti. Oltre alla figura del Case Manager, ovvero del laureato in scienze infermieristiche con competenze sia digitali che cliniche, che coordina i trial clinici, dovrà esserci il consulente progettista dei servizi (cito il Direttore del Centro Nazionale per la Telemedicina all’Istituto superiore di Sanità – F. Gabrielli).  

È indispensabile avviare nelle Università, dei corsi di laurea e post-laurea specifici per medici, infermieri e vari professionisti della sanità. Il settore sanitario ha bisogno urgente di risorse umane che sappiano dare risposte al bisogno di salute dei cittadini. Il PNRR si basa su un contratto che deve essere onorato: l’arrivo della telemedicina potrà essere accettato dai cittadini solo se gli addetti ai lavori sapranno dimostrarne la validità e l’utilità. Per maggior chiarezza, elenco alcuni esempi per quanto detto in precedenza:

Si è scritto, nei vari D.M. di riforma del servizio sanitario per ospedale e territorio (71 e 77), che le COT: centrali operative territoriali avranno il compito di coordinamento delle attività sanitarie e sociosanitarie; avranno il compito di integrare ospedale e territorio. Saranno necessarie professionalità con competenza informatica, giuridica, medica ed organizzativa altamente qualificate che interagiranno tra loro e con i singoli pazienti. Tutto avverrà in modo interattivo: telefono, SMS, chat, e-mail, app, eccetera. Di fatto si dovrà estendere a tutti il fascicolo sanitario elettronico, si dovrà utilizzare la cartella clinica informatizzata.

Attualmente la medicina territoriale e ospedaliera, portano avanti una medicina di aspettativa, cioè si attende che il paziente mostri i sintomi della malattia per essere curato. In questo modo, non si fa prevenzione per evitare la malattia. Bisogna passare alla medicina di iniziativa per fare prevenzione e incidere sul cambiamento dello stile di vita delle persone. Bisogna evitare di intasare il Pronto Soccorso; i posti letto per acuti devono essere disponibili.

Attraverso la telemedicina, si potranno ridurre i trasferimenti temporanei dal domicilio all’ospedale, si potranno ridurre gli spostamenti degli specialisti, nel caso questi ultimi debbano recarsi a domicilio, ecco un esempio: osservazione e monitoraggio a distanza di pazienti affetti da lesioni da pressione. Presso una Azienda sanitaria italiana (Treviso), attraverso una applicazione realizzata con le moderne tecnologie, il personale che garantisce Assistenza Domiciliare integrata per i pazienti con patologie croniche, può portare avanti le attività di controllo in modo semplice e rapido grazie all’ausilio di un tablet.

L’applicazione ha consentito di evitare l’accesso di pazienti anziani fragili in ospedale durante la Pandemia da Covi-19. I numeri offrono un quadro chiaro: su 1038 pazienti, ben 227 avevano lesioni da pressione di 3° e 4° e necessitavano una visita specialistica per valutare i risultati della terapia. Ad oggi sono stati registrati 9800 accessi da tablet per curare le lesioni. La presenza a domicilio è assicurata dal personale infermieristico che fotografa, per mezzo dei tablet, la lesione della cute; l’immagine viene poi inviata al geriatra e al chirurgo vascolare, che danno le indicazioni agli infermieri sulla terapia da seguire.

Questa modalità operativa consente di ottimizzare il flusso operativo, in quanto offre allo specialista l’opportunità di indicare la terapia da seguire: le immagini inviate dal personale infermieristico giungono immediatamente. Un ulteriore vantaggio lo hanno i pazienti che non devono spostarsi in ospedale. Ed anche i familiari ne giovano: meno stress e non devono chiedere giornate di permesso dal lavoro per gli spostamenti. Altrettanto giovamento stanno avendo i pazienti della città di Bologna, che ricevono a domicilio il dosaggio della terapia anticoagulante.  Con una notevole riduzione dei costi sociali: a tal proposito racconto che ben dieci anni fa, durante la mia attività lavorativa presso una Azienda sanitaria, feci richiesta agli uffici competenti per dare in dotazione, agli infermieri del servizio ADI, i tablet; ottenni un diniego: vennero considerati troppo costosi!

L’integrazione tra ospedale e territorio dovrà essere straordinaria: è previsto che le strutture sociosanitarie che sono state proposte, siano dotate di nuove tecnologie (con fondi del PNRR). Perché si realizzi questo importante cambiamento è necessario adeguare numericamente le figure professionali nelle strutture sanitarie: medici di medicina generale, infermieri di famiglia, medici specialisti, fisioterapisti, eccetera, tutti in grado di utilizzare le nuove applicazioni digitali. Altrimenti la Pandemia non ci ha insegnato niente e il PNRR sarà solo un debito per tutti.

Nell’immagine, un murale a Sottana che denuncia la mancanza di sanità sulle Madonie, realizzato da Simone Ferrarini del Collettivo FX

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