Il gap c’è ma sta nella nostra testa, non nel mare!

1 Agosto 2016
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Cristiano Sabino

Credo che in nome del popolo sardo dovremmo esprimere gratitudine solenne al premier italiano Matteo Renzi e ai suoi mediatori pro loco per i soldi che ci ha portato in dono con il “patto per la Sardegna”. Con questi quasi tre miliardi di euro sarà finalmente affrontata quella tragedia che è l’insularità.

Già, lo sanno tutti che essere un’isola è un grosso handicap – come lo ha definito l’eurodeputato Cicu all’indomani del riconoscimento europeo dell’insularità di Sicilia e Sardegna – da cui si riesce difficilmente a venirne fuori. Infatti è notorio che tutte le isole del mondo sono terribilmente depresse e i loro abitanti sono tutti poveri.

Purtroppo 3 miliardi sono troppo pochi sia per prosciugare il mare con pompe idrovore, sia per contattare la premiata ditta “Mosè&Miracoli” per farci aprire un corridoio biblico che ci colleghi direttamente con la nostra amata madrepatria. Sarebbe stato bello anche completare la perfetta fusione che i nostri trisnonni hanno inaugurato con i terrammanesos a metà Ottocento costruendo un bel ponte tutto dritto direttamente verso Roma. Mi hanno spiegato però che manca un fattore oggettivo essenziale per poter realizzare l’opera, ovvero la presenza di una partnership mafiosa radicata sul territorio senza cui queste grandi opere non possono farsi.. peccato, accontentiamoci per ora di questa pecunia pattizia, in attesa di tempi migliori.

Però non ritengo giusto che soltanto noi poveri isolani sardi possiamo beneficiare della bontà dei benefattori italiani e mi auguro che anche altre isole poverissime in quanto isole possano essere aiutate dalla generosa mano italica. L’elenco è lungo, ma io partirei dalle isole più povere e disastrate: Inghilterra e Giappone. Gli abitanti di queste isole sono poverissimi in quanto appunto affetti dal famoso morbo naturalistico meglio noto tra gli studiosi come “gap dell’insularità” ed è necessario che gli aiuti umanitari patri arrivino anche a loro per organizzare ponti umanitari e portare generi alimentari di primo conforto. In particolare verso l’isola di Inghilterra che oltre al gap insulare è stata recentemente colpita da un’orribile altra pestilenza nota fra gli addetti ai lavori come “morbo della brexit”: una vera pandemia bubbonica che colpisce soprattutto i vecchi, i poco scolarizzati e gli abitanti delle campagne e delle periferie..

«Ma che dici» – si obietterà – «Inghilterra e Giappone sono stati e poi sono enormi, come fai a paragonarli alla Sardegna? Noi non siamo uno stato e non siamo grandi, ecco perché l’insularità è oggettivamente un gap!». Bè, c’è del vero in questo. Infatti è altrettanto nota la povertà della Repubblica di Malta, un arcipelago di isole di enorme dimensione pari a 315,6 km² con una popolazione enorme di circa 350 mila persone. Avete mai sentito parlare del fatto che i parlamentari maltesi si lamentino per il famoso morbo del “gap insulare” che devasta la loro economia?

Oggi il PIL maltese supera di 14 punti medi quello sardo ed è in crescita, eppure la posizione al centro del Mediterraneo dovrebbe privilegiare la nostra isola e non Malta. «Si» – aggiungeranno i difensori dell’esistenza del celebre morbo – «però Malta è uno Stato indipendente, noi no!». Questa è già una osservazione più acuta della precedente e di quelle maggiormente in voga nel mainstream che forma la nostra opinione pubblica, perché si passa da considerazioni di natura fisico-geografica a questioni di natura politica ed economica. La povertà dunque non è da imputare all’essere “isola”, bensì alle politiche di dipendenza (subalternità) o di indipendenza che un’isola può mettere in atto.

Però non è vero neppure che tutte le isole che non sono stati sono povere. Le Baleari sono isole, non sono uno stato e non sono povere. La nostra cugina Corsica è un’isola, non è uno stato, ma non è povera. Lo stacco con la Corsica è ancora maggiore di quello con la Repubblica di Malta: ben 17 punti. Come la mettiamo? Continuiamo a menarcela con questa fesseria del gap insulare o affrontiamo il vero problema e cioè che il gap non sta nel mare, bensì nelle politiche di dipendenza e subalternità a cui decenni di “governi autonomisti” di centro, di sinistra, di destra e a pallini ci hanno ridotti?

Prendiamo il discorso che il governatore Pigliaru ha tenuto all’Università di Sassari all’arrivo di Renzi. In sintesi ha dichiarato che su alcune questione possiamo fare da soli (sanità, scuola ed agroalimentare), mentre su altre abbiamo bisogno di una mano, come per esempio appunto il gap insulare di cui sopra. Qual’è il senso di questa affermazione?

Pigliaru ha citato tre temi precisi su cui “possiamo fare da soli”. Vediamoli sinteticamente uno per uno. 1) Scuola: la Giunta non ha fatto valere l’articolo 5 dello statuto che gli permetteva di «adattare alle sue particolari esigenze le disposizioni delle leggi della Repubblica, emanando norme di integrazione ed attuazione» anche in materia di istruzione.

È rimasta pavida e servile davanti alla scellerata riforma renziana nota col nome orwelliano di “buona scuola” e non l’ha impugnato davanti alla Corte Costituzionale e quindi non ha ha fatto nulla per impedire il probabile esodo dei docenti sardi verso il nord Italia. Inoltre ha sistematicamente smantellato tutte le politiche linguistiche eradicando di fatto il sardo dall’istituzione scuola. La sua fedelissima (e intoccabile) assessora alla cultura Claudia Firino ha aperto recentemente alla proposta di legge riguardo l’insegnamento obbligatorio di “Storia e Civiltà del vino” e nel contempo sta promuovendo la dialettizzazione della lingua sarda facendo macchine indietro rispetto ali timidi avanzamenti della politica della Giunta soriana.

Intanto da due anni i ragazzi delle scuole non possono più compilare i moduli per partecipare ai corsi di sardo. 2) Sanità: con la riforma della Asl unica (con sede a Sassari o a Cagliari non importa) va a prendere corpo quel disegno di smantellamento della sanità radicata sul territorio che sta vedendo la chiusura o il ridimensionamento da macellai di importanti strutture (alcune una volta addirittura di eccellenza) come Ozieri, Thiesi e Lanusei a favore dell’operazione di privatizzazione come per esempio quella del Mater Olbia. 3) Agroalimentare: dopo due anni stanno tornando a lottare i pastori dell’MPS che questa volta annunciano azioni di protesta anche contro gli industriali (in particolare contro i fratelli Pinna a causa dello scandalo del formaggio “sardo” prodotto con il latte rumeno) e contro il consorzio del “pecorino romano”. La causa scatenante è il nuovo crollo del prezzo del latte risceso sotto l’euro al litro, ma la questione strutturale è l’importazione di carni e prodotti agroalimentari dall’estero (importiamo l’80% di prodotti) e il dilagare dei grandi centri commerciali oramai aperti anche la notte e 7 giorni su sette. Cosa hanno fatto gli italianisti al governo per implementare una politica di sovranità alimentare?

Ecco. Questi sono i terreni su cui “possiamo fare da soli” citati da Pigliaru. E in effetti su questi terreni Pigliaru&Co hanno dimostrato i loro reali obiettivi: scondinzolare davanti alla legge 107 voluta da Renzi senza fare valere lo statuto, pronarsi davanti ai partner miliardari della Qatar fondation smantellando la sanità pubblica in favore di quella privata e restare completamente inerti davanti alla distruzione del comparto agroalimentare sardo. A che serviranno dunque i tre miliardi portati in dote da Renzi con il famoso patto (che poi la metà viene dal Fondo di Sviluppo e Coesione, quindi non sarebbe manco da contare come intervento speciale)?

Forse a completare l’opera di «non possiamo affrontare da soli» elargendo fiumi di denaro (pubblico e in parte sardo) a rigassificatori, centrali a carbone, ampliamento dell’occupazione militare (distretto aerospaziale sardo), al vecchio polo dell’alluminio ed altamente inquinante di “Mortovesme” come lo chiamano simpaticamente i carlofortini, al bluff della chimica verde, alla Qatar Fondation e a tutte le altre multinazionali che stanno razziando e avvelenando la nostra terra?

Per la prima volta sulla base del rapporto Crenos è stato  quantificato il famoso “gap dell’insularità” che ammonterebbe a circa 1 miliardo e 100 milioni di euro. Ma a quanto ammonta invece il gap derivante dall’essere governati da questa banda di servili, pavidi ed eterodiretti agenti della colonizzazione che lavorano, indefessamente e per giunta stipendiati dalle nostre tasse, per svendere la nostra amata Sardegna alle multinazionali e allo stato italiano?

Il gap c’è ed è evidente, ma lo ripeto, sta nella nostra testa e non nel mare!

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