I voucher per gli screening oncologici e il futuro della sanità

1 Giugno 2021

[Mario Fiumene]

Ecco quanto emerge dal Terzo Rapporto sull’impatto del Covid-19 riguardo all’offerta di prevenzione oncologica nel corso del 2020 stilato dall’Osservatorio nazionale screening, strumento tecnico a supporto del Ministero e delle Regioni collocato presso l’Istituto per lo Studio, la Prevenzione e la Rete Oncologica (Ispro) di Firenze.

Dai dati dell’osservatorio emerge che oltre 4 milioni di inviti e 2 milioni e 500mila test di screening in meno nel 2020 rispetto al 2019, che si traducono in ritardi di 5 mesi per lo screening per il tumore del collo dell’utero, di 4 mesi e mezzo per quello della mammella e 5 mesi e mezzo per lo screening del tratto colon-rettale.

Un tempo sospeso che potrebbe costare molto in termini diagnostici: in numeri si stimano in oltre 3.300 i carcinomi mammari, 2.700 le lesioni cervicali, in quasi 1.300 i carcinomi del colon-retto e oltre 7.400 gli adenomi avanzati, non “intercettati” a causa dei ritardi negli screening.

Alcune regioni hanno premuto sull’acceleratore per recuperare il tempo perso, nella maggioranza delle realtà italiane il ritardo è addirittura aumentato, con le Regioni meridionali spesso in sofferenza.

Il SSN è alimentato da risorse derivanti dalla fiscalità generale. La maggior parte di questi finanziamenti afferisce alle Regioni che, dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, hanno di fatto l’esclusiva della organizzazione e gestione dell’assistenza sanitaria nel loro territorio. Questa prerogativa regionale ha fatto sì che i Servizi Sanitari delle diverse Regioni avessero tra loro anche differenze circa la quantità, la qualità e il costo dei servizi erogati; ciò ha comportato diseguaglianze e disparità e ha costituito, in alcune aree, la causa principale della migrazione dei cittadini verso altre regioni al fine di ottenere prestazioni migliori e più sollecite.

Come dobbiamo interpretare l’iniziativa dell’Inps con l’offerta, ai dipendenti e pensionati, di voucher gratuiti (contributi dei dipendenti pubblici) per screening oncologici? (l’Inps ha lanciato un bando dal titolo “Screening per la prevenzione e diagnosi precoce di patologie oncologiche” rivolto a tutti gli iscritti al Fondo Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali, in servizio o quiescenza, fra i 30 e i 65 anni, nati tra il primo gennaio 1956 e il 31 dicembre 1991, a prescindere dalle condizioni di reddito ).

Quali sono le garanzie per i cittadini? Si tratta di un servizio che prevede una presa in carico? Viene da chiedersi: si continua ad avere prassi di stampo mutualistico? Le prestazioni saranno interamente finanziate con i contributi dei dipendenti pubblici iscritti, quindi viene meno la Legge 833/78 basata sulla fiscalità generale?

Altre perplessità derivano dalla seguente precisazione dell’Inps: l’accesso avviene su richiesta autonoma. Chiediamoci se non sia una ulteriore marginalizzazione del MMG? Non si rischia di avere una pletora di prestazioni non necessarie? C’è di più nelle comunicazioni dell’Inps: gli utenti potranno anche richiedere al proprio “laboratorio di fiducia” di convenzionarsi con Inps. Sorge spontanea la domanda: non si rischia di accentuare le disparità tra le varie aree territoriali, per la differente presenza di strutture convenzionate?

Ancora un altra osservazione: quella dell’Inps non è una campagna strutturata di screening: pare abbiano previsto una raccolta statistica dei dati in collaborazione con un polo universitario pubblico. Sarebbe opportuno che i dati venissero messi a disposizione del Ssn.

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