Il Comitato per la riconversione della RWM scrive ai sindaci del Sulcis-Iglesiente

16 Luglio 2019
[Arnaldo Scarpa e Cinzia Guaita]

La lettera aperta dei portavoce del Comitato Riconversione della RWM Arnaldo Scarpa e Cinzia Guaita. I portavoce chiedono ai sindaci del Sulcis – Iglesiente di non sprecare questa occasione di incontro e progettazione, tutelando interessi estranei e contrari alla nostra cultura. Il comitato evidenzia ai sindaci che non è possibile mantenere l’occupazione salvando una produzione in contrasto con leggi italiane e trattati internazionali, perché destinata a chiudere prima o poi. Il comitato ritiene che solo finanziando un progetto serio di investimento sulla riconversione del territorio si possa risollevare lo stesso dalla crisi (red).

Gentilissimi Sindaci riuniti per la salvaguardia del lavoro nel nostro territorio, come abitanti del Sulcis-Iglesiente e cittadini italiani sentiamo la necessità di dirvi cosa ci aspettiamo da voi in questo momento.

Prima di tutto auspichiamo che vi sediate insieme intorno al tavolo avendo a cuore la Nostra Costituzione che, tra il resto, nell’art. 11 ripudia la guerra e nell’art. 41, nel garantire la libertà di iniziativa economica, dispone che non possa svolgersi “in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana».

Ci aspettiamo che abbiate presente il dettato della Legge n.185 del 9 luglio 1990 (“Nuove norme sul controllo dell’esportazione, dell’importazione e transito dei materiali d’armamento” e gli impegni presi con la ratifica del Trattato sul commercio internazionale di armi convenzionali (Arms Trade Treaty ), adottato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

Nella direzione del rispetto di quanto su elencato, infatti, vanno sia le mozioni parlamentari presentate da diverse forze politiche (PD, Leu, FdI), che quella approvata senza voti contrari, dalla maggioranza del Parlamento e da cui parte la presa di posizione del Governo, annunciata sui social dal Vice-Premier Di Maio e per la quale si attendono imminenti atti ufficiali.

Deve essere chiaro a tutti che il Governo non fa altro che creare le condizioni politiche perché venga rispettata una legge dello Stato, una legge che ha una storia di partecipazione della società civile, in perfetta sintonia con la Posizione Unica Europea, e che in tal modo raccoglie l’universale aspettativa di pace tra i popoli e ha presenti le gravi condizioni della popolazione yemenita (vittima della peggiore catastrofe umanitaria dal secondo dopo guerra), indotte dalla guerra in atto da anni a cui l’Italia ha indirettamente dato il proprio contributo.

Salutiamo positivamente una riunione dei Sindaci che si proponga di affrontare in maniera congiunta il problema della disoccupazione nel territorio, tema che ferisce più di 25.000 persone nel Sulcis Iglesiente e di conseguenza le loro famiglie.

In questo quadro occorre riconsiderare serenamente l’apporto in termini di lavoro che al territorio viene dato dalla RWM, fabbrica che indirizza circa la metà della propria produzione all’Arabia Saudita e che, secondo il bilancio 2018 dà lavoro stabile a 177 persone tra lo stabilimento di Ghedi e quello di Domusnovas o, se vogliamo leggere il numero sommato a quello dei lavoratori interinali, relativamente a Domusnovas è di 341, molti dei quali assunti probabilmente per far fronte alla grossa commessa Saudita che ha già ricevuto autorizzazione all’export (e che ora, non essendoci le condizioni legali, dovrebbe essere bloccata). E’ appena il caso di ricordare che, per effetto del decreto sicurezza e del contesto generale delle politiche sull’immigrazione, nel sud della Sardegna sono stati persi in poco tempo circa 500 posti di lavoro e nessuno ha convocato riunioni per dire che occorre accogliere gli immigrati per non abbassare il livello occupazionale. Le bombe, invece, ci pare ricevano un trattamento di favore. Occorre, secondo alcuni, mantenerne la produzione senza neppure valutarne la destinazione illegale.

A noi sembra sproporzionato l’impegno profuso dalla politica e dai sindacati per salvaguardare la fabbrica e riterremmo opportuno che esso venisse indirizzato alla riconversione globale dell’economia del territorio per garantire il lavoro, che può avvenire attraverso un grande progetto collettivo nel quale chiamiamo in causa innanzitutto il Governo a cui spetta stimolare con autorità la costituzione dell’organismo economico organizzativo in grado di conseguire in breve tempo le finalità già richiamate.

La stessa L.185/90 prevede la possibilità di finanziare la riconversione. Chiamiamo in causa la Regione Sardegna, che si può dotare di una legge ad hoc per sostenere l’eventuale riconversione della stessa azienda, circostanza che potrebbe verificarsi, dato che viene meno la commessa Saudita e che la Rheinmetall, (che controlla la RWM e non fa in Germania ciò che fa in Italia in tema di produzione e export di armi) produce anche nel settore non bellico.

La Regione Sardegna, esprimendo una politica non dipendente dalle multinazionali della guerra e valorizzando la reputazione dell’Isola, potrebbe intervenire in molti modi anche per una riconversione dei posti di lavoro da destinare ad altre aziende già esistenti o da avviare, tenendo conto delle inclinazioni e delle competenze di quanti dovessero perdere il lavoro nell’azienda bellica. Si può pensare ad un grande progetto, in collaborazione con l’Università di Cagliari e con esperti internazionali e condiviso dal basso, che porti la Sardegna come faro nel mondo per la propria capacità di “ripensarsi” quale terra di pace?

Ai Sindaci del nostro territorio chiediamo di guardare lontano, di pensare ai nostri figli e ai nostri nipoti. La riconversione della “polveriera” ad industria bellica, secondo fonti dell’epoca, è avvenuta nel 2001 per salvaguardare 30 posti di lavoro e per onorare la Difesa Italiana con produzioni proprie. Come abbiamo visto l’obiettivo è stato ampiamente spostato (non ci stiamo certamente difendendo dallo Yemen, il paese più povero del Medio-oriente) e ci sono voluti anni di battaglie per far applicare una Legge nazionale vigente. Non vorremmo trovarci tra 20 anni ad avere la monocultura della guerra, che blocca altre forme di sviluppo, sottopone il territorio a ricatti occupazionali, esporta oltre che le bombe che transitano nelle nostre strade e viaggiano nei nostri porti e aeroporti, insieme alla gente, anche i guadagni, la cui parte più ingente non viene reinvestita in sviluppo locale.

Rimaniamo disponibili per un dialogo sul tema, mettendo a disposizione di un progetto di sviluppo sostenibile anche i numerosi esperti in vari settori (giuridico, economico, culturale, artistico, tecnico, della comunicazione, ecc.) che hanno fino ad ora accompagnato il nostro cammino, allegando ed estendendo a ciascuno di voi la lettera di richiesta di incontro inviata recentemente al Presidente della Regione e a quanti potete vedere in indirizzo.

Vi auguriamo un proficuo lavoro lungimirante e teso al bene comune e restiamo in attesa di un riscontro.

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