Indifferenze applicate: 6 CFU

16 Ottobre 2010

carta

Pierluigi Carta

Nel dicembre 2008 Paolo Flores d’Arcais si domandava se “l’Onda, il movimento di contestazione e proposta che ha investito l’università e le scuole di ogni ordine e grado, avrà la capacità di esprimere una resistenza e anzi di produrre un’offensiva contro i tre killer della libertà/potere di ciascuno –diseguaglianza, conformismo, paura”. La risposta è negativa, in quasi due anni l’Onda si è sciolta al sole e si è scontrata contro lo scoglio roccioso dell’indifferenza che contraddistingue queste ultime generazioni, ma in questi giorni qualcosa di nuovo sta riempiendo le aule magne delle facoltà o si tratta solo di un altro déjà-vu? Quest’anno è in auge il demodé e torna il tormentone di due anni fa tra i titoli e occhielli di testata, “83 piazze per gli studenti”, “Ci hanno rapito il futuro”, “Pane e Nutella contro la Gelmini”, mentre gli atenei affrontano un prologo da incubo e un incipit didattico pieno di voragini e corsi scopersi. La storia si ripropone solo come parodia, vedere la repubblica di Salò, o la Lega, che è una parodia da quando è nata, forse è per questo che ha questa presa sociale di questi tempi. Il neoliberismo invece no, è una cosa seria che scompone la società civile e penetra nelle nostre vite e nelle nostre case in maniera multiforme, andando a toccare tutti quei diritti che il popolo si è guadagnato con duecento vent’anni di lotte sociali e civili. In questi giorni si parla di attentato al diritto allo studio, perpetrato da una fattispecie di burattino con occhialini da maestrina, acconciatura a la page e una laurea d’avvocato conseguita nientemeno che in Reggio Calabria. Un burattino che non fa che dare in pasto al circo mediatico i suoi connotati mentre applica leggi apparentemente sconnesse, devastanti per l’istruzione pubblica, idiote, taglia-futuro e stronca-generazioni. In due anni abbiamo assistito ad un neosessantotto fatto di mezze occupazioni, lezioni nelle piazze, assemblee autogestite partecipate da ordinari ex sessantottini defilati con l’orologio alla mano pronti a prendere un aereo per coprire un’altra cattedra chissà dove in Italia, cortei silenziosi, sfilate colorate da bandierine e i volti imberbi di studenti più eccitati che preoccupati. Abbiamo visto tutte le piazze di Italia invase da striscioni, bare di cartone, funerali per la scuola pubblica, ricercatori indisponibili, Gelmini impiccate, Tremonti alla gogna, feticci dei nostri politici e politicanti esposti come capri espiatori per quello che non era ancora successo ma che sta succedendo in questo momento. La stessa pastetta salva-coscienze si è riproposta il 12 ottobre a Cagliari, quando la sera stessa dell’approvazione dell’avvio dell’anno accademico in sede di Senato, si son ritrovati davanti al municipio gli undici Presidi e il Rettore per consegnare un’epistola scaricabarile al Sindaco Floris. Il corteo partito dal Rettorato ha percorso le vie dello shopping cagliaritano in orario d’aperitivo, un bel gesto che ha messo in vista molti e ottenuto poco, come il Consiglio degli Studenti allargato davanti al Magistero del 13 ottobre, partecipato da appena un quarantesimo degli iscritti all’università. Ho parlato di indifferenza appunto per commentare i numeri della protesta, dei manifestanti, degli scontenti e degli oppositori, sempre irrisori e irrimediabilmente minoritari rispetto al totale dei titolari dei diritti lesi, di quelle persone che non si sono ancora accorte che la Scuola e l’Università stanno cambiando concezione e struttura, ovviamente in peggio, in senso mediocre per i più ed elitario per pochi. Alla Camera slitta di un giorno l’approvazione del ddl, perché Fli s’impunta sulla norma a favore dei ricercatori -il passaggio a professore associato per 9 mila ricercatori in 6 anni- e pur avendo Hannibale ad portas  la massa del mondo accademico giace inerte e l’unione tra ricercatori e studenti si poggia su basi ambigue e su una difformità di fini. -L’indifferenza- diceva Gramsci –è la molla fondamentale della storia, ma al rovescio- ovvero non esiste fatalità, esistono solamente “le manovre tessute da un gruppuscolo di pochi che indirizzano la vita collettiva” e la -massa ignorante che appunto ignora e l’evoluzione degli eventi che travolge tutto e tutti, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Mentre sui giornali leggiamo che la novità dell’anno è la Fotopetizione nazionale contro il ddl Gelmini, per “mostrare i volti delle vittime della demolizione dell’Università pubblica” la protesta resta incerta, il movimento parte debole, poco energico, fluido, senza una direzione politica certa o un obbiettivo concreto, tipica espressione di quella “generazione poco abituata ad alzare la voce e pronta a soccombere contro la generazione dei padri”. La realtà è che non c’è una fazione politica sulla quale fare affidamento, il Pd voterà l’approvazione del ddl, come l’Idv, il dialogo con le Istituzioni produrrà solamente un’altra perdita di tempo e lo sperpero di un’infinità di ore di studio per migliaia di studenti. “La cultura della strada, dello scontro e della protesta” come si sente dire alle assemblee è sacrosanta, ma la protesta se resta tale è inefficace anzi deleteria, bisogna combattere per ottenere un risultato che sia concreto e rilevante, sapendo che non ci sono all’orizzonte né soluzioni né messia che possano cambiare la situazione di studenti, precari o disoccupati. Se c’è qualcosa da fare bisogna farla ora, sono gli studenti a dover agire uniti, per far comprendere alla società civile, già martoriata da altri problemi quali sono i rischi che stiamo correndo. Riempire le piazze per un giorno al mese può essere un segnale, ma esistono altre forme d’azione, la prima e la più efficace è l’informazione, la conoscenza e presa in considerazione dei problemi reali e di più grande momento in seno alla nostra società.  Un’università Spa, una Scuola Spa, il nuovo progetto in corso di analisi presso il ministero dell’Economia, è solo una conseguenza banale dei tagli che nel 2012 raggiungeranno lo zenit, le strutture pubbliche collasseranno e subentreranno i privati che, come è già successo per altre strutture, alzeranno le rette, i costi e i balzelli, appagando il pubblico con un servizio degno dei CIE. “Scuole Spa” è l’ipotesi di una società per azioni cui conferire la proprietà degli edifici scolastici e la competenza per la loro manutenzione e messa in sicurezza, oggi in carico agli enti locali. Il concerto dei ministeri dell’Economia, dell’Istruzione e delle Infrastrutture analizza l’ipotesi, presto forse amara realtà, dato che si lavora per produrre un provvedimento legislativo entro il mese d’ottobre, di “vendere” ai soliti appaltatori rampanti i brandelli di quel che resta di una struttura così old style come la scuola pubblica. Lo scopo sarebbe quello di gestire meglio i flussi di spesa, reperire nuove risorse e garantirci l’ignoranza. Come si usa dire in questi casi: Buon anno scolastico.

1 Commento a “Indifferenze applicate: 6 CFU”

  1. Tiziana Fois scrive:

    “la Scuola e l’Università stanno cambiando concezione e struttura, ovviamente in peggio, in senso mediocre per i più ed elitario per pochi.” Che fare? Sinceramente non lo so, non lo so più. Mai stata in prima linea nelle lotte “politiche” diciamo così, se si escludono un paio d’anni di riunioni nella sede di uno di quei partiti che si chiamavano allora “sinistra extraparlamentare”. Ancora adolescente, molto impaurita. Col tempo il riscatto lento da quella insicurezza mi ha permesso di affrontare libri, idee, studio, lavoro e confronto. Sempre lontano dalla politica attiva…o, forse, sarebbe meglio dire lontana dalla politica di coloro che fanno diventare la politica la loro principale attività. Eppure ai valori dell’uguaglianza, della cultura, dell’equità sociale, del riconoscimento e rispetto e dell’altro ho costantemente creduto e su di essi sempre basato la mia azione nei rapporti privati e in quelli pubblici, vale a dire nel lavoro che svolgo. Se qualcosa dunque è mancata al mio agire “sociale” è stata proprio la dimensione collettiva, quella eclatante, quella vissuta da molti/e della mia età. Se un’etica dell’agire individuale esiste, posso senz’altro dire di averla praticata con consapevolezza e scrupolo. Purtroppo, ora, la realtà appare refrattaria all’azione individuale in un modo mai sperimentato prima. Paura, forse, senz’altro anche, ma soprattutto indifferenza e conformismo, resistenza ai barlumi di…rettitudine, di responsabilità, stanno devastando le ns vite.

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