La conflittualità fra i sindacati

16 Marzo 2011

Mariano Carboni *

Io non credo che ci siano particolari differenze tra quello che sta avvenendo in Sardegna ed il resto del paese, in materia di unità sindacale e rapporti tra le varie organizzazioni confederali. Infatti, nonostante le divisioni tra le varie categorie e le confederazioni, e gli accordi separati in materia di riforma del modello contrattuale e di ccnl, tantissimi coordinamenti nazionali hanno continuato ad operare unitariamente nelle varie provincie e regioni del nostro paese. Tra questi meritano di essere citati, per ragioni di brevità, il settore degli  ascensori ed il settore delle istallazioni telefoniche nei quali, con la supervisione dei Segretari Nazionali, continua l’elaborazione sindacale comune che sta sfociando in iniziative di mobilitazione che hanno sempre carattere unitario. Ricordo che il settore delle istallazioni telefoniche ha promosso un iniziativa di mobilitazione (otto ore di sciopero e manifestazione a Roma) il 23 febbraio 2011 con il coinvolgimento di tutto il comparto nazionale. Per completezza d’informazione è opportuno evidenziare che questo non vale solo per i gruppi nazionali, ma vale anche per tantissime aziende, le cui RSU, hanno continuato ad operare in stretta connessioni ed in un clima di collaborazione, di ascolto e di rispetto reciproco. Allo stesso modo si sta agendo in tantissime provincie e regioni italiane. E poi, non bisogna dimenticare che noi in Sardegna abbiamo un problema in più! Se la condizione economico, produttiva ed occupazionale di tante regioni del nostro paese è da considerarsi difficile, quando si parla della Sardegna il quadro diventa terribilmente drammatico. Abbiamo la crescita del PIL al di sotto della media nazionale, il settore industriale in piena difficoltà, la disoccupazione complessiva al 16%, quella giovanile che sfiora valori del 45%. Di fronte ad un simile contesto è evidente l’interesse della varie categorie e delle confederazioni di trovare le possibili convergenze, identificare il terreno comune dell’azione sindacale e negoziale, per poi rapportarsi con le Istituzioni Regionali e Nazionali (Giunta RAS e Governo) per svolgere la giusta azione di stimolo e di contrasto. Non sarebbe normale agire diversamente! Io non credo che le menti più illuminate del movimento operaio italiano possano gioire di fronte alle divisioni sindacali, siano esse regionali, siano esse nazionali. Le maggiori conquiste si sono fatte con il massimo dell’unità e della coesione sindacale, che significa unità e coesione di tutti i lavoratori. Questo vale anche per il settore metalmeccanico, il cui massimo splendore si è conosciuto durante la fase della FLM, si pensi agli anni 70. Finita quella fase, conclusasi quell’esperienza, sono riprese le difficoltà! Così come penso non sia casuale, ed anche questo va ricordato, che le peggiori sconfitte coincidono sempre con le divisioni sindacali, si pensi a quanto accaduto in Fiat negli anni ottanta, a quanto sta accadendo oggi nella medesima azienda, a come si sono rinnovati i contratti nazionali, negli ultimi 10 anni, ed al pericolo di conoscere la cancellazione di questo strumento. Non è un mistero per nessuno, il fatto, che i settori più retrivi della Federmeccanica non vedono l’ora di celebrare il funerale del contratto nazionale e del sindacato di rappresentanza e tra questi il funerale della Fiom e la Cgil.. Per queste ragioni, nonostante le difficoltà, non ci si deve rassegnare all’inevitabilità della divisione sindacale. L’unità sindacale serve soprattutto a noi e ci aiuta a limitare il ricorso agli accordi separati. Dobbiamo fare un lavoro paziente, azienda per azienda, provincia per provincia, regione per regione, alla ricerca di possibili punti di convergenza con l’intento di mantenere uniti i lavoratori. L’esperienza sindacale, di questi anni, mi ha insegnato che divisione sindacale significa contrapposizione frontale tra gli stessi lavoratori e che anche nel sindacato, come nella politica, esiste la militanza in buona fede. E’ questa la ragione per la quale la Cisl e la Uil, nonostante gli innumerevoli errori commessi, non stanno conoscendo la contrazione delle iscrizioni. Molti militanti contestano le scelte compiute ma non revocano l’iscrizione a questi sindacati. Dobbiamo ragionare tenendo conto di queste specificità e delle difficoltà che ne derivano. Concludo dicendo che, quello che io ho sostenuto, non significa rinunciare alle nostre idee. D’altro canto in Sardegna abbiamo rispettato tutte le decisioni assunte dal Direttivo Nazionale Cgil e dal Comitato Centrale della Fiom. Non abbiamo bucato un solo passaggio assembleare ed abbiamo organizzato una straordinaria manifestazione regionale il cui risultato è stato a dir poco lusinghiero. Questo vuol dire un esplicito riconoscimento, da parte dei lavoratori metalmeccanici e della società civile, del lavoro di confronto e di proposta messo in atto, nel corso degli anni, dalla Fiom e dalla Cgil Sarda.
*Segretario regionale della Fiom

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