La Giunta Pigliaru persevera per il nuovo Editto delle Chiudende, il Consiglio regionale la segue
1 Novembre 2016Stefano Deliperi
Altro che un qualsiasi vicere sabaudo ottocentesco, nella Sardegna del XXI secolo si fa sul serio. La Giunta Pigliaru, con la deliberazione n. 57/13 del 25 ottobre 2016 ha approvato il disegno di legge regionale (testo + relazione illustrativa) concernente “Disposizioni urgenti in materia di usi civici. Modifiche all’articolo 18-bis della legge regionale 14 marzo 1994, n. 12 (Norme in materia di usi civici. Modifica della legge regionale 7 gennaio 1977, n. 1 concernente l’organizzazione amministrativa della Regione sarda)”, ovviamente con la massima trasparenza, il più profondo buon senso, la più ampia condivisione con la cosiddetta società civile, la più strenua attenzione alla tutela ambientale e degli interessi pubblici delle collettività locali.
D’altra parte, non potrebbe attendersi di meno da una Giunta regionale di centro-sinistra, autonomista, nonché sovranista. Tutto questo è molto bello, ma la realtà è diversa. Molto meno oleografica. E stavolta non l’han creata i soliti berlusconiani. In pratica, la Giunta Pigliaru ha proposto che i terreni appartenenti ai demani civici siano sclassificati – cioè sdemanializzati – ma la perdita della tutela paesaggistica di cui al decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i. sarebbe sospesa in attesa delle verifiche svolte dal Ministero per i beni e attività culturali e del turismo e della Regione nell’ambito degli accordi di copianificazione propri della pianificazione paesaggistica.
Un pastrocchio sul piano giuridico (non si comprende a qual titolo quelle aree rimarrebbero tutelate con il vincolo paesaggistico pur avendo perso la qualifica demaniale civica), un vero e proprio furto ai danni delle collettività locali, che sarebbero depauperate di terreni del proprio demanio civico senza nulla ìn cambio.
Ricordiamo, infatti, che i titolari dei diritti di uso civico sono i cittadini residenti in un dato Comune, non il Comune. La Giunta Pigliaru ha proposto e lo stesso 25 ottobre, in seduta notturna resa possibile dall’accordo di tutti i capigruppo delle formazioni politiche consiliari (art. 102 del Regolamento interno), il Consiglio regionale – evidentemente dopo approfondita analisi – ha approvato. Di notte, di soppiatto, in silenzio.
Perché “il portato … degli usi civici … blocca in Sardegna molte iniziative degli enti locali”, come ha affermato l’on. Attilio Dedoni (Roformatori Sardi) e “ci sono tabacchini, ristoranti, bar che stanno sugli usi civici e su terreni gravati da uso civico”, come ha sottolineato l’on. Marco Tedde (Forza Italia). Gli attuali Giunta e Consiglio regionali non vogliono soltanto salvare i tabacchini dagli usi civici, vogliono a tutti i costi passare alla storia, vogliono un nuovo ignobile Editto delle Chiudende, nonostante il precedente sia sotto giudizio della Corte costituzionale e nonostante la recente decisione categorica già attuata dalla stessa Corte costituzionale.
Ricordiamo, infatti, che il Governo Renzi ha deciso (10 giugno 2016) di impugnare (art. 127 cost.) davanti alla Corte costituzionale la legge regionale11 aprile 2016, n. 5 (finanziaria 2016), fra cui le norme (art. 4, commi 24°, 25°, 26° e 27°) che dispongono nuove ampie ipotesi di sdemanializzazione di terreni a uso civico dai demani civici (legge n. 1766/1927 e s.m.i., regio decreto n. 332/1928 e s.m.i., legge regionale n. 12/1994 e s.m.i.).
Questo il precedente Editto delle Chiudende, contro il quale l’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus aveva inoltrato una puntuale e documentata istanza (18 aprile 2016) proprio per la proposizione dell’impugnativa davanti alla Corte costituzionale.
Queste norme regionali, proposte e votate da una maggioranza trasversale sovranista e di centro-sinistra, violano infatti le competenze statali esclusive in materia di tutela dell’ambiente (artt. 9, 117, comma 2°, lettera s, cost.), come già riconosciuto con la sentenza della Corte costituzionale n. 210/2014, che dichiarò illegittima la legge regionale Sardegna n. 19/2013 di analogo contenuto.
Il Gruppo d’Intervento Giuridico onlus ha espresso forte soddisfazione per la decisione governativa, in quanto da sempre difende e continuerà a difendere con una campagna permanente i demani civici e i diritti di uso civico delle collettività locali, che costituiscono circa un quinto della Sardegna, dalle vergognose operazioni speculative fin troppo spesso sostenute da iniziative politiche di ben basso profilo. D’altro canto, davanti a simile nuova iniziativa legislativa non può che proporre ulteriore istanza al Governo nazionale perché mantenga ferma l’impugnativa davanti alla Corte costituzionale in difesa degli interessi ambientali e per la tutela dei diritti di uso civico.
Il Gruppo d’Intervento Giuridico onlus avanza anche una proposta per i casi dove ci si ritrovi davanti a radicali e irreversibili trasformazioni di terreni appartenenti a demani civici, per salvaguardare valore ambientale e diritti delle collettività locali. Eccola di seguito, utilizzabile liberamente e gratuitamente da Giunta e Consiglieri regionali. E speriamo che prima o poi giunga un sussulto di buon senso e prudenza.
Qui i motivi di ricorso contenuti nella delibera del Consiglio dei Ministri del 10 giugno 2016.
Qui il quadro attuale dei demani civici e dei diritti di uso civico in Sardegna. Proposta di legge regionale “Trasferimento dei diritti di uso civico e sdemanializzazione di aree compromesse appartenenti ai demani civici”
Relazione illustrativa
La realtà dei demani civici in Sardegna rappresenta un fenomeno di grande importanza eppure finora poco conosciuto e ancor meno curato da parte della Regione autonoma della Sardegna.
Al termine delle operazioni di accertamento demaniale saranno molto probabilmente più di 400 mila gli ettari interessati dai diritti di uso civico nell’Isola.
Gli usi civici e gli altri diritti d’uso collettivi sono in generale diritti spettanti a una collettività, che può essere o meno organizzata in una persona giuridica pubblica (es. università agraria, regole, comunità, ecc.) a sé stante, ma comunque concorrente a formare l’elemento costitutivo di un Comune o di altra persona giuridica pubblica: l’esercizio dei diritti spetta uti cives ai singoli membri che compongono detta collettività.
Gli elementi comuni a tutti i diritti di uso civico sono stati individuati in:
– esercizio di un determinato diritto di godimento su di un bene fondiario;
– titolarità del diritto di godimento per una collettività stanziata su un determinato territorio;
– fruizione dello specifico diritto per soddisfare bisogni essenziali e primari dei singoli componenti della collettività.
L’uso consente, quindi, il soddisfacimento di bisogni essenziali ed elementari in rapporto alle specifiche utilità che la terra gravata dall’uso civico può dare: vi sono, così, i diritti di uso civico di legnatico, di erbatico, di fungatico, di macchiatico, di pesca, di bacchiatico, ecc. Quindi l’uso civico consiste nel godimento a favore della collettività locale e non di un singolo individuo o di singoli che la compongono, i quali, tuttavia, hanno diritti d’uso in quanto appartenenti alla medesima collettività che ne è titolare.
Dopo la legge n. 431/1985 (la nota Legge Galasso), i demani civici hanno anche acquisito una funzione di tutela ambientale (riconosciuta più volte dalla giurisprudenza1). Questa funzione è importantissima, basti pensare che i demani civici si estendono su oltre 5 milioni di ettari in tutta Italia (un terzo dei boschi nazionali), mentre i provvedimenti di accertamento regionali stanno portando la percentuale del territorio sardo rientrante in essi a quasi il 20% (circa 400.000 ettari).
Molte normative regionali, così come anche la legge regionale sarda n. 12/1994 e s.m.i., vi hanno aggiunto alcune nuove “fruizioni” (es. turistiche), ma sempre salvaguardando il fondamentale interesse della collettività locale. In particolare sono rimasti invariate le caratteristiche fondamentali dei diritti di uso civico. Essi sono inalienabili (art. 12 della legge n. 1766/1927), inusucapibili ed imprescrittibili (artt. 2 e 9 della legge n. 1766/1927): “intesi come i diritti delle collettività sarde ad utilizzare beni immobili comunali e privati, rispettando i valori ambientali e le risorse naturali, appartengono ai cittadini residenti nel Comune nella cui circoscrizione sono ubicati gli immobili soggetti all’uso” (art. 2 legge regionale n. 12/1994). Ogni atto di disposizione che comporti ablazione o che comunque incida su diritti di uso civico può essere adottato dalla pubblica amministrazione competente soltanto verso corrispettivo di un indennizzo da corrispondere alla collettività titolare del diritto medesimo e destinato ad opere permanenti di interesse pubblico generale (art. 3 della legge regionale n. 12/1994).
Con il decreto Assessore Agricoltura R.A.S. n. 953/DEC A 53 del 31 luglio 2013, previa deliberazione Giunta regionale n. 21/6 del 5 giugno 2013, sono stati dati gli indirizzi interpretativi per i procedimenti relativi alla gestione dei diritti di uso civico e dei demani civici.
Infine, con l’approvazione regionale degli strumenti previsti (regolamento per la gestione, piano di recupero e gestione delle terre civiche) è, così, possibile tutelare efficacemente il demanio civico e svolgere tutte quelle operazioni (permute, recuperi, sdemanializzazioni, trasferimenti di diritti, ecc.) finalizzate a ricondurre a corretta e legittima gestione una vera e propria cassaforte di natura della comunità locale.
Una delle problematiche più rilevanti in materia riguarda le diverse ipotesi in cui – spesso decine di anni or sono – i Comuni abbiano alienato illegittimamente terreni a uso civico attualmente irreversibilmente trasformati da edifici, abitazioni, aziende, impianti industriali.
La soluzione più equa, prevista nella presente proposta di legge, consiste nel individuare l’ipotesi di una sdemanializzazione e connesso trasferimento dei diritti di uso civico su terreni comunali quantomeno di analoga estensione e valore ambientale. La Regione può contribuire con terreni appartenenti al patrimonio regionale.
Viene, nel contempo, coinvolta per un opportuno concerto l’Amministrazione statale del Ministero per i Beni e Attività Culturali e il Turismo, così come autorevolmente indicato dalla sentenza Corte cost. n. 210/2014.
Con un’operazione simile, sul piano giuridico, ambientale ed economico-sociale, vengono salvaguardati i diritti della collettività locale (titolare del demanio civico) al mantenimento della consistenza del proprio demanio civico e vengono risolte situazioni altrimenti di estrema complessità.
Testo della proposta di legge regionale.
Art. 1
Trasferimento dei diritti di uso civico da terreni oggetto di sdemanializzazione.
1. Possono essere oggetto di sdemanializzazione i terreni soggetti a uso civico appartenenti ai demani civici a condizione che:
a) abbiano irreversibilmente perso la conformazione fisica o la destinazione funzionale di terreni agrari, ovvero boschivi o pascolativi per oggettiva trasformazione;
b) siano stati alienati, prima dell’entrata in vigore della Legge 8 agosto 1985, n. 431, da parte dei Comuni mediante atti posti in essere senza il rispetto della normativa di cui alla Legge 16 giugno 1927, n. 1766;
c) non siano stati utilizzati in difformità alla pianificazione paesaggistica e urbanistica.
2. La proposta di sdemanializzazione di terreni appartenenti ai demani civici deve, a pena di nullità, essere corredata da proposta di trasferimento dei diritti di uso civico in altri terreni di proprietà comunale idonei all’esercizio dei diritti di uso civico, agrario, boschivo o pascolativo, quantomeno di analoga estensione e valore ambientale. La Regione, su richiesta del Comune interessato e previa conforme deliberazione della Giunta regionale, può concorrere all’integrazione dei terreni ove trasferire i diritti di uso civico con terreni appartenenti al patrimonio regionale e degli enti, aziende e società controllate.
3. La sdemanializzazione e il contestuale trasferimento dei diritti di uso civico, su richiesta motivata del Comune territorialmente interessato, è dichiarata con decreto dell’Assessore regionale dell’Agricoltura e Riforma agro-pastorale, su conforme deliberazione della Giunta regionale, previo accertamento della esistenza delle condizioni indicate nei commi 1 e 2 e acquisizione di specifico concerto con il Ministero per i beni e Attività Culturali e il Turismo.
4. La richiesta di sdemanializzazione e di contestuale trasferimento dei diritti di uso civico è deliberata dal Consiglio comunale a maggioranza di due terzi dei suoi componenti. Qualora trattisi di terreni di pertinenza frazionale, la deliberazione deve contenere il parere obbligatorio dell’Amministrazione separata frazionale, ove esistente.
5. Entro 15 giorni la delibera è depositata a disposizione del pubblico per 30 giorni presso la segreteria del Comune; dell’avvenuto deposito è data notizia mediante avviso pubblicato all’albo del Comune e mediante l’affissione di manifesti e avviso in almeno uno dei quotidiani dell’isola.
6. Chiunque può formulare, entro 30 giorni a decorrere dall’ultimo giorno di pubblicazione, osservazioni alla delibera.
7. Il Consiglio comunale accoglie o respinge le osservazioni presentate, con parere motivato e, tenuto conto di esse, delibera a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti l’adozione definitiva della richiesta di sdemanializzazione e di contestuale trasferimento dei diritti di uso civico.
8. Il decreto assessoriale di cui al comma 3 è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione nonché, per almeno 30 giorni, nell’albo pretorio del Comune interessato.
Art. 2
Abrogazione di norme.
Sono abrogate le seguenti norme:
– articoli 18 bis, 19 ter della legge regionale 14 marzo 1994, n. 12 e successive modifiche e integrazioni, introdotti dalla legge regionale 4 aprile 1996, n. 18;
– articolo 2 della legge regionale 4 aprile 1996, n. 18;
– articolo 4, commi 24, 25, 26, 27, della legge regionale 11 aprile 2016, n. 5.
Art. 3
Entrata in vigore.
La presente legge sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.
E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione.
1 vds. sentenze Corte cost. n. 345/1997, n. 46/1995 e ordinanze Corte cost. nn. 71/1999, 316/1998, 158/1998, 133/1993. Vds.. anche Cass. civ., SS.UU., 12 dicembre 1995, n. 12719; Cass. pen., Sez. III, 29 maggio 1992, n. 6537.