La lotta per la giustizia in Palestina non si arresta: il BDS lancia la nuova campagna “Spazi Liberi dall’Apartheid Israeliana”

16 Giugno 2019
[Alessia F.]

La recente decisione del Bundestag – che ha approvato una mozione che definisce “antisemita” il movimento per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni nei confronti di Israele (BDS)1 – segna un nuovo passo avanti sul sentiero, intrapreso da diverse cancellerie europee, volto a criminalizzare e delegittimare la lotta non violenta per la libertà, la giustizia e l’eguaglianza in Palestina.

Il BDS nasce nel 2005, quando 170 associazioni e comitati palestinesi invitarono la comunità internazionale ad adottare la pratica del boicottaggio di Israele come contributo alla lotta palestinese. Tale strategia trae ispirazione dalla lotta dei comitati anti-apartheid che, a partire dagli anni Cinquanta, chiesero ai cittadini europei di boicottare le merci sudafricane. Nei decenni successivi il boicottaggio fu esteso ad altri settori, ottenendo considerevoli risultati soprattutto in campo sportivo, primo tra tutti l’espulsione del Sudafrica nel 1970 dal Comitato Olimpico Internazionale. La campagna di boicottaggio fu fondamentale per la sensibilizzazione dell’opinione pubblica europea e diede un importante contributo alla caduta del regime razzista e segregazionista dell’Africa australe.

La principale analogia tra il caso israeliano e quello sudafricano risiede nel fatto che si tratta di due regimi istituzionalizzati di oppressione sistematica di un gruppo su un altro, e se già nel 1975 la Risoluzione Onu 3379 definiva il sionismo «una forma di razzismo e di discriminazione razziale», nel 2017 l’Agenzia delle Nazioni Unite ESCWA (Commissione Economica e Sociale per l’Asia Occidentale) ha commissionato uno studio sulle politiche israeliane nei confronti del popolo palestinese e ne ha affidato la realizzazione a due noti accademici, Richard Falk e a Virginia Tilley2. Gli studiosi sono giunti alla conclusione che «le prove a disposizione stabiliscono, oltre ogni ragionevole dubbio, che Israele è colpevole di politiche e pratiche che costituiscono il crimine di apartheid come legalmente definito in strumenti di diritto internazionale»3. Come prevedibile, la pubblicazione del rapporto ha subito scatenato la reazione di Israele e degli Stati Uniti, che hanno fatto pressioni per la rimozione dello stesso dal sito delle Nazioni Unite. Il Segretario generale dell’ONU, António Guterres, ha così disposto il ritiro del documento, portando Rima Khalaf, direttrice dell’ESCWA, a rassegnare le sue dimissioni per protesta.

Da settant’anni Israele vìola le innumerevoli risoluzioni delle Nazioni Unite a suo carico, ma l’impunità internazionale e la potente macchina da guerra israeliana non sono sufficienti a far sentire il governo israeliano al sicuro: la crescita del movimento BDS e il suo potenziale effetto politico ed economico fanno paura a Tel Aviv. Forte di un rinnovato e palese appoggio statunitense, lo Stato ebraico sta così investendo enormi energie nel tentativo di mettere a tacere coloro che denunciano e si oppongono alle sue politiche che, dando vita a un regime di apartheid, si configurano come crimini contro l’umanità intera.

La battaglia del governo israeliano contro il BDS ha portato nel 2017 all’approvazione, da parte della Knesset, di una legge che vieta l’ingresso nel paese ai cittadini stranieri che appoggiano il boicottaggio economico, culturale o accademico di Israele – provvedimento che istituzionalizza una pratica in vigore da tempo –, ma la lobby sionista è determinata a combattere il movimento di boicottaggio soprattutto all’estero. Se negli Stati Uniti il tentativo di approvare una legge anti-BDS è stato bloccato per ben due volte dal Senato, in Francia nel 2015 un gruppo di attivisti BDS, impegnati in attività di promozione del boicottaggio in un supermercato, è stato condannato sulla base di una legge del 2004 che vieta la “discriminazione” sulla base del criterio nazionale. Nel 2016 il Regno Unito ha invece emanato una legge che vieta espressamente agli enti pubblici di boicottare i prodotti israeliani, mentre l’anno scorso un tribunale spagnolo è intervenuto per annullare l’adesione al boicottaggio culturale ed economico di Israele del Consiglio Municipale di Ayamonte (vi sono tuttavia altre 60 amministrazioni spagnole, compresa quella di Valencia, che aderiscono alle campagne BDS).

La già citata mozione tedesca, che taccia il BDS di antisemitismo, costituisce un pericoloso precedente per l’Europa, ma in Italia il pericolo è già da tempo dietro l’angolo: nel 2015 un gruppo politico eterogeneo ha depositato al Senato il Disegno di legge n. 2043, intitolato “Norme contro le discriminazioni”4, appositamente concepito per contrastare il movimento, in quanto «se non contrastate, con il tempo le azioni di boicottaggio e discriminazione possono avere un effetto corrosivo, rendendo più difficile sostenere pubblicamente lo Stato ebraico. Se il sostegno a Israele comincia a essere visto come normativamente discutibile, ciò potrebbe fornire un terreno fertile per la crescita dell’antisemitismo».

Il DDL mira a estendere la vigente legislazione contro le discriminazioni su base etnica, razziale e religiosa anche alle entità statuali; «l’intralcio dell’esercizio di qualsiasi libertà economica» rientrerebbe così tra le forme di discriminazione sanzionate e gli attivisti BDS rischierebbero condanne a pene detentive fino a 6 anni.

La criminalizzazione delle attività di boicottaggio è un’evidente violazione della libertà di espressione e le false accuse di antisemitismo sono l’unica arma che può impugnare Israele per tentare di frenare le richieste di giustizia che provengono da una società civile mondiale sempre più consapevole dei crimini israeliani. Il BDS è infatti un movimento che «si oppone a ogni forma di razzismo, fascismo, sessismo, antisemitismo, islamofobia, discriminazione etnica e religiosa»5 e che gode del sostegno di associazioni ebraiche in tutto il mondo (per esempio sono più di 40 i gruppi ebraici che nel 2018 hanno sottoscritto una lettera in difesa del movimento6).

Gli attacchi al BDS e le politiche repressive di alcuni Stati europei non hanno indebolito il movimento transnazionale, determinato a continuare la sua lotta non violenta a sostegno del popolo palestinese. In concomitanza con l’anniversario della Naksa7, BDS Italia e BDS Sardegna hanno infatti lanciato la nuova campagna “Spazi liberi dall’Apartheid Israeliana” (SPLAI)8, finalizzata alla creazione di una rete di spazi, fisici e virtuali, che si dichiarano liberi da ogni forma di discriminazione e che si impegnano a non collaborare con istituzioni o aziende complici delle sistematiche violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale da parte di Israele.

A pochi giorni dal lancio, 100 realtà – tra le quali 40 sarde – hanno scelto di dare il loro contribuito per la giustizia e per la libertà dei palestinesi rifiutandosi di acquistare e vendere prodotti e servizi di imprese – israeliane e internazionali – implicate nell’occupazione e nella violazione dei diritti umani in Palestina, nonché rifiutandosi di ospitare o partecipare a eventi culturali, accademici e sportivi, finanziati o sponsorizzatati dallo Stato di Israele.

Tra gli aderenti si annoverano attività commerciali, librerie, associazioni, testate giornalistiche – tra i quali lo stesso Manifesto Sardo –, partiti politici e sindacati che, come si legge nel Manifesto degli aderenti, «comprendono che ogni lotta per la giustizia sociale, razziale, di genere, economica e per l’autodeterminazione è profondamente interconnessa e può rafforzarsi solo con il sostegno reciproco e la solidarietà internazionale».

Per unirsi alla campagna SPLAI e diventare uno Spazio Libero dall’Apartheid Israeliana basta compilare il seguente modulo online.

2 Richard Falk è Professore emerito di Diritto Internazionale all’Università di Princeton ed è ricercatore al Centro di Studi Globali e Internazionali Orfalea; dal 2008 al 2014 è stato inoltre Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi. Virginia Tilley è docente di Scienze Politiche presso la Southern Illinois University, dal 2006 al 2011 è stata Chief Research Specialist dell’Human Sciences Research Council del Sudafrica e dal 2007 al 2014 ha guidato il progetto sul Medio Oriente di tale istituzione, che per due anni si è impegnato in uno studio sui territori palestinesi occupati.

4 Il testo integrale del DDL è disponibile al link https://parlamento17.openpolis.it/atto/documento/id/157895

7 Il giorno d’inizio della Guerra dei sei giorni del 1967, con la quale Israele occupò Cisgiordania, Striscia di Gaza e Gerusalemme Est, estendendo il suo dominio su tutta la Palestina storica.

Scrivi un commento


Ciascun commento potrà avere una lunghezza massima di 1500 battute.
Non sono ammessi commenti consecutivi.


caratteri disponibili

----------------------------------------------------------------------------------------
ALTRI ARTICOLI