La Sardegna al bivio

1 Maggio 2009

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M.L.

La Sardegna al bivio è il titolo del libro curato da Costantino Cossu. È scritto da diversi autori e sollecita una verifica sulla validità delle due interpretazioni prevalenti che chi vive fuori, nel continente, dà della realtà dell’isola. Nel presentare queste interpretazioni l’autore opera una forzatura e si chiede se la Sardegna viva ancora in un mondo arcaico dove l’esperienza pastorale sia ancora rilevante, o piuttosto in una realtà molto diversa dove il turismo abbia progressivamente messo ai margini il vecchio tessuto economico e sociale mutando cultura, ambiente e paesaggio.
Un aspetto stimolante del libro sta nell’opportunità che viene offerta al lettore di superare questa dicotomia e di esaminare liberamente, anche allargandoli, i temi della ricerca che Costantino Cossu suggerisce. Io stesso ho letto La Sardegna al bivio con questo spirito, sin dall’inizio. E subito ho interpretato il significato di bivio non come biforcazione ma come incrocio di vie (crocevia). Credo che anche chi vive fuori dall’isola non valuti più la nostra realtà accettando le due classificazioni disgiunte. Sia il mondo pastorale sia quello caratterizzato più direttamente dalla globalizzazione presentano forti articolazioni e differenziazioni al loro interno. Ed entrambi subiscono trasformazioni rapide.
Certo, ciò che resta del mondo pastorale mantiene radici più solide; all’interno di queste realtà sono sempre importanti e consistenti le relazioni familiari anche se spesso esaustive delle relazioni interpersonali. Ma anche in questo settore sono evidenti processi di cambiamento che si colgono sia nella nuova dimensione che sta assumendo l’azienda zootecnica del passato, sia nelle trasformazioni delle attività produttive. Diventano più frequenti i tentativi di conversione della vecchia azienda monofunzionale in una più aperta, tesa all’assunzione al proprio interno di attività agricole e formative. Singoli cittadini, ma anche Enti Locali, che hanno realizzato queste esperienze esprimono valutazioni incoraggianti al punto che diversi osservatori ritengono che sia giunto il momento di caratterizzare le vecchie attività legate all’allevamento con queste innovazioni. Non si tratta naturalmente di proporre un ritorno al passato come antidoto alle esperienze sbagliate con cui è stato avviato negli anni ’60 il processo di industrializzazione, ma piuttosto approfondire un’esperienza in un comparto che mantiene ancora un legame profondo con la storia e la tradizione di una parte del suo popolo.
Che dire delle attività legate all’industria e al turismo? Come sottolinea Costantino Cossu, quando si parla dell’industria, soprattutto quella chimica, raramente emergono vie d’uscita convincenti. Il padronato sembra deciso ad interrompere le attività. Le organizzazioni sindacali, al contrario, chiedono il blocco dei licenziamenti, la stessa rivendicazione viene fatta dagli amministratori locali, preoccupati dei contraccolpi che la chiusura delle fabbriche provocherebbe. In questa situazione anche il termine bivio appare improprio perché non lascia intravedere alcuna biforcazione. Talvolta l’unica certezza, come sostiene Andrea Massidda, è data dagli effetti provocati dalla presenza dei poli industriali a fianco alle case dei cittadini: i bambini che crescono malati a causa della quantità di piombo nel loro sangue.
Nell’opinione di tanti operatori economici e di tanti amministratori il turismo rimane la risorsa per eccellenza. Croce e delizia, sostengono gli autori di La Sardegna al bivio. Molto opportunamente viene sottolineato come anche la ricchezza che potrebbe derivare da un uso intelligente della risorsa ambientale rischia di trasformarsi definitivamente in un disastro irreparabile a causa di interventi che privilegiano le attività dei soliti speculatori. Troppo spesso la cementificazione ha trovato una giustificazione nel bisogno di nuova occupazione; organizzazioni sindacali e formazioni di sinistra non sono state immuni da questi errori. Ed è vero che la tutela del paesaggio è stato un obiettivo trascurato più di altri (l’identità, la lingua sarda, le tradizioni popolari, ecc.). Non è certo il caso di costruire priorità su questi temi, ma non c’è dubbio che se si vuole preservare la storia di una comunità, per quanto composita come quella sarda, non possiamo sottovalutare l’esigenza di una rivendicazione unitaria e adeguatamente comprensiva di tutti i valori indicati.
La Sardegna al bivio dedica qualche cenno anche all’esperienza dell’ultimo governo regionale. Soru, viene sottolineato, ha cercato di frenare l’aggressione al paesaggio. È vero, Soru ha fatto queste affermazioni, però non ha scelto i percorsi più opportuni. ‘I cambiamenti veri, conclude Cossu, non possono essere realizzati attraverso una rivoluzione dall’alto’.

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