Le ragioni del Pride

1 Luglio 2016
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Sandro Gallittu

Per un tragico scherzo del destino la strage di Orlando della notte tra l’11 e il 12 giugno si é sovrapposta alla stagione dei Pride, non ultimo quello sardo del 25 giugno.

Basterebbe forse già questa coincidenza temporale per rispondere alla domanda che puntualmente ogni anno viene ripetuta come uno stanco ritornello: “Ma servono ancora i pride?” Troveremmo certamente assurdo se – pigramente – si ponesse la stessa domanda al movimento delle donne o al movimento dei migranti.

La ragioni di esistere di quei movimenti e delle conseguenti lotte e manifestazioni é data per assodata. Non é chiaro il perché questo non accada con le rivendicazioni del movimento GLBTI o forse lo é alla luce del diverso atteggiamento dei media nei confronti dei diversi fenomeni: non appare infatti un caso che alla strage di Orlando, il più sanguinoso omicidio collettivo della storia nordamericana, sia stata dato uno spazio mediatico infinitamente più ridotto rispetto ad avvenimenti dello stesso genere rivolti verso altre comunità.

Quasi come se si avesse il timore che un’analisi più approfondita e un’attenzione più specifica verso un crimine tanto efferato rivolto contro quella comunitá potesse attirare eccessive simpatie ed empatia verso la comunità stessa. Nello stesso modo, d’altra parte, la storiografia sull’olocausto degli omosessuali é poverissima rispetto a quella riguardante le altre comunità vittime della furia nazista. É come se le questioni legate all’orientamento sessuale e all’identitá di genere fossero ancora oggetto di qualche tipo di rimozione è tabù o, più banalmente , fossero considerate meno appetibili da parte dei lettori e del pubblico.

Ma qualunque sia la ragione fondante, la domanda sull’opportunità dei Pride continua a riproporsi e vale forse la pena di tentare una riflessione che metta in relazione quanto successo a Orlando agli avanzamenti del movimento LGBTI nel mondo. Che si sia trattato di un atto di terrorismo o del gesto di un folle la scelta dell’obiettivo non lascia spazio agli equivoci: quel gesto é maturato in un clima culturale favorevole. Come una reazione uguale e contraria, infatti , la recrudescenza della violenza anche verbale di una certa parte politica contro i diritti delle persone omosessuali (e delle donne e dei migranti) ha proceduto in parallelo rispetto all’esplosione di una stagione di rivendicazioni e di conquista dei diritti.

Mai come in questi anni si era assistito a una totale perdita di pudore dei politici più biecamente reazionari che ormai non hanno più remore a sintonizzarsi platealmente con gli umori più beceri del loro elettorato: una sorta di delirio – che in Italia ha epigoni noti ma che é sviluppato internazionalmente – per cui “più tu rivendichi e ottieni diritti più noi ti scateniamo contro la violenza delle nostre parole e dei nostri accoliti”: non a caso un’impostazione di questo genere unisce il delirio politico e il fanatismo religioso in una sorta di punizione divina, unendo così il pezzo più retrivo della politica con il peggio che le confessioni religiose riescono ad esprimere. Anche in quest’ambito la Sardegna ha recentemente regalato alcuni fulgidi esempi.

La molla che parrebbe aver occasionato la furia omicida, riportano alcuni media, sarebbe stato un bacio tra due uomini: un gesto di libertà e di amore che appare intollerabile agli occhi dei fanatici proprio in quanto affermazione di un diritto inalienabile all’amore, agli affetti, all’autodeterminazione del proprio modo di essere. E vale la pena di interrogarsi sul filo sottile che unisce l’omofobia, il razzismo e il sessismo (e le conseguenti violenze sul corpo femminile, proprietà assoluta del partner maschio) in un’epoca di avanzamento del movimento LGBTI e di quello delle donne e nei tempi del primo presidente nero della storia nordamericana.

Ed è difficile – e forse a volte anche poco produttivo di risultati in termini di avanzamento sociale – affrontare quei fenomeni come se fossero collocati ciascuno in un compartimento stagno rispetto agli altri. É qualcosa che indebolisce i diversi movimenti e fa perdere di vista l’esistenza di un nemico comune e di una finalità condivisa: quella dell’avanzamento verso modelli socialmente più avanzati caratterizzati dal rispetto e della valorizzazione delle differenze.

Ma quel filo sottile che unisce gli omofobi, i razzisti e i sessisti e cerca di ricacciare indietro le istanze rivendicative potrà essere spezzato solo da un altro filo, tessuto dagli uomini e dalle donne che lottano per i diritti, per la libertà e per l’uguaglianza e che tenga insieme come un’unica battaglia quella contro l’omofobia, la transfobia, il razzismo e il sessismo in nome di una società più aperta, più inclusiva, più laica, più partecipata: che è quel che i politici reazionari e i loro folli seguaci più temono al mondo perché sanno che un modello sociale siffatto li spazzerà via come residui inutili o ne farà degli emarginati dalla convivenza civile confinati nella loro rabbia, nel loro odio, nella loro insofferenza verso qualunque forma di libertà e di autodeterminazione delle persone.

Foto Lorenzo Fresu – Fiaccolata in memoria delle vittime del Pulse di Orlando, 24 giugno 2016 in Piazza San Sepolcro a Cagliari.

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