Libertà, uguaglianza e dignità

1 Dicembre 2019

Murale a Bologna dedicato a Irma Bandiera, partigiana della VII brigata GAP di Bologna, nome di battaglia “Mimma“.

[Graziano Pintori]

In questi giorni a Nuoro, per iniziativa dellANPI e della LUTE (Libera Università Terza Età), si svolge un programma di Conversazioni Filosofiche, che hanno come tema di fondo la Costituzione, o meglio alcuni articoli che ne compongono i Principi Fondamentali (artt. 1 -12). Il primo incontro ha affrontato il tema dell’Uguaglianza, ben esplicitato dall’articolo 3 della Carta, in relazione al pensiero filosofico di K. Marx e A. de Tocqueville. Da qui la riflessione che segue, con alcuni riferimenti a “Con la Costituzione nel Cuore” di C. Smuraglia – presidente emerito dell’Associazione Partigiana.

Le Costituzioni sono le leggi delle leggi, che fissano le regole per fare regole. Tenendo ben presenti questi punti i nostri padri costituenti elaborarono la Costituzione Italiana, imperniata sul concetto di persona intesa non come singolo soggetto, ma come componente di formazioni sociali in cui esplica la personalità. Non a caso, proprio all’articolo 3 della Carta fondamentale troviamo scritte tre parole: Libertà, Uguaglianza, Dignità, le quali, se coniugate secondo il significato più profondo, ci indicano quanto sia centrale nella Carta costituzionale la persona nel suo vivere sociale.

Se dovessimo guardarci attorno, mentre pensiamo a queste tre parole, ci verrebbe spontaneo dire che la Costituzione ha l’esigenza di essere concretamente applicata, piuttosto che riformata. Per andare un po più a fondo della questione, ragioniamo sulla parola Libertà. La quale, secondo i principi costituzionali, non deve essere intesa solo come valenza di fare certe scelte, ma anche sentirsi liberi da certi condizionamenti, tali da impedire l’emancipazione dell’individuo privandolo, soprattutto, del diritto al lavoro e l’accesso al sapere.

La soddisfazione di questi due elementi renderebbe la società più libera e emancipata e con benefici superiori se tutti i cittadini, a prescindere dalla razza, dalla religione praticata, dalle questioni di genere, dalle idee professate ecc., dovessero fruirne in egual misura. La realtà, però, ci ricorda, senza se e senza ma, la mancata applicazione della Costituzione, essendo ben rimarcate le differenze sociali tra le varie categorie di cittadini.

Prendiamo come esempio alcuni dati sulla disuguaglianza, di cui la povertà ne è una delle cause maggiori: in Italia 5 milioni sono i poveri assoluti, mentre altri otto milioni sono i poveri relativi, si tratta di 13 milioni di persone che costituiscono il 20% della popolazione italiana. Sul lato opposto, invece, l’1% , ovverosia 600.000 mila persone, possiede il 25% della ricchezza nazionale, mentre a metà del 2018 il 20% più ricco degli italiani possedeva circa il 72% dell’intera ricchezza nazionale e il 5% più ricco era titolare da solo della stessa quota di ricchezza posseduta dal 90% più povero(*).

Non è necessario sciorinare i dati mondiali sulle quote di ricchezza possedute dai nababbi, sparsi qui e là del pianeta, per capire che i poveri costituiscono in Italia, come nel resto del mondo, la maggioranza assoluta delle persone. Come pure dovrebbe essere chiaro che chi vive in una condizione di bisogno subisce la sottomissione al bisogno stesso, perché costretto a vivere nella costante ricerca di poter soddisfare le necessità più elementari e cruciali, per la difesa della propria salute e dignità. Si tratta di una condizione che di fatto priva la libertà individuale e quella collettiva dei poveri, costretti a subire certe umiliazioni che offendono la dignità, ossia il modo di essere di ciascuna persona.

Libertà, Uguaglianza, Dignità dove sono? Oltre che essere scritte sulla nostra Costituzione?
Parole che la nostra Carta fondamentale riporta come un monito, quasi una denuncia nei confronti di chi spudoratamente possiede ricchezza in beni materiali e immateriali, agi e soddisfazioni mentre il povero annaspa nella sua disperazione per far fronte ai bisogni quotidiani.

Paradossalmente ritengo che le persone che detengono la ricchezza, di cui si parlava in precedenza, abbiano tutte le ragioni per sovvertire la Costituzione, almeno in quelle parti in cui si esaltano i valori umani, il senso della giustizia , della solidarietà ecc. proprio perché suonano come un “j’accuse” nei loro confronti. Ovvero nei confronti di chi accumula solo “sterco del diavolo” come unico elemento per la propria alimentazione e sopravvivenza.
Mi viene spontaneo dire: “Bisogna cambiare lo stato delle cose presenti”, ossia: innanzitutto difendere la Costituzione per essere applicata in tutto il suo insieme.

(*) Il sole 24 ore

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