L’ombra di Draghi

1 Aprile 2020
[Roberto Mirasola]

Chissà se nello scrivere il suo editoriale Mario Draghi ha pensato ai risvolti nella politica Italiana, in particolare a quei settori, non solo politici, favorevoli da qualche tempo a un governo di unità nazionale.

E’ un fatto che oggi sono in molti a ritenere Draghi l’unica persona in grado di portare il paese fuori dall’emergenza. Posto che al momento non è dato sapere cosa ne pensi il diretto interessato, c’è da chiedersi quando si ritenga necessario l’eventuale cambio di governo. Un’interruzione ora dell’azione di governo sarebbe quanto mai inopportuna non foss’altro per la perdita di efficacia di ciò che si è fatto sinora.

In questo momento non possiamo permetterci le lungaggini politiche volte alla formazione del nuovo esecutivo. Una tale decisione sarebbe da irresponsabili. Allora si fa strada l’ipotesi che l’ex Presidente BCE possa essere utile in una seconda fase, a pandemia sotto controllo con il compito di far fronte alla ricostruzione economica del Paese. Anche questa seconda ipotesi lascia qualche perplessità. In particolare ci si chiede quale prospettiva politica possa avere un governo di unità nazionale che veda al suo interno non solo le forze dell’attuale maggioranza ma anche la destra a trazione sovranista che rimette in discussione l’intero impianto Europeista.

Salvini ad esempio ritiene che una delle soluzioni sia l’emissione di titoli con tassi di vantaggio con relativa emissione di moneta con conseguenziale abbandono dell’euro. Insomma l’uomo che ha salvato l’euro dovrebbe guidare coloro che non vedono l’ora di distruggerlo. Sembra un’ipotesi difficile da percorrere.

C’è da dire che l’idea del governo di unità nazionale è antecedente al memoriale Draghi e sconta l’insofferenza che alcuni settori del Paese hanno nell’attuale autonomia del Presidente Conte, che invece sembra aver chiara la strada da percorrere. E’ un fatto ad esempio che abbia chiaro il refrain ormai noto in Europa tra Presidente della Commissione Europea e Angela Merkel. Ricostruiamo al riguardo i recenti passaggi. Christine Lagarde quando dice “Non siamo qui per chiudere gli spread, ci sono altri strumenti e altri attori per questi problemi” ritiene che la crisi debba essere risolta dall’Eurogruppo facendo un implicito riferimento al Fondo Salva Stati.

Interviene, dunque, la Presidente Von Der Leyen che si dichiara pronta a concedere la massima flessibilità con relativa sospensione del patto di stabilità, ma quando si riuniscono i capi di governo allora è chiaro il problema. Olanda e Germania in primis non sono disposte a rivedere le regole del Fondo Salva Stati che impone forti restrizioni ai paesi che lo sottoscrivono. Da qui la rottura. Bene ha fatto Conte a rimandare al mittente la proposta. E’ il primo uomo di governo a dire di NO ad Angela Merkel. Ma quale la proposta messa in campo dal nostro Presidente del Consiglio? Di fatto l’unica oggi percorribile: un piano straordinario di ricostruzione con relativo utilizzo di uno strumento di debito comune Europeo. E’ chiaro che la crisi odierna impone una sfida all’Europa. Se non si superano gli egoismi nazionali non crollerà soltanto l’U.E, ma l’Europa stessa sarà destinata a divenire marginale di fronte a Cina e U.S.A. Non soltanto si tratterà di ricostruire ma di essere consapevoli che la Pandemia imporrà una riconversione del sistema produttivo che necessita di innovazione.

Questo passaggio sembra sfuggire nell’editoriale di Mario Draghi quando sostiene che “La perdita di reddito a cui va incontro il settore privato – e l’indebitamento necessario per colmare il divario – dovrà prima o poi essere assorbita, interamente o in parte, dal bilancio dello Stato” questo non è più sufficiente senza comprendere che è prioritario indicare cosa e come produrre.

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