Perché non c’eravate?

16 Dicembre 2009

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Gianni Loy

Mi è venuto in mente l’altro giorno. All’improvviso. Proprio nel giorno del NBday mi son reso conto che ormai da quarant’anni le manifestazioni si svolgono, prevalentemente, lungo lo stesso itinerario. Concentramento in Piazza Garibaldi, per poi riversarsi sulla via Sonnino. Uscire dalla piazza per affacciarsi su quel lungo rettilineo di cui non può vedersi la fine dà sempre un’impressione di speranza. Perché il futuro che ancora non vediamo possiamo immaginarcelo migliore. Come le prime volte. Contro la guerra in Viet-nam, o contro il progetto di riforma universitaria del ministro Gui.  Sempre contro? Nella memoria visiva, perché mai proprio questo ricordo?, ho il principio della via Sonnino, quando comparse per la prima volta in una manifestazione lo slogan del maggio francese: Ce n’est que un debut. Continuons le combat. Ed ho continuato, abbiamo continuato, per quarant’anni. Con qualche assenza, più o meno giustificata, ma con encomiabile costanza. A volte, era l’occasione per ri-incontrare i compagni di un tempo. Era confortante rivederli, salutarli, sapere che non tutti avevano mollato. Ma l’altro giorno non c’erano! Ho frugato nella fiumana di giovani entusiasti, dei giovani che si appropriavano della piazza, di giovani capaci di entusiasmo, e di speranza, di un sentimento che nelle nostre tempie si è forse atrofizzato da tempo, per lasciare spazio al al pessimismo, alla delusione. Pessimismo e delusione giustificati, avallati da razionalità e da esperienza. Noi che tutto sappiamo. E come non saperlo con il corpo segnato dalle  cicatrici, da molte sconfitte? Dall’aver pensato che peggio non si può. Ed invece si può! Sino a trovarci nel baratro di una dittatura ormai incombente. Ma cosa c’entrano questi giovani con con la nostra razionalità? I miei primi transiti dalla piazza Garibaldi a via Sonnino, lo ricordo bene, erano soprattutto entusiasmo, ingenua voglia di un mondo migliore, desiderio di spazzare l’ipocrisia che regnava nel perbenismo borghese. Niente di quell’analisi scientifica dei miei compagni di lotta cresciuti nelle scuole del Psiup. Io votavo ancora democristiano. Per poco. Ma ancora democristiano votavo, quando già scendevo in piazza. Era soprattutto l’istinto  a dirmi che dovevo buttarmi. L’analisi è venuta dopo. Ma perché abbiamo abbandonato la piazza? Cambiate le cose da cambiare, aggiornato il contesto, io in quei giovani mi ci specchio. Ed ho provato l’ebrezza di condividere con loro un’impegno, un desiderio. Di partecipare all’avvento, inteso quale rito di attesa, attesa del compimento di una profezia. Ed io un sogno, anche se son passati quarant’anni, lo coltivo ancora. La mattina, alcuni di loro frequentavano le mie lezioni, e mantenevo le distanze che la decenza ed il rispetto richiedono. Ma alle due del pomeriggio, in piazza, nessuno si porta appresso il proprio status, piuttosto la voglia, comune, di frenare una deriva che trascina, a poco a poco, alla barbarie. Ho scrutato a lungo la piazza, sarà l’orario inconsueto per una manifestazione?, ma non c’eravamo. I partiti non si accodano, mi pare abbia commentato Bersani. Questa l’ho già sentita. Non si accodarono neppure quando noi incominciammo a scendere in piazza, quarant’anni orsono, e non solo. Odore di giustizialismo? Io sento piuttosto odore di sfascio istituzionale, di deriva dittatoriale. E poi, ci vorremo pur parlare con le espressioni dei nuovi movimenti che sorgono, con le peculiarità del loro tempo, con una antropologia nuova, che magari non comprendiamo ma che è reale? Ci rendiamo conto di aver fatto il nostro tempo? Di avviarci ad una fine magari di irriducibili, che ci onora, ad una fine dignitosa, onesta. Ma pur sempre ad una fine. Mentre la storia continua. Continua anche con questi nuovi, foss’anche diversi,  movimenti, non importa quanto dureranno. Con un movimento che, l’altro giorno, non ha solo ripercorso il nostro itinerario di quarant’anni, ma si è poi trattenuto a lungo a dialogare. Con voci di vecchi e di nuovi, di garantiti  e di precari.  Con voci di generazioni diverse, di esperienze che, in parte, non si conoscevano ancora. Tanto da farci tornare a casa soddisfatti, persino un po’ rincuorati. Un po’ più ricchi. Sì. Anche un po’ più ricchi, almeno per quanto mi riguarda. Ma  perché non c’eravate?

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